L’Italia ancora agli ultimi posti in Europa per spesa culturale del Governo

Ieri mattina, giovedì 11 luglio 2024, a Roma presso l’Acquario Romano, è stata presentata l’edizione n° 20 del “Rapporto Annuale” di Federculture, intitolato come sempre “Impresa Cultura”, quest’anno in buona parte dedicato al tema delle “fondazioni” nella gestione e nella partecipazione culturale. Si tratta dello studio sul sistema culturale italiano di maggiore “anzianità”… 

Gennaro Sangiuliano, il Ministro della Cultura, nel suo messaggio di saluto in occasione della presentazione del Rapporto Federculture (di cui peraltro firma la Prefazione), ha enfatizzato l’importanza della “economia della bellezza”, la quale rappresenterebbe ben il 29 % del totale del Prodotto Interno Lordo (Pil) del Paese, con un “valore” di oltre 600 miliardi di euro (su queste grandiose numerologie, torneremo tra breve, qui ci limitiamo a segnalare che in questo “calderone” della… “bellezza” sono incluse attività come l’agroalimentare, la cosmetica, e finanche l’“automotive”: sia consentito osservare che si tratta di un “perimetro forse un po’ troppo… ampio!).

Il volume, edito da Gangemi, presenta un utile set di dati (principalmente rielaborando dati di fonte Istat) ed una serie di contributi critici (su varie tematiche, anche oltre lo specifico delle “fondazioni”). Offre informazioni aggiornate su consumi, finanziamenti, occupazione, turismo, e propone analisi ragionate sulle politiche, le criticità e le prospettive di crescita della cultura in Italia.

Si ricordi che Federculture è la Federazione nazionale delle Imprese della Cultura, Regioni, enti locali, e soggetti pubblici e privati che gestiscono i servizi legati alla cultura, al turismo e al tempo libero: Andrea Cancellato è PresidenteUmberto Croppi Direttore Generale. Il 20° Rapporto di Federculture è stato curato da Flavia Camaleontedell’Ufficio Studi di Federculture (diretto dall’ex Ministro Andrea Bonisoli).

Alcuni dati essenziali che emergono dal Rapporto… Il 2023 per la cultura può essere considerato l’anno della ripresa, dato che la crescita, già registrata nel 2022, si è consolidata e il settore culturale sembra essersi lasciato alle spalle gli anni di crisi: cresce la spesa delle famiglie in cultura con un + 10% sul 2022; emerge in forte aumento la partecipazione culturale fuori casa dei cittadini, che si attesta al 35 % (+ 12 punti percentuali rispetto al 2022; sale anche l’occupazione culturale, che nel 2023 è tornata ai livelli del 2019 (+ 1,2 punti percentuali) sul 2022 ed a sorpresa cresce più al Centro e nel Mezzogiorno; bene il turismo e il turismo culturale in particolare: + 35 % gli stranieri nelle città d’arte

La spesa in cultura, ricreazione e sport delle famiglie – in base alle stime preliminari dell’Istat – è stata pari a 101,3 euro mensili, contro i 91,9 del 2022, con un balzo avanti del 10 %; crescita che rimane alta, + 4 %, anche se si considera l’aumento dei prezzi che ha inciso per il 5,9 % anche sulla spesa familiare mensile complessiva. 

La voglia di cultura è tornata anche in termini di partecipazione: nel 2023, rispetto al 2022, la fruizione di tutte le “attività culturali fuori casa” aumenta e, in alcuni ambiti, come nel caso dei “concerti” (passa dall’11 % al 22 %) quasi raddoppia. Gli incrementi maggiori si registrano oltre che nei “concerti”, nel “teatro” (+ 63 %), nei “concerti classici” (+ 50 %), nelle “visite a musei e mostre” (+ 44 %), e ai “siti archeologici e monumenti” (+ 43 %). Cresce anche la fruizione delle “discoteche” (51 %). Un incremento minore registrano sia il “cinematografo” (+ 34 %) che gli “spettacoli sportivi” (anche loro + 34 %).

