Bilanci, F. De Leo: “Il 2022 anno di svolta per l’Italia? Sì, ma tagliare col passato e guardare al futuro con coraggio”

Prima intervista del nuovo anno con Francesco De Leo, Executive Chairman di Kaufmann & Partners (Madrid).

Quali le lezioni apprese dall’anno appena chiuso? Quali i proponimenti auspicabili per il nuovo anno. Ed essenzialmente in quale direzione procedere, per dare uno stop al passato e guardare al futuro in un contesto di grave pandemia come quello che ci ha lasciato l’anno appena chiuso.

Key4Biz. Si è chiuso un 2021 difficile e siamo da poco entrati nel 2022. Proviamo a fare un pur parziale bilancio, da dove possiamo partire?

Francesco De Leo. È ancora troppo presto per fare un bilancio compiuto, ma si ha già la conferma degli enormi cambiamenti in atto e di come tutto sommato ci troviamo impreparati di fronte a questo nuovo anno, che potrebbe essere davvero un anno di svolta. L’errore più a portata di mano è lo stare alla finestra: un lusso che non possiamo permetterci. Ci si deve invece rimettere in gioco, senza reclamare un passato che non tornerà più.

Key4Biz. Giusto mettersi in gioco, ma per fare cosa?

A me pare che sia giunto, per ciascuno di noi, il tempo di assumersi la responsabilità di prendere decisioni che dovranno ridisegnare il futuro nostro, del Paese, dell’Europa e, innanzitutto, delle nuove generazioni. Le vecchie ricette, proprio perché ci hanno portato ai risultati che sono sotto gli occhi di tutti, non possono certo andar bene. Serve coraggio, occorre archiviare il passato, e concentrare risorse ed energie disponibili nel progettare il nostro futuro. Come diceva John Fitzgerald Kennedy, “quelli che guardano solo passato o al presente, certamente perderanno il futuro”.

Key4Biz. Detto così sembra una direzione impegnativa, lei dove punterebbe l’attenzione?

Francesco De Leo. Sulla mobilità. Un indicatore su tutti: nel corso degli ultimi due anni il settore automobilistico è passato da un valore complessivo di 1.000 miliardi di dollari a 3.000 miliardi di dollari, e questo perché i produttori “born electric” hanno raggiunto la quasi parità in termini di capitalizzazione con i produttori tradizionali. La Tesla Model 3 è stata l’auto più venduta in Europa nell’ultimo trimestre del 2021 (con un +51% in termini di vendite sull’anno precedente), e sebbene oggi le auto elettriche rappresentino solo il 7% del parco auto in circolazione, si stima che entro il 2025 potrebbero superare la soglia del 25%. È un segnale che non deve essere sottovalutato: due anni sono “l’espace d’un matin” per un settore come l’automobile.

Key4Biz. Perché proprio l’automotive o è una cartina di tornasole dell’innovazione?

Si, il concetto è proprio questo. Nell’automotive stiamo assistendo ad un’accelerazione del cambiamento senza precedenti dagli inizi del 1900. Ma il problema, insisto, è più generale. Possiamo fare finta di nulla, e continuare ad investire sul passato, oppure dobbiamo chiederci come intercettare i nuovi mercati, che stanno emergendo come forze dominanti della nuova economia. Di certo investitori ed analisti non tarderanno a fare sentire la loro voce. Come ricordo sempre, ci vogliono dai tre ai cinque anni per sviluppare una nuova generazione di prodotti, ma per gli investitori le scelte sono un “click away”. Questa asimmetria temporale può generare distorsioni irreversibili in termini di allocazione del capitale, che difficilmente possono essere corrette in modo tempestivo. Inutile dire che a pagarne il conto sono i Paesi che si fanno trovare dalla parte sbagliata del cambiamento.

Key4Biz. Intanto sappiamo che la parte giusta su cui allinearsi è quella della crescita economica fondata sulla tecnologia. Corretto?

Francesco De Leo. È corretto, ma è sempre una questione di prospettiva e di punto di partenza.

Key4Biz.  In che senso?

