Industrie culturali e creative, fondo di 30 milioni in 10 anni grazie alla ‘Legge sul Made in Italy’

Ieri mattina, martedì 6 febbraio 2024, si è tenuta al Collegio Romano (la sede centrale del Ministero della Cultura) un’affollata riunione promossa dalla Sottosegretaria alla Cultura, la iperattiva senatrice leghista Lucia Borgonzoni, che esercita non soltanto la delega – assegnatale dal Ministro Gennaro Sangiuliano (Fratelli d’Italia) – su cinema e audiovisivo, ma anche sulle “industrie culturali e creative” (formula ormai diffusa anche in Italia, nel cui ambito rientrano peraltro anche il cinema e l’audiovisivo): l’iniziativa è stata presentata come “riunione di coordinamento” tra partner istituzionali (dicasteri altri rispetto al Mic) ed alcuni esponenti del sistema culturale nazionale (rappresentanti di varie associazioni).

L’occasione è stata data dall’esigenza di promuovere comunicazionalmente alcune ricadute nel sistema culturale italiano determinate dall’entrata in vigore della cosiddetta “Legge sul Made in Italy”, ovvero la Legge n. 206 del 2023, formalmente entrata in vigore l’11 gennaio scorso.

Siamo stati tra i pochi a segnalare il carattere innovativo – anche soltanto potenzialmente – di quella norma in gestazione da tempo: si rimanda all’intervento IsICult su queste colonne di “Key4biz” del 1° agosto 2023: “Made in Italy, nel disegno di legge governativo un set di norme anche favore delle ‘imprese culturali e creative’”.

L’iniziativa della Sottosegretaria è senza dubbio commendevole, per quanto sia evidente che un’operazione di “coordinamento” dovrebbe prevedere un preliminare processo di consultazione, ad ampio spettro, ed anzitutto di identificazione delle realtà più “rappresentative”: e qui si pone un primo problema “metodologico”, di identificazione – si direbbe nello slang sociologico – del “perimetro”…

Perdurante deficit di conoscenze sul funzionamento strutturale del sistema culturale italiano

Infatti, non esiste ad oggi in Italia uno studio approfondito, una radiografia accurata, una ricerca aggiornata sulle caratteristiche strutturali del sistema culturale nazionale (e quindi anche su “chi” rappresenta “chi”…).

Da molti anni, denunciamo questo deficit e segnaliamo quanto siano assolutamente carenti i pochi tentativi messi in atto nel corso dei decenni, dagli ormai storici rapporti prodotti da soggetti privati come Federculture e Symbola e Civita, e come si abbia conferma del debole stato dell’arte delle conoscenze anche dal recente tentativo promosso dallo stesso Ministero della Cultura, con la pubblicazione del dossier “Minicifre della Cultura” (ne abbiamo scritto su “Key4biz” del 4 dicembre 2023, “Dall’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” della Treccani alle “Minicifre della Cultura” del Ministero: quando la ricerca porta acqua alla conservazione”).

A fronte di questo deficit di conoscenze, a questa carenza di approccio critico, come si può ben governare il sistema, come si può ben strutturare l’intervento della mano pubblica? Inevitabilmente prevale approssimazione.

È comunque senza dubbio apprezzabile che, finalmente, lo Stato italiano dedichi attenzione all’insieme delle “industrie culturali e creative”, cercando di recuperare un ritardo istituzionale di decenni rispetto all’esperienza di nazioni più evolute come la Francia ed il Regno Unito e la stessa Spagna.

E, grazie al “Pnrr”, per la prima volta risorse di una qualche significatività sono state finalmente assegnate anche a settori che erano stati finora trascurati dall’intervento dello Stato italico, storicamente concentrato su cinema, audiovisivo, spettacolo dal vivo (basti pensare ai circa 700 milioni di euro l’anno del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo ed ai circa 400 milioni dell’ex “Fus” – Fondo Unico per lo Spettacolo – divenuto ormai Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo, ovvero “Fnsv”…).

Ha dichiarato la Sottosegretario: “dopo aver predisposto un piano di investimenti con fondi Pnrr da 155 milioni di euro per la transizione digitale e verde della filiera, con la Legge sul Made in Italy ora un nuovo passo… Dall’introduzione della definizione di impresa culturale e creativa all’adozione di un piano nazionale strategico, passando dalla stabilizzazione di un fondo dedicato di complessivi 30 milioni di euro in dieci anni”.

