Andamento storico del Pil, la frenata dopo il boom del 2021

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È record. Erano decenni che la nostra economia non si espandeva così tanto come ha fatto nel 2021, del 6,5%. Lo certifica l’Istat, che monitora l’andamento del Pil dell’Italia e ha comunicato che l’anno scorso la crescita ha superato ogni più rosea previsione. Gli stessi pronostici del Governo, che solitamente si lancia in stime ottimiste destinate a essere smentite, parlavano di un aumento del prodotto interno lordo del 6% per l’anno scorso. Questa era la percentuale di incremento contenuta nella NaDef (Nota di Aggiornamento al Def) dello scorso autunno. Si tratta del documento di programmazione economica alla base della Legge di Bilancio che ogni anno l’esecutivo presenta al Parlamento.

Dopo pochi mesi questi numeri, però, sono apparsi già vecchi. Tra l’altro con un andamento del Pil è stato di mezzo punto migliore di quanto previsto, anche gli altri indicatori, come il rapporto deficit/Pil o debito/Pil, sono stati rivisti. In meglio, naturalmente.

La crescita prevista per il 2022 è del 2,4%

Tuttavia l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, assieme al caro energia che ne è scaturito e a quello che era già presente nei mesi precedenti alla guerra, hanno cambiato di nuovo gli scenari. Questa volta in peggio.

Per il 2022 il Governo ha previsto, sempre nella solita NaDef, quindi prima del conflitto, un +4,7%, rivelandosi per ora più ottimista della Commissione Europea, che, invece, nel proprio Autumn Forecast ha visto per noi un +3,8%, esattamente quanto anche Banca d’Italia, nel suo bollettino economico, pronosticava.

Ora, invece, l’esecutivo ritiene che il Pil non possa crescere più del 3,1% quest’anno, e più del 2,4% nel 2023. Sono i numeri del Def (Documento di Economia e Finanza) di aprile 2022, che rimangono comunque molto più ottimisti di quelli di Confindustria, che limita l’espansione dell’economia all’1,9%, e del Fondo Monetario Internazionale, che crede che sarà del 2,3%.

Banca d’Italia formula più ipotesi, in base all’andamento della guerra. Quella più ottimista, che immagina una sua rapida fine, e ormai superata dai fatti, stima che l’aumento del Pil potrebbe essere del 3%. Quella media, che presuppone la prosecuzione degli scontri, vede un incremento del 2%, ma nel caso in cui si dovessero interrompere i flussi di gas verso l’Italia rischieremmo addirittura di tornare in recessione.

La recessione del 2020 alla base della ripresa del 2021 e 2022

Sarebbe la quarta in 13 anni. La più pesante è stata quella che ci ha colpito nel 2020, quando, come sappiamo, il Paese ha dovuto di fatto chiudere per alcuni mesi, e imporre forti restrizioni per combattere la pandemia di Covid19. Questo ha provocato un crollo della nostra economia di ben l’8,9%. Si è trattato di un calo senza precedenti dal Dopoguerra, e la ripresa del 2021 e del 2022 è dovuta moltissimo anche all’effetto rimbalzo seguito alla caduta di due anni fa.

Secondo tutti gli analisti nel 2022 dovremmo raggiungere il livello di Pil precedente alla pandemia, ma l’aumento dei prezzi, la crisi  della supply chain internazionale, le altissime tensioni geopolitiche rischiano di mettere in pericolo il raggiungimento di questo obiettivo.

È importante sottolineare, tuttavia, che, escludendo le stime più pessimiste, se andrà come ora i previsori stimano nel 2022 e nel 2023 la crescita sarà comunque superiore a quella che si è mediamente avuta negli ultimi 30 anni.

L’andamento del Pil dello scorso decennio

In particolare lo scorso decennio è stato particolarmente deludente.

L’Italia, infatti, si era affacciata agli anni ’10 di questo secolo molto indebolita dalla crisi scatenata dai mutui subprime e dal fallimento di Lehman Brothers. Questa aveva provocato una pesante calo del prodotto interno lordo, superiore al 5%, cui era seguito un rimbalzo relativamente modesto nel 2020, dell’1,7%. La crescita era poi stata ancora più lieve nel 2011, limitandosi a un +0,7%, ed era poi subentrata un’altra crisi, quella dell’euro e dello spread, che aveva portato a una seconda recessione, nel 2012, del 3%. Questa era proseguita anche nel 2013, quando l’economia si era contratta dell’1,8%.

La ripresa era stata stentata e lenta. Il 2014 vi era stata una stagnazione, mentre negli anni successivi l’andamento del Pil era stato crescente, ma senza riuscire a superare il +1,7% del 2017. Modeste, poi, erano state le performance del 2018 e del 2019, quando era salito solo del 0,8% e del 0,4% rispettivamente.

L’andamento del Pil in Italia a confronto con quello degli altri

Tali statistiche sono particolarmente rilevanti soprattutto se messe in relazione a quelle dei nostri vicini europei. Il prodotto interno lordo degli altri Paesi europei, infatti, è quasi sempre cresciuto di più, non solo nell’ultimo decennio, ma anche in quello precedente.

Basti pensare che tra il 2003 e il 2007 l’andamento annuo del Pil era stato mediamente dell’1,1% in Italia, mentre nell’Eurozona era cresciuto del 2,2%. Avevamo fatto peggio anche della Germania (+1,6%), della Francia (+2%) e soprattutto della Spagna (+3,5%), che in quegli anni ha vissuto un boom.

Negli anni di crisi tra il 2008 e il 2012 la recessione che ci ha colpito è stata più forte di quella degli altri: mediamente il nostro Pil è sceso dell’1,4% all’anno in quel periodo, mentre quello dell’Eurozona solo dello 0,3%.

La successiva ripresa, tra il 2013 e il 2017, è stata caratterizzata, nel nostro caso, da un aumento medio annuo del prodotto interno lordo dello 0,4%, decisamente inferiore a quello degli altri Paesi, visto che quasi ovunque è stato superato l’1%.

L’ultimo anno prima del Covid, il 2019, l’espansione dell’economia italiana, del 0,4%, si è rivelata ancora una volta minore di quella dell’Eurozona, che è stata dell’1,6%. 

Dal 2022 l’andamento del Pil non troppo lontano da quello dei nostri vicini

Secondo le ultime previsioni, però, questo trend è destinato a ridimensionarsi. Dopo il crollo del 2020 e il recupero del 2021 l’andamento del Pil dell’Italia non dovrebbe più distaccarsi di molto da quello delle altre economie dell’area euro.

Questo dicevano le stime autunnali della Commissione Europea, di solito molto prudenti, secondo cui quest’anno la crescita del 4,1% sarebbe stata anzi leggermente superiore a quella media dell’Eurozona, del 4%. Con le nuove proiezioni seguite allo scoppio della guerra in Ucraina l’ipotesi, in questo caso del Fmi, è che vi sia un gap di mezzo punto a nostro sfavore: il Pil italiano salirebbe del 2,3% contro il 2,8% di quello della zona euro. Faremmo comunque meglio della Germania (+2,1%).

Naturalmente in queste previsioni è stato incorporato l’effetto del Pnrr, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che attraverso fondi europei punta a rafforzare da un punto di vista strutturale tutto il sistema Italia. La speranza è che oltre ad aiutare l’economia nel lungo periodo, il suo principale obiettivo, riesca anche, già nel prossimo futuro, a mitigare in parte gli effetti depressivi del conflitto e del caro energia che ci stanno colpendo.

I dati si riferiscono al: 2010-2023

Fonte: Istat, Eurostat

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