Francesco De Leo. Se guardiamo alle prime 10 società quotate al mondo in termini di capitalizzazione, solo Saudi Aramco e Berkshire Hathaway (la holding controllata da Warren Buffett), in settori tradizionali come il petrolio ed il settore assicurativo, sono in lista al e al 10° posto. Tutte le altre sono società tecnologiche che, come nel caso di Tesla e Meta, (Facebook) hanno meno di 20 anni di storia. Quindi, se da qui al 2030 immaginiamo che le prime 10 società italiane quotate saranno ancora una volta quelle che oggi compongono il listino della Borsa di Milano, allora vuol dire che, come Paese, saremo stati in grado di sconfiggere le leggi della Storia e dei mercati o che purtroppo, a quella data, saremo in larga misura condannati ad un ruolo del tutto marginale. Quello che posso dire, da osservatore, è che si ha come la netta sensazione che ad oggi sia venuto a mancare da un lato quel senso di urgenza e dall’altro quel ricambio generazionale che appaiono fondamentali per recuperare 20 anni di ritardi, dovuti in Europa come in Italia ad una progressiva subalternità dell’industria alla finanza.

Key4Biz. Qui potrebbe aiutarci il PNRR?

Francesco De Leo. Vorrei aggiungere che, in una certa misura, si ha sempre di più l’impressione che la struttura attuale del PNNR sia dedicata a chiudere i conti con il passato, piuttosto che dare una prospettiva di futuro al Paese. C’è da augurarsi che non sia così, perché sarebbe un errore difficilmente recuperabile: il futuro è alle porte, non fa sconti e non lascia margini di improvvisazione.

Key4Biz. Quali sono allora le direttrici chiave del cambiamento?

Francesco De Leo. Intelligenza Artificiale, energy storage, elettrificazione del settore automobilistico, blockchain, e fintech, collocati però nel contesto degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite (UN SDGs). Si tratta di 5 piattaforme di innovazione, sempre più interdipendenti, in grado di scalare di dimensione a livello globale con una velocità senza precedenti e che sono al centro della più grande trasformazione dell’economia dal 1900 ad oggi. Tutto ciò rappresenta un cambio di paradigma, che rischia di creare una profonda spaccatura fra sistemi economici “arcaici” e quelli più attrezzati per interpretare il cambiamento. Ma attenzione, perché in mezzo c’è il vuoto. Andiamo incontro ad una biforcazione storica, che da una parte vedrà un mondo ancorato al passato, segnato da quella che Larry Summer (già Segretario del Tesoro durante la Presidenza di Barack Obama) definisce “the age of secular stagnation” e dall’altra i Paesi in grado di essere i primi alla frontiera del cambiamento, capaci di cavalcare la “distruzione creativa” generata dalle nuove piattaforme di innovazione, quelle in grado di creare le industrie del futuro.

Key4Biz. Ci faccia un esempio per tutti…

Francesco De Leo. Si e senza esitazione. Faccio il caso di Zoom [NASDAQ: ZM], la piattaforma di video conferenza che ha registrato nell’ultimo anno (YoY) ricavi ed EBITDA in crescita rispettivamente del 58% e del 53%, a fronte di ben 16 trimestri consecutivi che hanno registrato ricavi ed EBIDTA in contrazione in tutto il settore degli operatori di Tlc a livello europeo. Dal giorno dell’IPO, ad aprile del 2019, ad oggi, Zoom ha raggiunto una capitalizzazione di borsa di 54,8 miliardi di dollari, ovvero quanto Telefonica, Orange e TIM insieme. Verrebbe voglia di chiedersi dov’erano le società di telecomunicazione, mentre sotto i loro occhi Zoom creava a tutti gli effetti un nuovo mercato?

Key4Biz. Che ha impatto ha tutto questo sugli investitori?

Francesco De Leo. Direi che oggi le preoccupazioni principali rimangono la volatilità ed il profilo di rischio a livello di equity market. L’Europa, e direi sempre di più l’Italia, stanno diventando terra di conquista di fondi speculativi (Hedge Funds) e di private equity, perché il prezzo delle azioni delle principali società quotate nei listini delle Borse europee sono effettivamente particolarmente bassi. Ma non si tratta di un caso, sono oggettivamente “cheap for a reason”. Sono infatti, quasi sempre, società che hanno un indebitamento oltre il livello di guardia, che negli ultimi 20 anni non hanno saputo investire nella trasformazione digitale, che hanno ricorso al buy-back delle proprie azioni per sostenere la capitalizzazione in borsa. Di frequente si trovano in ritardo anche nei modelli di go-to-market, e quindisono strutturalmente più vulnerabili perché vedono ridursi progressivamente i margini di accesso ai mercati finanziari, e non dispongono più del tempo necessario per effettuare un recupero dell’ultimo minuto. Così, senza accorgersene, giorno dopo giorno si finisce ai margini del cambiamento, senza possibilità di ritornare in gioco. E questo non vale solo per loro.