In verità, un fondo di 3 (tre) milioni di euro l’anno (!) è veramente poca cosa (anzi: niente) rispetto ad un sistema culturale che complessivamente muove decine di miliardi di euro l’anno (addirittura quasi 100 miliardi di euro l’anno, a fronte di 1,5 milioni di lavoratori, ma ribadiamo si tratta di stime non validate scientificamente), che richiederebbe un piano nazionale di intervento che si caratterizzi per approccio strategico, organico, sistemico, e magari con un respiro di lungo periodo.

Un fondo di 3 milioni di euro l’anno per le imprese culturali e creative: comunque un inizio, per quanto budgetariamente simbolico

L’incontro si è posto come una prima occasione di confronto tra “pubblico” e “privato”, anche perché nell’agenda prevista dalla Legge n. 206 debbono essere cantierati una serie di decreti ministeriali ed interministeriali, che vedono il primo soggetto attivo nel Ministero della Cultura, ma con il coinvolgimento del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione (Maeci), del Ministero dell’Economia e Finanze (Mef).

La scrittura di questi decreti attuativi è intrapresa complessa ed impegnativa, soprattutto alla luce delle carenze di informazione che segnalavamo…

La stessa Sottosegretaria ha riconosciuto: “c’è una legge per il Made in Italy ma poi ci sono i decreti attuativi, abbiamo una cornice, dobbiamo inserire all’interno delle cose importanti, alcune sono anche a brevissimo tempo. Questo non sarà l’unico incontro per i decreti attuativi, però è fondamentale per dirci in che direzione vogliamo andare. Se nei decreti attuativi non inseriamo le regole e le norme che ci vogliamo dare rischiamo di aver fatto una legge che perde forza e potenza”.

Lucia Borgonzoni ha enfatizzato il potenziale ruolo che dovranno svolgere le Regioni, le quali “saranno fondamentali nel percorso dei decreti attuativi. L’intenzione è metterci in rete e coprire questo enorme ambito. Stiamo lavorando anche con l’Istat per avere i dati del peso sul Pil, un dato molto importante. Questo ci aiuterà a chiedere un fondo più grande: 3 milioni non è la cifra che noi immaginiamo debba restare, ma l’importante era avere un fondo decennale per fare capire come siano fondamentali. Dobbiamo cercare altri strumenti per aumentare questo fondo, magari anche lavorando sull’Art Bonus”.

Il riferimento all’Istat riguarda una sorta di censimento del sistema culturale nazionale, che è stato avviato nell’economia dei fondi del Pnrr denominati “Tocc”, acronimo che sta per Transizione Organismi Culturali e Creativi, ovvero il fondo di 155 milioni di euro…

Le norme introdotte nella Legge sul Made in Italy intendono dare seguito all’esperienza maturata dal Ministero della Cultura attraverso alcune delle più recenti azioni sviluppate a favore delle imprese culturali e creative:

  • il Piano di investimenti Pnrr a cura della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mic con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per complessivi 155 milioni di euro destinati alla transizione digitale e verde del settore (il primo dei 4 bandi in cui si è articolato il piano è stato aperto nel novembre 2022, con l’assegnazione degli ammessi a finanziamento e ad oggi i bandi risultano tutti completi), cosiddetti “Tocc 1” (digitale) e “Tocc 2” (ecologico), la cui gestione è stata affidata dal Mic ad Invitalia;
  • il Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative (dotazione di 40 milioni di euro) istituito nel 2021 e nel 2022 dall’ex Mise oggi Mimit (iniziativa alla quale ha collaborato il Mic);
  • il Piano Nazionale Borghi del Pnrr Cultura 4.0, che ha previsto un investimento di 200 milioni di euro per le imprese, tra le quali anche le imprese culturali e creative…

Con i fondi Pnrr di 155 milioni di euro sono state sostenute 2.320 iniziative, ma non si conosce nemmeno il nome dei progetti sovvenzionati. Tipico caso di italica “trasparenza a metà”

I bandi “Tocc” ovvero “Transizione Digitale Organismi Culturali e Creativi” (cosiddetto “Tocc 1”) e “Transizione Ecologica Organismi Culturali e Creativi” (cosiddetto “Tocc 2”) hanno registrato rispettivamente 3.183 istanze e 1.809 istanze: sono stati ammessi a finanziamento 1.913 progetti per “Tocc 1” e 407 progetti per “Tocc 2”.

Complessivamente, con i 155 milioni dei fondi “Pnrr” sono state sostenute 2.320 iniziative.