Nel 2023, secondo Istat, la fruizione culturale resta ancora bassa, rispetto al 2019, fatta salva l’eccezione dei concerti di musica leggera

Questi andamenti positivi sono però tutti “contraddetti”, se li si confronta con l’anno pre-Covid 2019: il cinema è a quota – 16 %, le discoteche – 4%, il teatro, – 3%, musei e mostre – 1%. Soltanto i concerti di musica “leggera”(così intendendo quelli non di classica) registrano un incremento 2023 rispetto al 2019, con un + 7 %. Apprezzabile l’incremento dell’8 % dei siti archeologici e monumenti, ma questo aumento è sicuramente correlato ai flussi turistici dall’estero.

Quindi l’anno 2023 sarà anche “l’anno della ripresa”, come scrive Federculture, ma va osservato che siamo ancora a livelli di fruizione culturale più bassa rispetto all’anno 2019.

Lo scenario, quindi, non stimola ottimismo. 

Da ricercatori specializzati, invitiamo comunque sempre alla massima prudenza nel trattare questi numeri, perché le rilevazioni dell’Istat sono basate su un “campione” di cittadini (circa 25mila famiglie intervistate ogni anno, in circa 800 degli 8mila Comuni d’Italia, per un totale di oltre 50mila persone – essendo la media di ogni famiglia attualmente formata in Italia da circa 2,3 individui; la fonte è la ormai famosa “Indagine Multiscopo” sulle famiglie italiane, detta anche “Aspetti della vita quotidiana”), certamente “rappresentativo”, ma non necessariamente corrispondente alla vera verità dei fenomeni analizzati.

Si dovrà attendere mercoledì della prossima settimana, per avere dati completi sui consumi di cinema, teatro, musica, danza, spettacoli viaggianti e sport, dato che la Società Italia Autori Editori (Siae) ha annunciato in questi giorni che il 17 luglio 2024 presenterà la nuova edizione del suo storico “Annuario Statistico” (edizione n° 88) con dati riferiti all’anno 2023. 

Si ricordi che, in occasione della realizzazione della edizione n° 86 dell’Annuario (presentato nel novembre 2022, basato su dati dell’anno 2021), che Siae ha affidato all’Istituto italiano per l’Industria Culturale, era stato tentato un inedito confronto tra i dati Istat ed i dati Siae, che voleva porsi come base di analisi critica metodologica tra le due fonti, quella “a campione” (Istat) e quella “censuaria” (Siae). Purtroppo, nell’edizione successiva dell’Annuario Siae, questa esplorazione comparativa non è stata rinnovata e si teme quindi che anche il rapporto annuale che verrà presentato la settimana prossima non consentirà di fare chiarezza…

I “numeri della cultura” in Italia. Nessuna fonte è in grado di proporre dati validati al meglio: né Federculture (rapporto giunto alla 20ª edizione), né Civita (14ª), né Symbola (13ª), né Treccani (1ª)…

Da molto tempo, andiamo denunciando – anche su queste colonne della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per il quotidiano online “Key4biz” – che “lo stato dell’arte” delle conoscenze sul funzionamento del sistema culturale italiano è ancora oggi deficitario, anche se agli storici rapporti di enti privati – “Federculture” all’edizione n° 20 del 2024; “Symbola” (report “Io Sono Cultura”) all’edizione n° 13 del 2023; “Civita” all’edizione n° 14 del 2024   – si sono associate novelle iniziative, come l’edizione n° 1 dell’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” di Italia Culturae e Istituto per l’Enciclopedia Italiana alias Treccani – e più recentemente la ripresa (dopo una pausa decennale) delle “Mini Cifre della Cultura” prodotte dal Ministero della Cultura stesso (la prima edizione è stata presentata il 19 aprile 2024, la seconda è in gestazione)… 

