La richiesta di SPID come il tuffo nel cerchio di fuoco. Provare per credere

Ufficio Postale di Via Flaminia 312 a Roma, quartiere Flaminio, ore 12,05 di sabato 4 gennaio 2020.

 “Buongiorno vorrei fare lo SPID”.

“Certo, mi dà un documento d’identità e la sua tessera sanitaria?”

“Ho con me la CIE, la carta d’identità elettronica, che comprende il codice fiscale”.

“No mi spiace, occorre la tessera sanitaria”.

“Va bene, eccola”.

“Mi spiace, ma questa tessera è scaduta da un anno”.

“Scusi, la tessera sarà scaduta, ma il codice fiscale sarà lo stesso, non trova?”

“Mi spiace”.

“Va bene, ma usi pure la mia CIE, sul retro è indicato il mio codice fiscale”.

“Mi spiace, il manuale che Poste Italiane ci ha dato prevede l’uso della tessera sanitaria

“Mi scusi, ma se il Comune di Roma ha già verificato che quello è il mio codice fiscale, comprenderà che il livello di verifica pubblica è superiore a quello che può verificare Poste Italiane”.

“Signore io mi attengo alle disposizioni e non posso procedere con la sua richiesta di SPID”.

“Allora mettiamola in altro modo, lei con la mia carta di identità elettronica può appurare la mia identità e dedurre che questa carta di identità è riferita alla mia persona”.

“Si certo”.

“Bene, allora le faccio una autocertificazione dichiarando a lei e sotto la mia responsabilità quale è il mio codice fiscale”.

“Mi spiace, non è possibile io devo avere la tessera sanitaria”.

A questo punto chiedo di parlare con il direttore dell’Ufficio. Arriva una gentile signora, la direttrice dell’Ufficio.

Pongo a lei il quesito.

“Mi spiace, abbiamo le mani legate, le disposizioni indicano che lei debba esibire il documento di identità ed la tessera sanitaria”.

“Ma io voglio fare una autodichiarazione, dichiarando il mio codice fiscale ed assumendomi la responsabilità di dichiarazioni non mendaci”.

Nulla da fare.

Nonostante la gentilezza delle mie due interlocutrici, non si passa.

Niente SPID. Chiedo allora se il mio è l’unico caso o meno.

“No, no, se ne verificano continuamente”.

“Anche qui da voi?”

“Oh si, innumerevoli volte”.

“E non avete mai pensato di far sapere alla vostra direzione che la CIE, la carta d’identità elettronica, comprende il codice fiscale?”.

“Beh questo dovete farlo voi, siete voi che dovete comunicare a Poste Italiane l’accaduto, noi eseguiamo soltanto”.

Lo faccio. E mi chiedo anche se non sia anche il caso che la stessa impiegata comunichi alla propria amministrazione quel qualcosa che non torna…

Mi faccio dare quindi il modello apposito e descrivo l’accaduto. Poi lo consegno all’impiegata, perché venga inoltrato alla sua amministrazione. E da sabato sono in attesa

Quanto è accaduto a me è accaduto alcune decine di volte nel corso degli anni in quel solo ufficio postale.

Ma voglio essere impreciso per difetto.

Poniamo il caso che quanto accaduto a me sia accaduto una sola volta in ciascuno degli uffici postali italiani, questo vuol dire che il fenomeno di mancato rilascio, o rilascio difficoltoso, di SPID ammonta ad almeno 13.000 (Tredicimila) richieste mancate.

È possibile che dopo 13.000 volte nessuno abbia deciso di modificare quel manuale per includere la possibilità che l’utente con carta d’identità elettronica sia esentato dalla esibizione dell’inutile, in questo caso, tesserino sanitario?

Ma verrebbe anche da chiedersi: “C’è qualcuno tra i tanti geni che si occupano di SPID presso AGID o Team Digitale che verifichi come funzionano le procedure, che si preoccupino del customer care per sapere se tutto procede bene, che infine si convincano che in presenza di carta d’identità elettronica non serve il tesserino sanitario?”

Il codice fiscale non è un elemento di identità, è un algoritmo che si può ricavare agevolmente usando precisi parametri (nome, cognome, luogo e data di nascita).

Quell’algoritmo si affianca e corrisponde ad una identità che deve essere verificata con altri strumenti (il documento di identità).

Conclusione, sono ritornato con le pive nel sacco a casa, con la copia della mia denuncia indirizzata alle Poste Italiane.

Ma tutti noi sappiamo che il problema è ben più grande e riguarda tutte le strutture che si occupano di SPID.

Praticamente un’apertura d’anno all’insegna della ottusità procedurale ed amministrativa.

Il che lascia immaginare che sarà difficile uscire dall’impasse anti-digitale di questo Paese.

Saremo pieni di monopattini elettrici, avremo le tasche delle giacche e le borse delle nostre signore piene di iPhone, ma quanto all’Italia digitale siamo ancora lontani anni luce.

Ma abbiamo un ministero dell’innovazione, un Team Digitale che sembra aver risolto tutto a parole, un Dipartimento per la trasformazione digitale a Palazzo Chigi.

Poi non ci lamentiamo se con questo tasso di rilascio prevediamo di coprire con lo SPID l’intera popolazione italiana nel 2060 se tutto va bene….

Intanto una richiesta di SPID si è rivelata più complessa del tuffo acrobatico nel cerchio di fuoco del Circo Orfei.

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