Rispetto a queste iniziative, si resta comunque in attesa delle adeguate valutazioni di impatto, anche perché non le procedure di assegnazione non si sono caratterizzate per una particolare trasparenza: basti osservare che sono state sì pubblicate da Invitalia gli elenchi con i soggetti ammessi, e l’entità delle sovvenzioni a fondo perduto accordate ad ognuno dei beneficiari, ma non è stato reso di pubblico dominio né l’elenco dei progetti approvati (nemmeno i titoli dei progetti!) né una sinossi degli stessi (per consentire alla collettività di sapere cosa lo Stato ha deciso di sostenere).

Insomma, rispetto a questa “manna” di 155 milioni di euro provenienti dal Pnrr, non si dispone ad oggi né dei titoli dei progetti né di una sintesi delle iniziative sostenute dallo Stato: un tipico caso – come abbiamo denunciato tante volte (anche) su queste colonne – di italica “trasparenza a metà”.

Incredibile, ma vero.

Ieri al Collegio Romano, un florilegio di opinioni, ma certamente non un “campione rappresentativo”

La riunione di ieri ha fornito certamente stimoli interessanti, ma sicuramente non può essere ritenuta una occasione adeguata a comprendere il pensiero e le esigenze di un “campione rappresentativo” degli operatori del sistema culturale nazionale.

Oltre al Sottosegretario Lucia Borgonzoni ed al Direttore Generale della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mic (DgCc) Angelo Piero Cappello, alla riunione sono intervenuti: Cecilia Piccioni, Vice Capo di Gabinetto, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Amedeo Teti, Capo Dipartimento Politiche per le Imprese, Ministero delle Imprese e del Made in Italy; Luca Parodi, Regione Liguria, Coordinatore tecnico Commissione Cultura della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome…

Sul fronte non istituzionale, sono intervenuti: Andrea Cancellato, per Federculture; Antonio Calabrò per Fondazione Musei Impresa; Giulio Felloni, per Federmoda Federazione Moda Italia – Confcommercio; Giovanna Barni, per l’Alleanza Cooperative Cultura; Andrea Palombi, per l’Adei Associazione editori Indipendenti; Vanessa Pallucchi, per il Terzo Settore; Antonio Franceschini, per Cna Federmoda; Francesca Schiavo, per il Consorzio Italic; Carlo Capasa, per la Camera Nazionale della Moda Italiana; Thalita Malagò, per Iidea – Italian Interactive Digital Entertainment Association;  Giovanni Fiorentino, per la Siff – Società Italiana per lo Studio della Fotografia; Caterina Carpinella, per l’Aicc – Confindustria Associazione Imprese Culturali e Creative; Francesco Rutelli, per l’Anica); Marco Parri, per Federvivo (Agis); Mario Lorini, per l’Anec; Francesca D’Ippolito, per C.Re.S.Co – Coordinamento delle Realtà della Scena; Raffaella Frascarelli, per il Comitato Fondazioni Arte Contemporanea; Lapo Cianchi, per Pitti Immagine; Giordano Sangiorgi, per Audiocoop

Molto curiosa l’assenza dei rappresentanti della Siae, considerando che la Società Italiana Autori e Editori rappresenta oltre 100mila operatori del sistema culturale italiano, prevalentemente autori e creativi ma anche editori, ovvero la “spina dorsale” delle industrie culturali e creative del nostro Paese.

Un florilegio di interventi, quello di ieri, merita un approfondimento, e torneremo presto sull’incontro, anche se ci sembra di poter sostenere che è prevalso un approccio molto “segmentato”, ovvero frammentato ed autoriferito, e peraltro con pochissimi riferimenti alle conseguenze dello sconvolgimento radicale che le industrie culturali e creative stanno vivendo (subendo) a causa della rivoluzione del digitale e dell’intelligenza artificiale.

Tra gli interventi più stimolanti, senza dubbio quello di Giordano Sangiorgi (Audiocoop – Mei), che ha denunciato lo strapotere delle piattaforme digitali, da Netflix a Spotify, e l’esigenza di un intervento deciso e strategico da parte dello Stato: ha ricordato tra l’altro che fu Giulio Andreotti ad imporre una tassa del 4 % sui ricavi dei film “made in Usa” distribuiti in Italia nel Dopoguerra…

Lucia Borgonzoni (Sottosegretaria al Mic): “momento storico per le imprese culturali e creative”

L’iniziativa di ieri ha registrato una ricaduta comunicazionale modestissima, anzi quasi inesistente, fatta salva l’attenzione concessa ieri dal quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore”, in un articolo firmato da Andrea Biondi, ovvero un’intervista nella quale la Sottosegretaria ha anticipato il senso della riunione al Collegio Romano…

