Cina e Taiwan, si rischia un lockdown tecnologico globale

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Un conflitto bloccherebbe la produzione di semiconduttori

In occasione della visita di Nancy Pelosi, il presidente del principale produttore taiwanese Tsmc, Mark Liu, rilascia una dichiarazione “strategica” alla Cnn: “Un’eventuale invasione da parte della Cina bloccherebbe la produzione di semiconduttori”. Questo si tradurrebbe in una crisi globale nella produzione di chip che porterebbe a un “lockdown” globale della tecnologia. La Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) infatti, da sola, ha il 54% di tutte le quote di mercato del mondo come mostra il grafico in apertura. Samsung, la seconda al mondo si ferma al 17%. Questo vuol dire, come ha dichiarato all’emittente televisiva Usa il presidente di Tsmc, che nessuno “può controllare Tsmc con la forza” perché un’interruzione della produzione di semiconduttori scatenerebbe una crisi economica globale che pregiudicherebbe irrimediabilmente la salute dell’economia”.

Le aziende che dipendono dai semiconduttori di Taiwan

Tsmc è una società pure play ovvero che si concentra solo su un prodotto, il semiconduttore; Questo prodotto è alla base di tutta la tecnologia elettronica odierna. Tutte le società che producono hardware, schede grafiche, processori, acquistano i “wafer” di Tsmc: AMD, Apple, ARM, Broadcom, Marvell, MediaTek e Nvidia per dirne qualcuna tra le più grandi.

Un monopolio che ha portato il profitto di Tsmc a registrare nel primo quarto del 2022 (1Q2022) un aumento dei profitti di circa il 37% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente come mostra il grafico qui sotto, dove è evidenziato anche il profitto di Samsung, anche questo in crescita. La società sud coreana è l’unica rivale al mondo di Tsmc. Le due aziende sono le uniche fonderie in grado di produrre gli avanzatissimi e richiestissimi chip a 5 nanometri. Ma Tsmc è un passo avanti e sta per immettere sul mercato una versione più avanzata a 3 nanometri.

Taiwan, come gli Usa stanno cercando di controllare il mercato dei microchip

La recente visita di Nancy Pelosi a Taipei, la capitale dell’Isola di Taiwan, riafferma il sostegno americano al governo democraticamente eletto a Taipei nonostante le minacce di nuovi limiti al commercio e azioni militari da parte di Pechino. E proprio sul commercio si gioca questa delicata partita, perché non solo gli Usa e il resto del mondo dipendendo da Taiwan ma anche la stessa Cina che controlla solo il 6% del mercato dei semiconduttori. Più del 90% dei semiconduttori utilizzati in Cina infatti sono importati o prodotti localmente da fornitori stranieri, afferma un rapporto di Reuters. Nel primo trimestre del 2021, specifica il rapporto, quasi la metà delle esportazioni di Taiwan verso la Cina, il principale partner commerciale dell’isola, erano semiconduttori, un aumento del 33% rispetto allo stesso periodo dell’anno precendente, secondo i dati del ministero dell’Economia di Taipei.

 Il “Chips and Science Act” impedisce alla Cina di ottenere i chip avanzati di Taiwan

Per fiaccare il settore dei semiconduttori cinese il Congresso degli Stati Uniti ha incluso nel programma federale da 52 miliardi di dollari per aumentare le capacità di produzione di chip nazionali, un avvertimento significativo: le aziende che ricevono i finanziamenti, tra cui Tsmc, devono promettere di non aumentare la loro produzione di chip avanzati in Cina. In particolare, il Chips and Science Act, impedisce alle aziende che ricevono finanziamenti federali di “espandere materialmente la produzione di chip più avanzati di 28 nanometri in Cina (e in Russia) per 10 anni”.

La risposta cinese, 11 missili lanciati dopo la visita di Nancy Pelosi

La risposta cinese non si è fatta attendere. Pechino ha definito la visita della presidente della Camera Usa “una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina” sostenendo questa dichiarazione tramite il lancio di 11 missili balistici “Dongfeng” nelle acque del Pacifico a nord, est e sud di Taiwan.  Questa “esercitazione” rappresenta per la Cina il test missilistico più audace degli ultimi decenni. Inoltre Pechino, come rappresaglia, ha sospeso l’importazione dall’Isola di prodotti ittici e frutta adducendo come motivazione eccessivi residui di pesticidi sulla frutta e positività al Coronavirus riscontrata nel pesce congelato. L‘importazione di semiconduttori invece non ha subito nessuna stretta.

I dati si riferiscono al: 2022

Fonte: Bloomberg – Reuters

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