Sullo scenario delle ricerche su questi temi, si è affacciata anche Banca Ifis, con il suo rapporto “Economia della Bellezza”, giunto nel 2024 alla quarta edizione, ma dobbiamo rimarcare come il “perimetro” di questa ricognizione (il “campo”, direbbe un sociologo) sia andato veramente “oltre” ogni limite logico-metodologico, includendo nelle stime (quelle citate ieri dal Ministro Gennaro Sangiuliano) anche settori che, seppur “interagiscono” con la cultura, non possono essere attribuiti direttamente alla stessa: ne deriva che la stima Ifis per l’anno 2024 di addirittura 600 miliardi euro, ovvero quasi il 30 % del Pil, appare veramente come effetto di… “fuochi d’artificio” numerologici. Di grazia, che c’azzecca la cosmetica o l’industria automobilistica con la… “cultura”?! Già molto oltre era andata Symbola, inserendo nei (suoi) “numeri della cultura”, per esempio, l’attività degli architetti, ma Banca Ifis ha voluto… strafare! E si osservi che Banca Ifis, nella sua bibliografia, nemmeno cita la fonte Siae.

Nessuna di queste elaborazioni è in grado di validare al meglio tutte le fonti, e tutti finiscono per attingere più ai dati di Istat che di Siae, ed a quelli delle Camere di Commercio. In particolare, rispetto a questi ultimi, è noto quanto siano… “sfuggenti” le attività culturali rispetto alla classificazione rigida e burocratica dei “codici Ateco”.

Scrive una ricercatrice specializzata in cultura, qual è Annalisa Cicerchia nel suo contributo al volume di Federculture, intitolato “I servizi culturali: appunti per le politiche”: “quante sono le organizzazioni culturali, in Italia? È molto difficile indicare un numero preciso, ma da quello che ci è noto possiamo inferire che sono diverse decine di migliaia: quasi 4.500 istituzioni che aprono al pubblico luoghi del patrimonio, più di 60.000 formazioni non profitspecializzate in arte e cultura, oltre 8.000 biblioteche di pubblica lettura, più di 18.000 spazi teatrali e quasi 36.000organizzazioni dello spettacolo, più di 5.200 cinema, con 1.600 gestori, tanto per citarne alcuni. E poi le imprese, oltre 275.000 nel 2022, in base a una perimetrazione che tiene conto solo di quelle core” (ovvero a quelle incluse nei “macroambiti” utilizzati da UnionCamere nel 2023: architettura e design, comunicazione, audiovisivo e musica, videogiochi e software, editoria e stampa, performing arts e arti visive e patrimonio storico e artistico)”.

Premesso che questi dati non prendono in considerazione altri “presidi” culturali come le edicole (la cui moria continua, settimana dopo settimana, nel totale disinteresse di istituzione e politica), ma si presuppone includano nel novero delle “imprese culturali e creative” anche le librerie (si segnala che l’Associazione Librai Italiani presenta assieme a Confcommercio l’“Osservatorio delle Librerie”, nella Sala Stampa della Camera dei Deputati, giovedì 1° agosto 2024, e si auspica che venga fatta luce anche su questo settore purtroppo spesso trascurato), va osservato che, a partire da questi numeri “basic” ovvero da queste stime, si dovrebbe mettere in atto un processo di verifica scientifica e di validazione metodologica, che in Italia non è mai stato finora messo in atto.

