Per una politica comune europea nel campo delle tecnologie dell’informazione e dell’IA. Dal DSA e DMA all’AI Act
Democrazia futura apre un Focus di approfondimento su “Europa e governo della società digitale” preceduto da un’introduzione di Bruno Somalvico sulle grandi sfide che impongono all’Europa di governare i processi di innovazione tecnologica sfidando gli Stati Uniti e la Cina e favorire la realizzazion e di un’autentica “politica comune europea nel campo delle tecnologie dell’informazione e dell’intelligenza artificiale”.
Malgrado cospicui finanziamenti sin dagli anni Settanta e Ottanta in grandi progetti tecnologici nell’ambito del programma Eureka, le Direttive riguardanti il mercato dell’audiovisivo, quello delle telecomunicazioni, del commercio elettronico e più in generale interessanti l’universo ICT nei due decenni successivi, l’incisiva battaglia contro la formazione e l’abuso di posizioni dominanti negli ultimi anni, finalmente l’Unione europea ha messo al centro delle proprie priorità la questione del governo della società digitale.
Nella società delle piattaforme com’è ormai noto, determinante è il controllo dei dati.
I Big Data non servono solo a spiare l’attività delle aziende, quelle dei servizi segreti e militari, come avveniva nell’Ottocento e soprattutto nel Novecento da parte dei servizi “informativi” delle entità statuali. Oggi costituiscono il petrolio, la risorsa principale, della società digitale e investono direttamente la sfera dei cittadini non solo e non tanto raccogliendo legittimamente informazioni per favorirne la formazione, la cura delle malattie, l’occupazione incrociando domanda e offerta.
Il modo di produzione della società digitale si chiama datificazione e consiste nell’acquisizione e nell’utilizzo e nella vendita di dati che investono anche e soprattutto la sfera personale degli individui.
Capita così che le piattaforme governate da grandi gruppi di interesse privati si sostituiscano alle entità statuali nell’esercizio della sorveglianza collettiva non solo nei Paesi totalitari ma anche, purtroppo nelle società aperte occidentali attraverso appunto il cosiddetto Capitalismo della sorveglianza al quale Democrazia futura aveva dedicato una riflessione sin dal suo numero zero nel 2020.
L’Unione europea si era data nel frattempo un Regolamento per la tutela dei dati personali, a coronamento di una lunga battaglia di alcuni giuristi fra cui ci piace ricordare il compianto Stefano Rodotà.
Il GDPR è stato al contempo un Regolamento importante per combattere la battaglia a tutela della privacy dei cittadini e delle imprese all’’interno dell’Unione europea, ma anche probabilmente la ragione per la quale, al contrario degli Stati Uniti – dove sono cresciute le grandi piattaforme dei cosiddetti Big Tech – e della Cina – dove sono nate piattaforme in qualche modo “sorelle” di quelle dei GAFAM -, all’interno dell’Unione europea non è mai nata nessuna grande piattaforma e non sono rimasti, se non in posizioni marginali, i motori di ricerca.
La battaglia per una capace di negoziare – come dice Michele Mezza – gli algoritmi – in un’ottica di servizio pubblico e più in generale per soddisfare le esigenze della collettività, facendo di essi un bene pubblico e non uno strumento teso a governare e sovrintendere a decisioni spesso cruciali per il futuro dei cittadini assecondando mere esigenze commerciali e quindi di profitto per le aziende, sarà quella su cui si giocherà il futuro della politica, delle istituzioni pubbliche e delle nuove entità complesse destinate a governare la complessità dei processi di una società digitale dove anche l’intelligenza artificiale, segue gli imput del mercato anziché quelli del bene pubblico.
Per questa ragione la nostra rivista osserverà con grande attenzione gli effetti delle misure prese dall’Unione europea a cominciare dal Regolamento sui Servizi Digitali (Digital Service Act) entrato in vigore questo 25 agosto 2023 i cui effetti dovrebbero sentirsi non sappiamo se in tempi rapidi o nel medio lungo termine.
L’Ingegner Pieraugusto Pozzi nell’articolo che segue riassume i principali temi di questo primo provvedimento “che si arricchirà presto (primavera 2024) con l’entrata in vigore del Regolamento europeo sui Mercati Digitali DMA (Digital Markets Act)) indirizzato a contenere il potere di mercato dei grandi operatori e con le regole sull’intelligenza artificiale (AI Act) in via di definizione”.
