5G, sottoscrittori al 25% a livello globale. A quando il ROI per le Telco?   

Cresce la diffusione del 5G a livello globale, ma non aumentano di pari passo i ricavi degli operatori. E’ sempre più evidente il fatto che alle Telco manca una o più killer application per monetizzare gli ingenti investimenti spesi per le frequenze 5G e quelli che devono ancora sborsare per la realizzazione del 5G standalone. A confermare tutto ciò arrivano i dati dell’ultimo Ericsson Mobility Report, secondo cui a breve il 5G rappresenterà più di un quarto di tutte le sottoscrizioni globali.

Il che è ovviamente un fatto positivo, dal punto di vista della industry, anche se questa crescita non corrisponde ad una leva finanziaria per le Telco.  

5G, più di 2,3 miliardi di sottoscrittori globali

Ciò non toglie che i dati di diffusione globale del 5G sono molto positivi. Alla fine del 2024 il numero globale di sottoscrizioni 5G salirà a quota 2,3 miliardi, più del 25% delle sottoscrizioni mobili nel complesso.  

Una percentuale di tutto rispetto che sicuramente ha riempito le tasche dei fornitori di attrezzature di rete e dei produttori di smartphone, ma non certo degli operatori Tlc. Almeno non ancora.

Il ROI per le Telco è ancora un mistero

Il ROI per le Telco è ancora un mistero, nonostante i massicci investimenti e la crescita dei servizi consumer che non sborsano somme particolarmente significative per gli abbonamenti 5G.   

Secondo i dati di Ericsson, gli abbonamenti 5G globali sono aumentati di 163 milioni durante il terzo trimestre di quest’anno per un totale di 2,1 miliardi e sembrano destinati a raggiungere i 2,3 miliardi entro la fine dell’anno, quando si prevede che il Nord America avrà il più alto tasso di penetrazione degli abbonamenti 5G, al 71%, seguito dal Nord-est asiatico, al 51%, dai paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, al 47% e dall’Europa occidentale con solo il 41%.

Il 5G sorpasserà il 4G nel 2027

Il numero di abbonamenti 5G è destinato a continuare ad aumentare per il resto del decennio e si prevede (da Ericsson) che raggiungerà i 6,3 miliardi entro il 2030, con il 5G destinato a superare il 4G come tecnologia mobile dominante nel 2027.

I paesi più popolati del mondo hanno guidato questa crescita, in particolare Cina e Stati Uniti fino ad ora, e continueranno a farlo, con l’India che alimenterà una fetta considerevole dell’adozione del 5G in futuro: secondo il rapporto, si prevede che il numero di abbonamenti 5G in India raggiungerà almeno 270 milioni entro la fine di quest’anno, rappresentando circa il 23% di tutte le connessioni cellulari nel paese.

Entro il 2030, si prevede che gli operatori indiani avranno in totale 970 milioni di connessioni 5G (circa tre quarti del totale del paese).

GSMA, 5G importante per trasformazione digitale delle aziende

Quindi, il 5G sta guadagnando terreno in tutto il mondo e, secondo un recente rapporto dell’unità Intelligence della GSMA, gli utenti aziendali considerano il 5G importante per i loro sforzi di trasformazione digitale.

Nonostante queste tendenze e statistiche, il 5G è considerato una delusione (nella migliore delle ipotesi), almeno in termini di impatto che ha avuto sui ricavi delle telecomunicazioni.

La speranza attuale è il 5G standalone

L’attuale grande speranza per il 5G è che l’implementazione delle capacità 5G standalone (SA) consentirà alle società di telecomunicazioni di offrire alcuni di quei “servizi killer” ad oggi impossibili soprattutto per la necessità di bassissima latenza, con l’intelligenza artificiale in primo piano.

Inoltre, ci sono anche grandi aspettative per l’impatto delle capacità 5G-Advanced abilitate da 3GPP Release 18, le cui specifiche sono state “congelate” (pronte per essere implementate) a giugno 2024 e ora stanno iniziando ad apparire nelle ultime versioni dei fornitori (con il termine 5.5G talvolta utilizzato per identificare 5G-Advanced).

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US suspects TSMC helped Huawei skirt export controls, report says

In April, TSMC was provided with $6.6 billion in direct CHIPS Act funding to “support TSMC’s investment of more than $65 billion in three greenfield leading-edge fabs in Phoenix, Arizona, which will manufacture the world’s most advanced semiconductors,” the Department of Commerce said.

These investments are key to the Biden-Harris administration’s mission of strengthening “economic and national security by providing a reliable domestic supply of the chips that will underpin the future economy, powering the AI boom and other fast-growing industries like consumer electronics, automotive, Internet of Things, and high-performance computing,” the department noted. And in particular, the funding will help America “maintain our competitive edge” in artificial intelligence, the department said.

