Harris dovrebbe stare dalla parte dei lavoratori tech e non dei CEO, dice un ingegnere di Google: “Ci stanno sostituendo con l’AI”

Pubblichiamo una parte di questa lettera perché è una voce importante dei tech workers negli Stati Uniti da cui emerge bene come stiano affrontando un periodo difficile anche a causa del crescente uso dell’intelligenza artificiale in azienda: in sempre più si vedono scippare il lavoro dall’AI usata per automatizzare le loro attività.

Se si continua così, finisce con la sostituzione del maggior numero possibile del lavoro umano con l’IA generativa”, questo è l’allarme che lancia nella lettera Stephen McMurtry, ingegnere software di Google e responsabile delle comunicazioni dell’Alphabet Workers Union-CWA.

I manager di Nvidia, Duolingo, Klarna, Cisco e IBM”, ha aggiunto, “hanno recentemente detto che intendono utilizzare l’intelligenza artificiale per sostituire i lavoratori umani”.

L’ingegnere di Google spiega che “questa riduzione dei costi” non è solo un problema per i lavoratori, ma ha un impatto “anche sulla sicurezza e la qualità dei prodotti tecnologici con enormi basi di utenti”.

Ecco il secondo warning lanciato dal sindacato dei lavoratori di Alphabet. E se lo dicono loro che si occupano dello sviluppo e della sicurezza dei prodotti…

Qual è il programma di Harris sull’Innovazione e sui tech worker?

“Speriamo che il prossimo presidente degli Stati Uniti continui a lottare per i diritti dei lavoratori tech e dei consumatori piuttosto che sostenere le politiche dei miliardari CEO”, inizia così la lettera.

E McMurtry fa notare come Kamala Harris ancora non abbia annunciato il suo programma economico e quale approccio vorrà avere sulla regolamentazione dell’Innovazione e del lavoro. Ora è, giustamente, concentrata nella raccolta dei fondi, osserva il lavoratore di Google.

La corsa alla Casa Bianca è anche una sfida nella Silicon Valley

La corsa alla Casa Bianca tra Harris e Trump è anche una sfida nella Silicon Valley.

A sostegno di Trump, ci sono venture capitalist come Marc Andreessen e Peter Thiel, insieme a Elon Musk, mentre per Harris il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman e il magnate degli investimenti di SV Angel Ron Conway.

“Se il prossimo presidente favorisse gli interessi dei nostri capi rispetto ai nostri, le conseguenze potrebbero essere terribili per tutti i lavoratori di questo Paese e per molti altri. Sul palco della Convention democratica, il vicepresidente Harris ha promesso di centrare le preoccupazioni dei lavoratori delle aziende americane. Se mantiene questa promessa, ci troverà alleati”. 

Kamala, amica delle Big Tech e decisa sulle politiche green

Viene dalla Bay Area di San Francisco (è nata a Oakland) e i suoi rapporti con le grandi aziende tecnologiche sono antichi e profondi. Certo, non sono mancati momenti di tensione, Harris è stata procuratore distrettuale di San Francisco, poi procuratore generale della California, prima di essere eletta al Senato nel 2016.

Ha criticato pubblicamente i più famosi CEO del settore tecnologico e non è mancato un suo forte impegno in termini di forte regolamentazione, di contrasto alla disinformazione, di lotta alla pedopornografia online e di difesa dei consumatori.

Sono storici i suoi buoni rapporti con Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn, con Sheryl Sandberg, ai tempi in cui ricopriva il ruolo di direttore operativo di Facebook, e Marc Benioff, Ceo di Salforce, solo per fare alcuni esempi.

“Nonostante il cognato di Kamala Harris sia il direttore legale di Uber”, ricorda nella lettera l’ingegnere di Google, “nel 2020 da senatrice si è schierata con gli autisti e contro gli interessi di suo cognato durante la lotta sui diritti dei lavoratori in California”.

“La posta in gioco a novembre”, così si conclude la lettera del lavoratore, “è alta e l’unico futuro veramente democratico è quello con salari equi, protezioni dei lavoratori e ricchezza condivisa. Le élite tecnologiche si oppongono unite a un tale futuro e stanno attivamente sviluppando gli strumenti di intelligenza artificiale per minarlo”.

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