I Sauditi alla conquista del mondo. Intanto la Cina risponde agli USA e vieta Apple nella PA

“In finanza come nella comicità la scelta dei tempi è tutto quello che conta”. Il problema non è tanto quello di procedere a scelte di investimento, quanto quello di avere chiaro l’orizzonte temporale e la “exit strategy“. Nessun investitore, per quanto in condizioni di prendersi dei rischi (a volte non mitigati), può prescindere dalla definizione di una exit strategy.

Le due notizie chiave delle ultime 24 ore sono:

  1. La correzione in negativo della capitalizzazione di Apple, per complessivi 200 miliardi di dollari;
  2. L’ingresso dei Sauditi nel capitale di Telefonica con il 9,9% che li porta ad essere ampiamente il primo azionista, con una quota equivalente alla somma delle partecipazioni del BBVA e del La Caixa.

Nel primo caso, è una correzione in parte attesa, sulla base delle notizie che arrivano dalla Cina, che avrebbe posto un divieto all’utilizzo dell’iPhone ai dipendenti dell’amministrazione pubblica e del Governo cinese, come ritorsione per il de-coupling della supply chain, che si sta progressivamente trasferendo verso l’India.

200 miliardi di dollari nell’insieme equivalgono a quasi 1/3 di tutta la capitalizzazione della Borsa Italiana: la concentrazione di valore delle big-tech in 3/4 società che capitalizzano più di 1 trillione di dollari comporta comunque dei problemi di concentrazione del rischio a cui non si era preparati.

Per quanto concerne Telefonica, l’investimento dei Sauditi si direbbe non sia stato concertato, e sottolinea una volta di più il rinnovato “attivismo” degli investitori istituzionali ed avvia una nuova stagione che vede i Sauditi pronti ad affacciarsi alla porte dell’Europa alla conquista di “trophy assets”: è un problema nuovo, che i Governi dovranno abituarsi a trattare, per evitare un assalto alle imprese di punta del continente europeo, per la disponibilità di risorse pressochè “infinite” a disposizione del fondo sovrano saudita (PIF) e del sell-off che ha coinvolto i principali listini europei, che hanno trasformato l’Europa in un “buyer’s market” un mercato del compratore.

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