Piange il telefono, dal caso Blu alla crisi di Tim. Ma senza Tlc ‘Niente Digitale e niente PNRR’
La industry italiana delle Tlc si dibatte in una crisi di sistema che rischia di lasciare sul terreno migliaia di lavoratori. La crisi di Tim, di pari passo con quella dell’intero comparto, mette a rischio tutti i progetti di transizione digitale su cui l’Italia si è impegnata a Bruxelles e che riguardano la gran parte dei fondi del PNRR. Senza reti in fibra e 5G nessuna transizione digitale è possibile per il nostro paese ed è per questo che l’intera industry si rivolge alla politica perché prenda (finalmente) posizione di fronte al grande nodo del futuro della rete Tim, dalla cui soluzione può derivare il successo o meno dello sviluppo digitale dell’Italia. Una matassa davvero ingarbugliata, su cui si sono confrontati al Senato diversi protagonisti della industry, in occasione dell’evento ‘Piange il telefono. Da Blu alla crisi di Tim’ organizzato dal senatore di FI e vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, già ministro delle Comunicazioni all’epoca dell’asta Umts del 2001, promosso in collaborazione con la fondazione Italia protagonista. All’epoca, Blu rinunciò a partecipare alla gara frequenze e fu spacchettata. “Già allora il mercato delle Tlc era troppo affollato”, ha detto Gasparri. Insomma, troppi operatori nell’arena del mobile già nel 2001, secondo Gasparri. Una lezione valida anche oggi?
Tlc: Gasparri, ‘su rete governo dia orientamento, non affidarsi solo al mercato’
“Il governo non può tirarsi indietro rispetto al dare un orientamento” sul dossier della rete Tim. “Non ci si può solo affidare al mercato, occorre dare degli indirizzi. Quando è stato deciso di fare una altra ‘autostrada del Sole’, ovvero di fare un’altra rete questa decisione non si è rivelata un successo. La politica a volte ha fatto degli errori ora deve dare indicazioni giuste”, attacca Maurizio Gasparri.
Gasparri, ‘divisione Blu fu virtuosa per settore che era saturo’
“Nel 2001 da ministro delle Comunicazioni c’era grande fermento nel settore delle tlc, gli operatori erano diversi e in crescita: l’ingegner Gamberale che in quel momento era al gruppo Autostrade mi chiese un colloquio e mi disse in sintesi che bisognava chiudere Blu, allora operatore di telefonia mobile” di cui Autostrade era tra gli azionisti, ricorda Gasparri
“Si avviò – prosegue Gasparri – una operazione molto complessa, una divisione della società: mettemmo intorno al tavolo Telecom, Vodafone e Wind e altri soggetti con lo stesso Blu” e si decise come dividere gli asset della società con “una operazione virtuosa e con una trattativa molto complicata”.
“Il presidente dell’Agcom Cheli a cui sottoponemmo il ‘carteggio’ con i suoi uffici diede il via libera; poi andammo all’Antitrust dove c’era il professor Tesauro, un insigne giurista che non è più fra noi; anche li’ arrivo’ il timbro. E poi la Ue dove c’era il professor Monti“, dice ancora il senatore di Forza Italia rivolgendosi alla platea dove figurano molti addetti ai lavori, tra cui lo stesso Cheli e l’attuale presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella. Tra i manager che ascoltano il dibattito il Ceo di Vodafone Italia Aldo Bisio e il presidente di Fibercop Massimo Sarmi, senza dimenticare due ex ad di Tim come Franco Bernabè e Luigi Gubitosi. Spiega Vito Gamberale, ex amministratore delegato di Tim: “Blu si ritirò dalla gara Umts al quarto rilancio” quindi nel 2001/2002 il break-up con la ripartizione degli asset.
A proposito di Tim, Gamberale ha detto che Tim è malata, ma anche il resto del settore non sta bene. A partire da Open Fiber, “nata da una stravaganza della politica” ai tempi del governo Renzi.
Sulla situazione della rete, serve un intervento della politica, secondo Gamberale. “I fondi Macquarie e KKR dovrebbero uscire dagli asset infrastrutturali del paese”, aggiunge. “Il governo non può preparare il funerale delle Tlc”, ha aggiunto.
Gli fa eco Gasparri: “Lo Stato sta dentro alle Tlc (tramite Cdp in Tim e Open Fiber, ma anche in Poste Mobile tramite Cdp e Mef ndr) è per questo che non si può affidare tutto al mercato. C’è preoccupazione per alcuni grandi player del paese”.
