Spiraglio di luce per il Sud Sudan, paese dalla storia travagliata

Venerdì 13 novembre si sono conclusi i negoziati per la pace in Sud Sudan, che erano iniziati lunedì 9 novembre, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio.
I NEGOZIATI DI PACE FRA L’OPPOSIZIONE ARMATA E IL GOVERNO
Le delegazioni militari dell’opposizione armata (SSOMA), non firmataria dell’accordo di pace a settembre 2018, e del governo di unità nazionale della Repubblica del Sud Sudan si sono incontrate per discutere e trattare le condizioni concrete dell’adesione al cessate il fuoco ed eventuali verifiche delle violazioni.
Il segretario generale della Comunità di Sant’Egidio, Paolo Impagliazzo, ha spiegato che il SSOMA ha deciso di aderire al meccanismo militare internazionale dal 1º gennaio 2021. Ciò permetterà al SSOMA di avere i propri rappresentanti nella direzione e nelle varie strutture a livello regionale e locale del CTSAMVM (Ceasefire and Transitional Security Arrangements, Monitoring and Verification Mechanism). A partire da quel momento i militari delle due parti lavoreranno insieme.
Si tratta di un passo fondamentale e molto atteso per garantire la fine delle violenze, la protezione della popolazione civile, il libero accesso per le organizzazioni umanitarie e il proseguimento del dialogo politico fra le parti, come hanno sottolineato tutti i protagonisti della conferenza stampa: oltre a Paolo Impagliazzo, per Sant’Egidio, l’ambasciatore Ismail Wais, per l’IGAD (organizzazione regionale del Corno d’Africa), il generale Hamid Mohamed Dafaalla, vicepresidente del CTSAMVM, il generale Emmanuel Rabi, per il governo, e il generale Samuel Lado, per il SSOMA. Anche l’esercito italiano verrà coinvolto nelle procedure di addestramento e consulenza militare.
LA STORIA TRAVAGLIATA DELLO STATO PIU’ GIOVANE DEL MONDO
La storia del Sud Sudan è una storia giovane ma molto travagliata, fatta di sangue, conflitti e interessi molteplici, che hanno reso l’area una delle più instabili e povere del mondo.
Come molti altri paesi dell’area, anche il Sud Sudan (che prima era accorpato al Sudan) è stato oggetto di una complessa opera di colonizzazione, prima egiziana e poi britannica.
Nel 1947, anno dell’indipendenza del Sudan, gli inglesi cercarono di staccare il Sudan del Sud dal Sudan e di annetterlo all’Uganda. Questo tentativo non andò però a buon fine e naufragò con la Conferenza di Juba del 1947, che unificò il nord e il Sud del Sudan. Per ben sessantaquattro anni (fino al 2011) il Sud Sudan ha fatto quindi parte del Sudan.
Il Sud Sudan proseguì sulla difficile strada dell’indipendenza dal Sudan attraversando due guerre civili, la prima tra il 1963 e il 1972, che vide contrapporsi le forze ribelli al governo sudanese (la cosiddetta ribellione di Anya-Nya), e la seconda (tra il 1983 e il 2005), tra il regime di Khartoum e i ribelli del Movimento di liberazione popolare del Nord-Sudan (Splm-N).
La fine delle ostilità venne sancita soltanto il 9 gennaio 2005 con la firma dell’accordo di pace tra le forze del Nord e del Sud Sudan. Il CPA (Comprehensive Peace Agreement) comprendeva la convocazione di un referendum sul tema dell’indipendenza del Sud Sudan, da svolgersi entro sei anni dalla firma del trattato. L’esito positivo (98,8% dei votanti a favore) del referendum, tenutosi fra il 9 e il 15 gennaio 2011, ha portato all’istituzione, sei mesi dopo, della nuova Repubblica del Sud Sudan, che diventava di fatto lo Stato più giovane del mondo.
I pochi anni che separano il Sud Sudan dalla proclamazione d’indipendenza ad oggi sono però stati segnati da numerosi conflitti interni ed esterni. Sin dalla sua nascita, infatti, il nuovo governo del Sud Sudan è stato coinvolto in conflitti intra-statali, promossi soprattutto dai due principali gruppi ribelli (SSDM/A e SSLM/A), appoggiati dal governo del Sudan, da sempre ostile al nuovo Stato. Permangono, infatti, alcune controversie fra i due Stati, in particolare riguardo ai giacimenti di petrolio (l’80% si trovano nell’area territoriale del Sud Sudan ma la maggior parte degli impianti di raffinazione è invece nel Sudan), la cui spartizione dei proventi è una fonte di continui scontri e conflitti armati.