Abbiamo denunciato su queste colonne, qualche giorno fa, uno di questi errori di quantificazione, marchiano assai (vedi “Key4biz” dell’8 luglio 2024, “Nomine Cinecittà in settimana e forse anche la nuova Commissione Esperti Cinema e Audiovisivo del Mic”): « Una conferma del deficit di dati (e quindi della conseguente in/capacità di comprendere i fenomeni della offerta e della domanda), in generale sul sistema culturale italiano, è data da un comunicato stampa diramato qualche settimana fa (il 10 giugno 2024) dallo stesso Ministero della Cultura, intitolato “Il cinema e lo spettacolo dal vivo: qualche dato”. Il Ministero della Cultura: in Italia “attivi 5.239 cinema”? Errore marchiano: siamo a poco più di 600 (fonte Cinetel)… Si leggeva nel comunicato diramato dall’Ufficio Stampa del Mic: “Dopo ‘Minicifre della cultura. Edizione 2023’ – dedicata all’analisi del quinquennio 2018-2022 – è in lavorazione ‘Minicifre della cultura. Edizione 2024’, che sarà disponibile in autunno, presentando le rilevazioni del triennio 2021-2023.  In attesa degli esiti della nuova ricerca, pubblichiamo anticipazioni mensili di dati inediti che offrono uno sguardo sul settore culturale in Italia” (sulla sostanziale debolezza, e finanche inutilità, di queste “Minicifre” ministeriali, abbiamo già scritto: vedi “Key4biz” del 4 dicembre 2023, “Dall’“Atlante delle Imprese Culturali e Creative” della Treccani alle “Minicifre della Cultura” del Ministero: quando la ricerca porta acqua alla conservazione”). Cosa “rivelava” il Ministero della Cultura un mese fa, rispetto al cinema? Quanto segue: “Nel 2022, in base all’indagine multiscopo sulle famiglie condotta da Istat, una persona su tre è stata almeno una volta al cinema; se si considera il giovane pubblico, di età compresa fra i 6 e i 24 anni, la quota sale ad una persona su due. Guardando le rilevazioni Siae, nello stesso anno risultano attivi in Italia 5.239 cinema, di cui il 20 % solo in Lombardia e oltre la metà situata nelle regioni del Nord. Le sale cinematografiche hanno accolto circa 48 milioni di spettatori, un dato che, da un lato, conferma una ripresa a seguito del periodo dell’emergenza pandemica, mentre, dall’altro, evidenzia anche un dimezzamento del pubblico rispetto al 2018, indice del permanere di alcune difficoltà”. Diverte la formula… “alcune difficoltà”: alcune?!? Abbiamo già segnalato che, una decina di giorni fa (giovedì 27 giugno) la quota dei film italiani nelle sale cinematografiche risultava crollata al 3 (tre) per cento. Ci limitiamo a segnalare un errore marchiano nelle elaborazioni ministeriali: quel dato di “5.239 cinema” (sic) riportato dal Ministero è una errata interpretazione della rilevazione della Siae, tratta dall’“Annuario Statistico” della Società Italiana Autori Editori (edizione 2022), che non si riferisce ai cinematografi attivi in modo continuativo, ma semplicemente ai “luoghi” (ovvero i “locali”) nei quali, nel corso dell’anno, c’è stata anche soltanto 1 (una) proiezione cinematografica (anche occasionale o comunque temporanea, per esempio con le arene estive). I cinematografi veri, in Italia, attualmente, secondo dati Cinetel (società di rilevazione di Anec ed Anica) aggiornati a fine giugno, sono 624 soltanto (per un totale di 2.368 schermi). Questi cinematografi raccolgono ben oltre il 90 % del “box office” italiano. Ciò basti, per far comprendere come si (mal) “governa” il sistema culturale italiano, con numerologie rozze e spesso numeri veramente a casaccio, e politiche assai approssimative… Mancano dati, e – quel che è peggio (temiamo) – sembra manca anche la volontà di conoscere questi dati. »

L’errore viene riprodotto dalla stessa Annalisa Cicerchia (che pure è stata Prima Ricercatrice dell’Istat ed è uno dei pochi studiosi italiani che si è appassionato a queste materie), la quale, nel suo intervento nel 20° Rapporto Federculture, scrive anche lei di “5.200 cinema”, allorquando in Italia – ribadiamo – i cinematografi attivi sono soltanto poco più di 600 soltanto (per un totale di meno 2.400 schermi)… Ennesima riprova di come le “fotografie” dei vari settori del sistema culturale e creativo italiano siano ancora imprecise, approssimative, sfuocate. 

Inevitabile che, da dataset fallaci, emergano politiche culturali approssimative (curate da governi di centro-destra o di centro-sinistra che sia…).

Nel 20° Rapporto di Federculture, viene anche offerto un contributo elaborato da Istituto italiano per l’Industria Culturale che sta cercando – per la prima volta in Italia – di quantificare un fenomeno finora sfuggito alle analisi sociologiche (e non soltanto) qual è quello dei “festival”: si consideri che il Ministero della Cultura sostiene ogni anno circa 550 festival (di cui 188 di cinema e 359 di spettacolo dal vivo), a fronte di oltre 3.000 eventi festivalieri finora censiti da IsICult sull’intero territorio nazionale (si rimanda al sito web dedicato del Progetto Speciale (sostenuto dalla Dgca del Mic) “Italia dei Festival”: www.italiadeifestival.it).

