Realtà virtuale e sport da combattimento: arriva il robot che fa da sparring partner sul ring
Nel film “Real Steel” un ex pugile caduto in disgrazia rimette in sesto un modello di robot che fa da sparring partner per i lottatori. Dal cinema all’attualità, dove realtà virtuale e sport da combattimento viaggiano sempre più di pari passo. Ora rinsaldati dall’accordo tra IHMC Robotics e Boardwalk Robotics per la realizzare Nadia, un robot dotato di particolare abilità e velocità nel combattimento.
Costruito in fibra di carbonio, Nadia (versione in scala degli imponenti avatar robotici pilotati nella pellicola “Pacific Rim”) dimostra le proprie capacità partecipando a una sessione di allenamento di boxe; nel video postato su YouTube dall’azienda, il robot che fa da sparring partner per i lottatori – con il controllo affidato a un ingegnere che indossa visori per la realtà virtuale così da tradurre, mediante sensori, i movimenti dei suoi controller VR direttamente alle braccia e alle gambe di Nadia – è impegnato a colpire, in modo preciso e potente, i cuscinetti di addestramento. Attestando ulteriormente il significativo sviluppo della robotica umanoide, dove la rapidità meccanica abbraccia le abilità umane.
Realtà virtuale e sport da combattimento tra presente e futuro. A questo proposito, IHMC Robotics sostiene che Nadia “possiede alcuni dei più ampi range di movimento nelle sue 29 articolazioni rispetto a qualsivoglia altro robot umanoide al mondo“. E ancora, che grazie alla “teleoperazione VR a bassa latenza”, l’operatore umano “ha il totale controllo persino nelle attività di manipolazione più complesse”.
Robot umanoidi cinesi pronti a invadere il mercato
Dagli Stati Uniti alla Cina, dove il governo (che di recente ha intensificato il suo impegno per esercitare il controllo proprio sulle società tecnologiche americane) pone le fondamenta per il prossimo futuro: entro il 2025, intende infatti dare il là alla produzione di massa di robot umanoidi dotati di “cervelli” nonché raggiungere un livello di tecnologia avanzato entro il 2027. Un’iniziativa ambiziosa, delineata in un documento del Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione, in cui le autorità invitano il settore manifatturiero del Paese a “stabilire un sistema di innovazione per i robot umanoidi, realizzare svolte in diverse tecnologie chiave e garantire la fornitura sicura ed efficace di componenti essenziali”.
Il documento del MIIT riconosce che in Cina, per approdare al livello di produzione di massa desiderato, la tecnologia dei robot umanoidi deve essere “significativamente migliorata”, per approntare “un sistema di catena di fornitura industriale sicuro e affidabile e costruire un’ecologia industriale con competitività internazionale”. A questo proposito, il testo rimarca che l’industria nazionale dovrebbe sviluppare il “cervello”, il “cervelletto” e gli “arti” dei robot umanoidi (non solo realtà virtuale e sport da combattimento. Nel caso del colosso asiatico, infatti, l’impiego è previsto soprattutto nel comparto sanitario, della logistica, dell’agricoltura e dei servizi domestici, ma anche in condizioni pericolose), facendo leva sui recenti sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale.
Leadership globale nel campo della robotica
L’intento della Cina, peraltro mai nascosto, rimane sempre lo stesso: posizionarsi come leader globale della tecnologia (in particolare, il gigante asiatico sta compiendo importanti passi in avanti nel settore della robotica industriale, superando per la prima volta gli Stati Uniti nel 2021. Dati, questi, dell’International Federation of Robotics). Nel corso degli ultimi anni, poi, l’industria cinese mantiene un trend di sviluppo stabile. Secondo il MIIT, il Paese ha prodotto 281.515 unità di robot industriali nei primi otto mesi del 2023, in aumento del 2,3% su base annua, mentre durante i primi sette mesi dell’anno ha creato circa 8mila fabbriche digitali e impianti di produzione intelligente. Ad ogni modo, quella dei robot è una presenza sempre più d’impatto nel settore manifatturiero, con un 392 automi per ogni 10mila lavoratori, rispetto a 140 nel 2018 e 68 nel 2016.
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