Gamberale, ‘Settore Tlc malato perché mercato è distorto’
“Il settore delle tlc in Italia è malato: di sicuro Tim ha la malattia più vistosa ma neanche gli altri se la passano bene perché c’è un mercato distorto e la distorsione è in capo alle authorities di questo settore. Quando H3G si ritirò dal mercato e si fuse con Wind fu consentita la fusione in cambio dell’arrivo di un nuovo operatore”: a spiegare che il settore delle tlc con tanti operatori “che si fanno una guerra selvaggia” ha un problema di conto economico è l’ex ad di Tim.
L’arrivo di Iliad in Italia come rimedio alla fusione di Wind e Tre fu un errore, secondo Gamberale: “Non tanto per una questione di frequenze” e di affollamento frequenziale, “quanto per un problema di conto economico degli operatori”, aggiunge Gamberale che poi si scaglia contro gli operatori virtuali (Poste Mobile, Coop Voce, Fastweb Mobile) definendoli “parassiti” perché si appoggiano alle reti altrui.
Eppure, da tempo e a più riprese secondo Gamberale il mercato italiano ha tentato di tornare a tre operatori.
“Dopo la gara Umts il mercato ha tentato di riportarsi su 3 operatori però poi ne sono nati altri 4 di cui 3 sotto forma di virtual operator”, spiega Gamberale oggi presidente di Iter Capital partners.
Tlc: Viola (Dg Connect), ‘Male redditività settore, hanno pesato anche scelte operatori’
“Il fatturato del settore tlc ha perso il 25% dei ricavi in dieci anni; quindi è vero che piange il telefono ma ora per gli operatori e non per i clienti come poteva essere un tempo. Comunque tanto male come generatore di cassa il settore non lo è visto che hanno investito anche vari stranieri e anche adesso per la rete di Tim c’è l’interesse di due grandi fondi”. A sottolinearlo il direttore generale di Dg Connect Roberto Viola, già segretario generale dell’Agcom, intervenendo in collegamento al convegno. Sulla redditività del settore in cattive acque “hanno pesato anche le scelte fatte dalle imprese” osserva ricordando un dettaglio non secondario: ai tempi della fusione fra Wind e Tre, furono gli operatori stessi a rimettere in circolazione una certa quantità di frequenze volontariamente. In altre parole, l’arrivo di un quarto operatore non era visto come un particolare pericolo.
Sulla possibilità di una concorrenza infrastrutturale fra reti in fibra Viola spiega che “fra due operatori in fibra dipende, certo la risposta la dà il mercato”.
Fair share, Gasparri: ‘Ma quanto tempo ci vorrà?’
Per quanto riguarda il fair share, Gasparri non ha dubbi: devono contribuire al pagamento delle nuove reti visto che hanno di fatto eroso “abusivamente” il business delle telco. “Ma quanto tempo ci vorrà?”, domanda Gasparri ricordando come i tempi della politica europea potrebbero allungarsi fino al 2024 e oltre. “La Commissione Ue ha già cominciato a regolare il settore degli OTT – ha detto Roberto Viola – con due leggi ad hoc: il Digital Service Act e il Digital Market Act. Già oggi le authorities nazionali possono far pagare il servizio universale alle grandi compagnie del tech”. Per quanto riguarda il fair share, “Abbiamo lanciato un paio di settimane fa una consultazione pubblica. L’Europa è apripista in questo”. Per quanto riguarda Tim, anche per Roberto Viola la soluzione del problema della rete è uno snodo centrale.
Rete Tim, Gamberale: ‘No allo scorporo’
Sul futuro della rete Tim, Vito Gamberale è perentorio: “Per me la separazione della rete non è giusta, perché la rete ha un’intelligenza distribuita che determina lo sviluppo di tutta l’azienda Tim”. Separare la rete sarebbe come tagliare al testa pensante dell’azienda, lasciando un corpo privo di intelligenza.
De Julio (Anfov): ‘Se non girano le Tlc, il PNRR non si fa’
La sintesi di Umberto De Julio, presidente dell’Anfov: “La crisi delle Tlc non è soltanto la crisi delle telco, ma dell’intero settore – ha detto De Julio – Le Tlc sono l’unico volano della transizione digitale. Ma se non girano le Tlc, non si fa il digitale e non si fa nemmeno il PNRR. Il 75%-80% del mercato del Cloud e della cybersecuirty è in mano agli hyperscalers”.
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