La complessiva debolezza (di affidabilità) dei dati è confermata anche rispetto al “budget cultura” del Paese. 

L’Italia negli ultimi posti delle classifiche europee per spesa dello Stato in cultura: lo 0,5 % di “spesa culturale” sul totale delle spese del Governo. La media europea è a quota 0,9 %

In verità, in questo caso, la “debolezza” riguarda anche la quantità delle risorse pubbliche (comunque stimata) destinate alla cultura: continuano ad essere oggettivamente poche, soprattutto se comparate con quelle degli altri Paesi europei.

Federculture scrive che sarebbe “complessivamente positivo anche il quadro degli investimenti, dato non scontato per un settore che negli anni ha sempre sofferto per la scarsità delle risorse”. 

Sul versante pubblico, in tutti i livelli amministrativi la voce culturale nei bilanci è costante o in aumento sia nell’anno, sia in confronto con il 2019: il bilancio del Ministero della Cultura poco sotto i 4 miliardi di euro, i Comuni superano i 2,3 miliardi, le Regioni appena sopra 1 miliardo di euro…

Questa lettura dei dati è senza dubbio asettica, o comunque viziata da ottimismo.

Come è noto (senza citare per l’ennesima volta “il pollo” di Trilussa), i dati possono sempre essere letti dalla prospettiva del bicchiere “mezzo pieno” o da quella del bicchiere “mezzo vuoto” (o, anche, dai più pessimisti… “non vedo nessun bicchiere”).

Le “enfatizzazioni” manifestate dal Ministero della Cultura rispetto ai dati rivelati ieri da Federculture

Diverte osservare che nel pomeriggio di ieri, dopo la presentazione del rapporto, l’agenzia stampa specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi) ha lanciato una curiosa notizia, citando (non meglio precisate) “fonti Mic”, e titolando “Federculture, fonti Mic: Stanziamenti cultura decisamente superiori ad anni pre-Covid”. Così si legge: « in relazione a quanto emerso dalla presentazione del rapporto di Federculture, fonti Mic sottolineano che, “nonostante lo stanziamento statale dei fondi per la cultura registri un leggero decremento per gli anni 2023 e 2024, anni in cui i finanziamenti sono stati fortemente aumentati per sostenere uno dei settori maggiormente colpiti e costretto a fermarsi durante la pandemia. I fondi statali alla cultura, come riconosciuto esplicitamente dal rapporto Federculture, sono, quindi, decisamente superiori agli anni pre-Covid” [ nota IsICult: si osserva una contraddizione logico-testuale nella frase tra “decremento” e “aumentati”… ]. Questo elemento, rilevano dal Collegio Romano, “merita la giusta enfatizzazione perché il leggero decremento negli anni 2023 e 2024 è stato determinato da politiche di bilancio accorte e realiste. Il Governo ha dovuto sostenere famiglie e imprese nella bolletta energetica rispetto al rincaro esorbitante dei prezzi internazionali. Inoltre, si è dovuto fronteggiare il buco determinato dai superbonus varati inopinatamente da altri governi. Il Mic, come tutti i Dicasteri, ha dovuto contribuire con un taglio lineare del 5 % a numerosi capitoli del proprio bilancio”. »

Bilancio previsionale del Ministero della Cultura: 3.555 milioni di euro nel 2024, a fronte dei 2.766 milioni di euro del 2019 (+ 28 %)

Questa la sequenza dei dati proposti da Federculture (fonte: Mic / Mef – OpenBdap): “Bilancio Mic”: ci si riferisce ai “dati previsionali” (che sono in genere sostanzialmente confermati dai “consuntivi” fatto salvo il biennio ‘20-‘21) 2.766 milioni di euro nel 2019, 2.531 milioni nel 2020, 3.170 nel 2021, 3.966 nel 2022, 3.843 nel 2023, 3.555 milioni nel 2024… 

Quindi si registra senza dubbio un leggero decremento per gli anni 2023 e 2024, ma senza dubbio si è sicuramente ad un livello significativamente superiore a quello del 2019: l’incremento (2024 su 2019) è di ben il 28 %

Di fatto, le fonti del Ministero della Cultura ci tengono a precisare che lo stanziamento statale per la cultura ha sì registrato un decremento negli anni 2023 e 2024, ma sarebbe comunque superiore a quello degli anni pre-Covid. È vero.