Key4Biz. Se questo è lo scenario, come cambiano le condotte degli investitori?

Francesco De Leo. In un contesto in cui si fanno più pressanti le preoccupazioni per un rialzo dell’inflazione, i più penalizzati sono quelli che vengono definiti “value stock”. Gli investitori non amano la volatilità e l’incertezza, ma sono, tuttavia, consapevoli che nel caso dei “growth stocks” la volatilità può rivelarsi un fattore positivo. Nel complesso ci si attende che anche i fondi sovrani, che si sono dimostrati fino ad oggi investitori passivi, dimostrino nei fatti di avere un orientamento più “attivista”. Le recenti dichiarazioni di Norges Bank Investment Management (NIBM), che gestisce asset per 1.400 miliardi di euro, vanno in questa direzione. E sull’esempio di Norges Bank, che ha imposto un’analisi più selettiva dei requisiti di sostenibilità (ESG), è prevedibile che ci sarà una rotazione nell’asset allocation su scala globale. Arrivare tardi a questo appuntamento, cullandosi nell’idea di ritardare il momento in cui ci mette in pari con le attese dei grandi investitori può fare sì che si trovi d’improvviso in posizioni marginali, senza avere il tempo per effettuare correzioni di rotta. E questo, di certo, non è augurabile per nessuno.

Key4Biz. Torniamo al PNRR. In questo scenario come si inserisce il Piano Nazionale di Ripresa Resilienza?

Francesco De Leo. La presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi è stato un elemento determinante nella formazione delle aspettative dei mercati, dell’Europa e dei grandi investitori. È un vantaggio che il nostro Paese ha saputo acquisire sul campo e che non deve essere gettato al vento. Detto questo, se è vero che i mercati vivono di aspettative, è altrettanto vero che sono le azioni dei Governi che possono fare la differenza. In questo caso, non ci si può nascondere che si avverta un po’ di affaticamento nell’azione di governo, peraltro giustificabile, considerata la magnitudo dei problemi che il Paese si è trovato ad affrontare tutti insieme. Forse ci si aspetterebbe che il Governo Draghi trovasse la forza di uscire da questa “comfort zone”, che consegna l’immagine di un Paese non in grado di tagliare i ponti con un passato che non ci pone all’altezza del ruolo che oggi l’Italia può e deve giocare in Europa.

Key4Biz. Sta ponendo un problema non di poco conto, se leggo bene tra le righe…

Francesco De Leo. È un problema serio, che deve essere risolto a breve, dando il segno di sapere chiudere con un passato fatto di investimenti a pioggia, o di “helicopter money”, come si usa dire in un gergo riconoscibile a tutte le latitudini.

Key4Biz. Come affrontarlo o come risolverlo?

Francesco De Leo. Il PNRR deve essere l’occasione per riprogettare il futuro del nostro Paese, con una prospettiva a 10-15 anni. Non si può volgere lo sguardo al passato o ridursi ad affrontare meccanicamente, e con soluzioni antiche, temi che non hanno trovato soluzione negli ultimi 20 anni. È troppo tardi e sarebbe troppo poco. Ma soprattutto sarebbe ingiusto nei confronti di quegli imprenditori italiani che hanno dimostrato di sapere raggiungere posizione di vertice in settori globali, contando solo sulle proprie forze. Anche se è del tutto naturale accusare un po’ di stanchezza, sono convinto che il Governo Draghi saprà ritrovare nuova energia in questo inizio d’anno. Sono passati solo 10 mesi dal suo insediamento ed il lavoro è ancora tanto. Abbiamo un compito gravoso che pesa sulle spalle di tutti e che mi fa venire in mente una bellissima citazione di San Francesco d’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.”

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