Con discreta retorica e rinnovata autoreferenzialità (ma si tratta di caratteristiche tipiche cui ci ha abituato, ormai da anni, la Sottosegretaria), Lucia Borgonzoni ha sostenuto che “l’incontro di oggi rappresenta un momento storico per le imprese culturali e creative. Per rendere ancora più incisiva la nostra azione a favore del settore serviva un’adeguata cornice legislativa. Abbiamo mantenuto la promessa e disegnato ex novo un impianto di norme pensate per rafforzare ulteriormente il valore della filiera, visto il ruolo da protagonista che ricopre per l’economia del Paese. Le prossime settimane saranno cruciali: con la scrittura dei decreti, entreremo infatti nel dettaglio dell’articolazione dei nuovi strumenti introdotti dalla Legge. Per renderli quanto più efficaci possibile, ho ritenuto opportuno in questa fase più che mai giocare di squadra e mettere a sistema esperienze e competenze. Il giusto metodo per accrescere la centralità nel nostro Paese e nel panorama internazionale di un’industria che è espressione di straordinaria creatività e abilità imprenditoriale uniche al mondo”.

Si tratta veramente di un… “momento storico”?! Sarà.

Comunque… bene, molto bene, ma si ribadisce l’osservazione critica: come si può “fare squadra”, se non si dispone di adeguate conoscenze sulla composizione della squadra?!

Per capirci: se sul cinema e l’audiovisivo e lo spettacolo dal vivo un po’ di informazioni e dati ci sono, cosa dire di settori come la moda o il design?!

In ogni caso, alle specifiche analisi settoriali di approccio economico-industriale dovrebbe essere affiancata una visione organica, anzi olistica, del sistema culturale nel suo complesso, delle interazioni tra settori.

E non soltanto dal punto di vista economico: come sosteniamo da decenni, all’analisi economica si deve assolutamente accompagnare un’analisi semiotica, seguendo la logica struttura / sovrastruttura

La Sottosegretaria ha comunque annunciato ieri che “presto” saranno disponibili i risultati dell’indagine conoscitiva sulle imprese culturali e creative frutto della collaborazione tra la DgCc del Ministero e l’Istat, che è stata avviata a fine 2022 e prevede un arco temporale di tre anni.

Siamo molto curiosi di verificare quali saranno i risultati di quest’indagine, confidando che essa possa stimolare un salto di qualità nelle analisi del sistema culturale italiano, per quanto nutriamo perplessità sulle capacità dell’Istat di affrontare questi temi, sia per la storica disattenzione che l’Istituto Nazionale di Statistica ha dimostrato, nel corso dei decenni, sulla “cultura”, sia perché per conoscere al meglio il funzionamento di un sistema culturale non è assolutamente sufficiente un approccio soltanto quantitativo e statistico…

I 9 ambiti settoriali delle imprese culturali e creative, secondo la tassonomia del Ministero

Si ricorda che gli “ambiti” di attività delle imprese culturali e creative sono stati così classificati dal Mic:

– musica

– audiovisivo e radio (inclusi film/cinema, televisione, videogiochi, software e multimedia)

– moda

– architettura e design

– arti visive (inclusa la fotografia)

– spettacoli dal vivo e festival

– patrimonio culturale materiale e immateriale (inclusi archivi, biblioteche e musei)

– artigianato artistico

– editoria, libri e letteratura.

Le parti della “Legge sul Made in Italy”, la n. 206 del 2023, che riguardano direttamente il Ministero della Cultura e per cui sono previsti specifici decreti attuativi sono:

  • Articolo 25

Imprese culturali e creative”:

decreto interministeriale Mic-Mimit, da adottare entro il 10 aprile 2024

  • Articolo 26

Albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale”:

decreto ministeriale da adottare entro il 10 aprile 2024

  • Articolo 27

Creatori digitali”:

decreto ministeriale da adottare entro il 10 aprile 2024

  • Articolo 28

Linee guida per la salvaguardia dell’autenticità storica delle opere musicali, audiovisive e librarie

  • Articolo 29

Contributo per le imprese culturali e creative”:

decreto interministeriale Mic-Mimit-Mef

  • Articolo 30

Piano nazionale strategico per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative”: decreto interministeriale Mic-Mimit-Maeci, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro gennaio 2025.

Torneremo presto su questi temi.

[ Nota: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

https://www.key4biz.it/industrie-culturali-e-creative-fondo-di-30-milioni-in-10-anni-grazie-alla-legge-sul-made-in-italy/479064/