Nel dicembre del 2013 in Sud Sudan si è verificato un tentativo di colpo di Stato nel quale le forze leali al presidente Salva Kiir Mayardit, di etnia dinka, si sono scontrate con quelle fedeli all’ex vicepresidente Riek Machar, di etnia nuer, sospeso nel luglio 2013 a causa dei forti contrasti con Kiir. Il conflitto etnico ha causato l’uccisione di decine di migliaia di persone e ne ha costrette circa 4 milioni ad abbandonare le proprie case. Alcune di queste sono scappate rimanendo, però, sempre dentro ai confini del Paese, mentre più di due milioni si sono spostate nei Paesi vicini alla ricerca di asilo e protezione. A ottobre 2017, in Kenya si registravano 111.892 rifugiati provenienti dal Sudan del Sud.
Il 23 gennaio 2014 è stato firmato un cessate il fuoco fra i due schieramenti, ma di fatto la situazione è rimasta drammatica e incandescente fino ad oggi. I due leader avevano poi firmato un nuovo cessate il fuoco il 5 agosto 2018, concludendo anche un accordo per la condivisione del potere. Solo poche settimane dopo, però, il 28 agosto, Machar e i capi di altri gruppi dissidenti si erano rifiutati di firmare l’ultima parte dell’accordo, sostenendo che le dispute sulla divisione del potere e sull’adozione di una nuova Costituzione non erano state gestite in modo efficiente.
I due leader avevano provato nuovamente a negoziare la pace nel settembre 2018 sottoscrivendo, grazie alla pressione di potenze regionali e internazionali, un accordo definitivo. Il patto prevedeva che Machar avrebbe ricoperto nuovamente il ruolo di vicepresidente. Alla fine, Kiir e Machar sono riusciti a raggiungere un accordo al fine di formare un governo di unità il 22 febbraio 2020, anche se i conflitti interni e le violenze non si sono mai fermati.
CRISI ECONOMICA, ALLUVIONI ED EMERGENZA COVID-19
Quest’anno, oltre alla crisi economica, agli scontri e ai continui problemi di politica interna, si è aggiunta l’emergenza Covid-19 e delle catastrofiche alluvioni che hanno messo in ginocchio il Paese.
Le alluvioni sono state provocate dalle piogge torrenziali che hanno investito il Sud Sudan da luglio ad oggi, causando ingenti danni ad oltre un milione di persone, secondo quanto riferito dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA).
Circa 1 milione e 34mila persone sono state colpite, mentre 481mila sono gli sfollati. I danni maggiori sono stati riportati nella regione dello Jonglei, con circa 404mila persone coinvolte, ha rivelato l’ultimo rapporto OCHA che copre il periodo dall’1 luglio al 17 novembre.
A causa dei mancati raccolti sta crescendo pericolosamente anche la malnutrizione, soprattutto nell’area di Pibor, dove anche l’acqua dei pozzi è stata contaminata, hanno riferito gli operatori sul campo di di Medici Senza Frontiere.
A Old Fangak, località che conta circa 30.000 abitanti nella zona paludosa dello stato di Jonglei, le inondazioni sono iniziate a luglio e i livelli dell’acqua continuano a salire. La maggior parte delle latrine della zona sono allagate aumentando il rischio di malattie trasmesse dall’acqua.
«Nel nostro ospedale e a Lankien, nello stato di Jonglei, il numero di pazienti è diminuito perché le alluvioni hanno reso quasi impossibili gli spostamenti – spiegano gli operatori di Medici Senza Frontiere – La pista d’atterraggio è allagata e l’arrivo di forniture mediche o il trasferimento dei pazienti in altre strutture mediche è ancora più complesso».
Un situazione tragica che va ad aggravare il già fragile equilibrio che i negoziati di pace stanno tentando di portare al Paese, rischiando di farlo piombare nuovamente nel caos e nella violenza senza soluzione di continuità tra bande e tribù rivali.
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