Occorrerà capire se questo pacchetto creerà le premesse per la ripresa del processo di costruzione di politiche comuni in un campo così strategico come questo nel quale i nostri interessi europei non coincidono certo con quelli dei nostri alleati oltre Oceano
L’intenzione è quella di avviare. anche attraverso webinar e seminari in partnership con Key4biz – con tecnologi, economisti, giuristi, sociologi e rappresentanti della pubblica amministrazione e delle istituzioni vorremmo, un’ampia riflessione sui nodi fondamentali che devono essere affrontati di petto dall’Unione europea per non rimanere ai marini della società digitale dei prossimi decenni:
- rapporto Stato mercato nella società digitale
- politiche di crescita e innovazione in un quadro di sviluppo sostenibile
- tutela dell’ambiente
- salvaguardia della civiltà del lavoro europea che ha assicurato non solo occupazione e welfare ma anche il diritto al riposo e alla protezione della mente umana attraverso tempo libero e vacanze:
- ruolo delle grandi agenzie di socializzazione e in primis della scuola per favorire un uso corretto e critico della Rete,
- e tanti altri problemi che ne derivano.
Digital Services Act, scatta da oggi la sorveglianza da parte della Commissione europea sui grandi operatori digitali
di Pieraugusto Pozzi, Segretario Generale Infocivica Gruppo di Amalfi
Da oggi, 25 agosto, scatta la sorveglianza da parte della Commissione europea sui grandi operatori digitali prevista nel Regolamento europeo DSA (Digital Services Act).
Il DSA impone novità significative per i Big Tech, definendo una lista di obblighi da seguire per operare in Europa senza incorrere in sanzioni. Di conseguenza, diciannove piattaforme e due motori di ricerca (piattaforme online: Alibaba, AliExpress, AmazonStore, Apple, AppStore, Booking.com, Facebook, Google Play, Google Maps, Google Shopping, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter (X), Wikipedia, YouTube e Zalando; motori di ricerca: Bing e Google Search) cha hanno più di 45 milioni di utenti attivi al mese, dovranno dimostrare il proprio allineamento tecnico-operativo ad alcuni principi e prassi:
Moderazione dei contenuti
Le piattaforme dovranno contrastare efficacemente contenuti illegali, bot e fake news. Sono previsti sistemi di ‘notifica e risposta’ per la rimozione diretta dei contenuti illegali o nocivi ed è prevista la responsabilità legale nei confronti degli utenti da parte degli operatori.
Trasparenza
Le condizioni di utilizzo dei servizi dovranno essere semplici e concise in tutte le lingue dei ventisette Paesi Membri dell’Unione europea. Anche l’uso degli algoritmi dovrà essere più trasparente e le piattaforme dovranno etichettare chiaramente gli annunci pubblicitari.
Profilazione
Gli utenti dovranno avere la possibilità di rinunciare alla profilazione e sarà vietata la pubblicità basata su dati sensibili come l’origine razziale o etnica, l’orientamento sessuale o le opinioni politiche.
Tutela dei minori
I sistemi dovranno garantire un elevato livello di privacy, sicurezza e incolumità dei minori, introducendo strumenti come la verifica dell’età e il controllo parentale. Vietato qualsiasi tipo di pubblicità mirata nei confronti dei bambini.
Mitigazione del rischio e tutela della salute
Le piattaforme sono chiamate a presentare piani annuali di valutazione del rischio per affrontare qualsiasi minaccia che possono rappresentare per la società, compresa la salute pubblica, e quella fisica e mentale anche dei minori.
Stress test a audit
Oltre alla supervisione da parte della Commissione dell’Unione europea, le piattaforme saranno sottoposte a controlli regolari da parte di organismi indipendenti.
Sanzioni
Chi non osserva le prescrizioni si espone a sanzioni che possono arrivare al 6 per cento del giro d’affari annuo e, in caso di recidiva, al divieto di operare in Europa.
Come stanno reagendo i soggetti interessati dal Regolamento
Google o Microsoft hanno annunciato misure per adeguarsi. TikTok ha reso pubbliche le misure adottate. Amazon ha depositato un ricorso al tribunale del Lussemburgo contestando di dover essere inclusa nell’elenco, al pari di Zalando. Meta (Facebook e Instagram) ha comunicato che gli utenti potranno tornare a vedere i contenuti in ordine cronologico e non secondo l’ordine proposto dall’algoritmo.
Conclusioni
Visto questo scenario regolamentare europeo, che si arricchirà presto (primavera 2024) con l’entrata in vigore del Regolamento europeo DMA (Digital Markets Act) indirizzato a contenere il potere di mercato dei grandi operatori e con le regole sull’intelligenza artificiale (AI Act) in via di definizione, all’osservatore del mondo digitale e delle vicende europee una domanda sorge spontanea: sarà per questo (ed altro) che lo spazio normativo (e politico) dell’Europa è sotto attacco geopolitico e lobbistico? Per rispondere meglio a questa domanda, in un prossimo intervento, si cercherà di comparare questi provvedimenti normativi europei con quelli delineati, in materia digitale, in altri spazi giurisdizionali (Uk, Usa, Asia).
https://www.key4biz.it/per-una-politica-comune-europea-nel-campo-delle-tecnologie-dellinformazione-e-dellia-dal-dma-e-il-dsa-allai-act/457244/