Google-editori, in Francia c’è l’accordo. Sì alla remunerazione

Storico accordo tra l’Apig, l’Alleanza della stampa francese e Google. Ieri infatti hanno annunciato la firma sulla collaborazione che da l’ok alla remunerazione dei quotidiani nazionali e regionali del Paese da parte del colosso di Mountain View.

Cosa prevede l’accordo con Google

L’accordo su scala nazionale tra Big G e le società editrici “definisce il quadro entro il quale il colosso americano negozierà i singoli accordi di licenza con i membri di APIG”. Gli editori, entro i termini definiti, potranno negoziare con Google accordi di licenza individuali con i membri dell’Alleanza francese.

Secondo i media francesi, la remunerazione degli editori sarà calcolata individualmente e “in base a criteri quali, ad esempio, il contributo all’informazione politica e generale, il volume giornaliero delle pubblicazioni o anche l’audience mensile su Internet”.

Per Pierre Louette, ceo di Les Echos-Le Parisien e presidente di Apig, questo accordo “segna l’effettivo riconoscimento del diritto connesso degli editori di giornali e l’inizio della loro remunerazione da parte delle piattaforme digitali per l’uso delle loro pubblicazioni”. Per Sebastien Missoffe, Ceo di Google France, considera l’intesa la conferma di un “impegno” che apre “nuove prospettive”.

Lo scorso ottobre la Corte d’appello di Parigi aveva confermato una decisione dell’ Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato, che obbliga la filiale di Alphabet a negoziare con gli editori e le agenzie in vista della remunerazione dei loro contenuti protetti da Copyright.

Manca un quadro normativo unitario

Questo accordo potrebbe aprire le porte a negoziati simili anche in altri Paesi dell’Unione europea come l’Italia. Per il momento però il deal francese non sembra convincere gli esperti di settore come Michele Mezza, Docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli.

“Si tratta di un accordo bidone che premia lo strapotere di Google rispetto alle singole testate. Perché non definire un quadro normativo unitario in cui collocare retribuzione, uso dei dati e trasparenza degli algoritmi?” spiega Mezza in un lungo post su Facebook. “Già le attuali norme europee rendono quest’accordo inattuabile, per la necessità di individuare la localizzazione dei server che gestiscono i big data che impone il GDPR. Poi i nuovi testi in elaborazione come il DSA e il DMA, che entrano nel merito proprio della trasparenza di dati e software sbriciolano l’intesa che non a caso Google si è precipitata a stipulare proprio mentre è nell’occhio del ciclone negli USA e in Europa”.

Google, con Biden il vento cambia

In principio era Margrethe Vestager, il capo antitrust dell’Ue, “lo sceriffo” il nemico numero uno di Big G. Ma con l’ingresso del nuovo Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, le cose potrebbero cambiare anche in casa.

L’American Economic Liberties Project, gruppo antimonopoli guidato da Sarah Miller, che ha lavorato con il team di transizione del presidente eletto, ha realizzato un report che definisce regole più severe contro le posizioni dominanti dei big dell’economia digitale.

Le raccomandazioni del report, insistere nelle azioni antitrust contro la casa madre Alphabet e incoraggiare la separazione tra queste società, potrebbero influenzare la futura definizione delle politiche della nuova amministrazione.

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