La “enfatizzazione” proposta riguardo agli anni 2023 e 2024 è corretta, ma… si noti che la percentuale del bilancio del Ministero della Cultura sul totale del bilancio di tutti i ministeri resta inchiodata a livelli bassi: tra lo 0,29 % (2024) e lo 0,43 % (del 2020). 

Questa quota percentuale è in continuo calo dall’anno 2020: passa da 0,43 % del 2020, allo 0,36 % del 2021, allo 0,35 % del 2022, allo 0,32 % del 2023, per arrivare allo 0,29 % del 2024…

Riteniamo che il dato in valori percentuali sia più significativo di quello in valori assoluto.

Ribadiamo: accantonando il dato del 2019 (anno eccezionale), la percentuale della spesa del Governo in cultura scende dallo 0,43 % del 2020 allo 0,29 % del 2024.

In sostanza, riteniamo di possa giungere alla conclusione (fatto salvo un ulteriore approfondimento tra i dati “previsionali” e “consuntivi” – questi ultimi sono attualmente disponibili soltanto fino all’anno 2022) che la spesa complessiva del Governo in Italia, negli ultimi 5 anni (dal 2020 al 2024), è cresciuta ad un ritmo maggiore della spesa in cultura (per quanto questa – in valore assoluto – cresce). Si ricorda che, nel lungo periodo (il ventennio precedente al Covid), il campo di oscillazione di questa spesa per la cultura è stato tra il picco massimo dello 0,39 % dell’anno 2000, e lo 0,19 % del 2011…

Da questo punto di vista, va anche rimarcato che l’Italia, nella tabella comparativa europea della voce “percentuale della spesa pubblica per la cultura sul totale della spesa del Governo” in cultura, evidenzia un livello di 0,5 %, che è inferiore alla media che è ad un livello quasi doppio, con uno 0,9 % (vedi pagina 41 del 20° “Rapporto Federculture” 2024). 

Sul totale dei 30 Paesi considerati, emerge come prima in classifica l’Islanda con 2,3 %, seguita da Estonia e Malta e Ungheria con 2,2 %. La Francia è a quota 1,2 %, Spagna ad 1 %, la Germania a 0,8 % (percentuali riferite all’anno 2022, ultimo dato Eurostat disponibile ad oggi).

L’Italia, in questa classifica comparativa europea, è in penultima posizione, battuta (in negativo) soltanto dalla Grecia, con lo 0,3 %.

Riteniamo che questo dato sia molto più significativo di tanti altri, a conferma di quanto lo Stato italiano sia arretrato. Nonostante le “enfatizzazioni” ministeriali richiamate…

Clicca qui per la sintesi dei dati del 20° Rapporto Annuale Federculture 2024 “Impresa Cultura. Le fondazioni perno della gestione e della partecipazione culturale”, presentato l’11 luglio 2024, Roma, Acquario Romano.

L’edizione n° 20 del Rapporto Annuale “Cultura Impresa” (280 pagine) di Federculture propone contributi di: Mattia Agnetti, Francesca Bazoli, Alberto Bonisoli, Barbara Boschetto, Franco Broccardi, Flavia Camaleonte, Andrea Cancellato, Annalisa Cicerchia, Antonia Corvasce, Umberto Croppi, Antonio Damiano, Chiara Di Blasi, Livia Di Stefano, Alberto Garlandini, Stefano Karadjov, Elisa Marzilli, Francesco Moneta, Carla Morogallo, Gianfranco Passalacqua, Daniela Picconi, Rosanna Purchia, Simona Ricci, Sara Rivolta, Gennaro Sangiuliano, Giulia Sbianchi, Angela Tecce, Angelo Zaccone Teodosi.

[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale. ]

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”. 

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