Semiconduttori, l’export di Taiwan verso gli USA sale a 37 miliardi di dollari (e crolla in Cina)

Taiwan snobba la Cina e cresce l’export verso gli USA

Taiwan, la piccola isola nazione a soli 180 km dalla costa cinese, sta iniziando ad investire molto di più negli Stati Uniti che nel grande Paese asiatico. Che si tratti di tapioca o di semiconduttori, Taiwan si sta allontanando sempre più dalla Cina.

Secondo quanto riportato da fortune.com, l’isola ha esportato verso gli Stati Uniti merci per un valore pari a 24,6 miliardi di dollari nel primo trimestre 2024, contro i 22 miliardi di dollari di export verso la Cina.

Altro dato molto interessante sono gli investimenti, crollati del 40% in Cina a 3 miliardi di dollari nel 2023 (il dato più basso rispetto agli ultimi venti anni), contro i 9,6 miliardi negli Stati Uniti (aumentati di nove volte rispetto al 2022).

Taiwan, lo sappiamo bene, è il regno dei semiconduttori, nonché il Paese leader di questo mercato strategico per le politiche green & tech di mezzo pianeta: controlla il 60% del mercato mondiale, con giganti del calibro di Tsmc, Umc, Psmc e Vis. Qui si trova il 46% della capacità mondiale di produzione chip.

Semiconduttori per tutti, meno che le imprese cinesi

Sempre secondo i dati forniti da Taipei, nel 2023 si sono raggiunti i 37 miliardi di dollari di valore di export di semiconduttori, componenti elettronici e apparecchiature informatiche verso gli Stati Uniti, triplicando il dato del 2018, secondo quanto riportato da seattletimes.com.

King Yuan Electronics Corp., una società taiwanese specializzata in test e confezionamento di semiconduttori, ha dichiarato il mese scorso l’intenzione di voler vendere la sua partecipazione da 670 milioni di dollari in un’impresa nella città cinese orientale di Suzhou.

A livello di produzione di semiconduttori, si legge nell’articolo, “l’ambiente in Cina è cambiato e la concorrenza sul mercato è diventata sempre più severa”, per questo le grandi aziende menzionate si stanno allargando a tutto il Sud Est Asiatico e verso il Nord America.

Ecco altri esempi di aziende o gruppi taiwanesi, particolarmente attivi nei mercati dei semiconduttori e dell’elettronica di consumo, che stanno procedendo con i piani di disinvestimento in Cina a favore di altre economie: Tsmc, oltre agli investimenti negli Stati Uniti (fino a 65 miliardi di dollari), si sta orientando a nuovi progetti in Giappone; la Foxconn sta guardando all’India, mentre Pegatron si muoverà verso il Vietnam.

Si allenta l’influenza di Pechino su Taipei?

Negli ultimi 25 anni Pechino ha cercato in ogni modo di legare a sé Taiwan a livello commerciale, economico e finanziario, proprio per rendere più concrete le sue pretese di controllo dell’isola. Dal 2016, però, anno di ascesa al potere del Partito democratico progressista, più vicino a Washington che Pechino, tale presa su Taiwan si è fatta sempre più debole, fino all’attuale situazione di crescente tensione politica e militare.

Questioni di geopolitica, che vedono assieme Stati e corporation tecnologiche creare nuove alleanze e mettere in capo tattiche e soluzioni tese a spostare continuamente gli equilibri politici, economici e mercantili tra le due sponde del Pacifico settentrionale.

Un cambiamento che, non a caso, si sta verificando durante una debole crescita economica della Cina e il tentativo di diversificare sempre di più da parte dele imprese globali diretta conseguenza delle interruzioni della catena di approvvigionamento durante la pandemia.

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