It likely wouldn’t make sense to prop TSMC up to help the US “onshore the critical hardware manufacturing capabilities that underpin AI’s deep language learning algorithms and inferencing techniques,” to then limit access to US-made tech. TSMC’s Arizona fabs are supposed to support companies like Apple, Nvidia, and Qualcomm and enable them to “compete effectively,” the Department of Commerce said.

Currently, it’s unclear where the US probe into TSMC will go or whether a damaging finding could potentially impact TSMC’s CHIPS funding.

Last fall, the Department of Commerce published a final rule, though, designed to “prevent CHIPS funds from being used to directly or indirectly benefit foreign countries of concern,” such as China.

If the US suspected that TSMC was aiding Huawei’s AI chip manufacturing, the company could be perceived as avoiding CHIPS guardrails prohibiting TSMC from “knowingly engaging in any joint research or technology licensing effort with a foreign entity of concern that relates to a technology or product that raises national security concerns.”

Violating this “technology clawback” provision of the final rule risks “the full amount” of CHIPS Act funding being “recovered” by the Department of Commerce. That outcome seems unlikely, though, given that TSMC has been awarded more funding than any other recipient apart from Intel.

The Department of Commerce declined Ars’ request to comment on whether TSMC’s CHIPS Act funding could be impacted by their reported probe.

https://arstechnica.com/tech-policy/2024/10/us-suspects-tsmc-helped-huawei-skirt-export-controls-report-says/




Trasporti, Alessandro Prosdocimo (Cellnex Italia) “TowerCo abilitatore fra mobilità geografica e iperconnettività’

Come contribuiranno le TowerCo allo sviluppo del sistema dei trasporti? Questo uno dei temi affrontati da Alessandro Prosdocimo, Direttore Commerciale di Cellnex Italia, nel suo intervento al panel “Digital Transformation e sistema dei trasporti” che si è tenuto a ComoLake.

“La nostra società e la nostra vita è caratterizzata da una forte mobilità geografica – ha detto Prosdocimo – ed inoltre è caratterizzata da una iperconnetività. Spesso questo due caratteristiche non vanno a braccetto. Il contributo che le TowerCo possono dare è che questo invece avvenga, essendo così un elemento di coagulo, visto che la TowerCo per definizione è un abilitatore”.

In questo contesto, “Cellnex non si limita soltanto a realizzare e a fornire servizi sulle torri, ma fa anche servizi aggiunti e soluzioni per la mobilità, ad esempio, ed per altri settori dell’industria”, aggiunge Prosdocimo.

Cosa si può fare per dare un contributo al Sistema Paese? “Cellnex sta partecipando ai bandi della Comunità Europea sul 5G – dice il manager – per la connessione dei corridoi transfrontalieri. Abbiamo lavorato in Italia e in altri paesi europei, in Italia nello specifico abbiamo vinto il bando per il disegno della connessione 5G nel tratto autostradale che va da Udine a Villach, attraverso Tarvisio e altrettanto abbiamo fatto per il Traforo del Fréjus. Questo è avvenuto grazie ad un approccio di sistema. Non soltanto connettività, ma anche un’ipotesi dei servizi che questa connettività può abilitare”.

Quali? Ad esempio, l’Automotive controllato, la possibilità di sensorizzare le autostrade per poter dare maggiore sicurezza, la copertura delle gallerie al servizio da un lato degli automobilisti, dall’altro del gestore delle strade e autostrade che così sono in grado di sapere se c’è o meno la connettività in quel momento attraverso un sistema di sensoristica collegato al centro di controllo per la gestione di interventi o alert in caso di necessità con l’SOS virtuale.

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Smart mobility, Suigo (INWIT): ‘Comuni la vogliono, ma poi 40% di dinieghi a nuove torri’

“Quattro Comuni italiani su cinque sono favorevoli alla smart mobility, ma poi nel 40% dei casi registriamo dinieghi e problemi nella realizzazione di nuove torri nell’ambito del ‘Piano Italia 5G’: Questo è un paradosso che va superato per dispiegare tutti i vantaggi di una copertura capillare del territorio in 4G e 5G”.  Lo ha detto Michelangelo Suigo, Direttore Relazioni Esterne, Comunicazione e Sostenibilità di INWIT, intervistato a margine del suo intervento a ComoLake 2024 – The Great Challenge, nel panel “Trasporti e logistica tra intermodalità e sensoristica delle reti”.

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“Con oltre 24mila torri dislocate capillarmente sul territorio italiano (una torre ogni tre km, che diventa ogni 5-600 metri in città) e oltre 500 coperture dedicate per location indoor DAS (Distributed Antenna System), INWIT ha infrastrutture digitali e condivise che abilitano la connettività 4G e 5G multi-operatore in quasi 5.000 km di autostrade, 1.000 km di gallerie stradali e autostradali, 900 km di TAV e oltre 40 km di metropolitane italiane, come la linea M4 di Milano, prima metropolitana completamente coperta dal 5G in Italia”, ha detto Suigo.

“La Smart Mobility aiuterà a ripensare i trasporti della vita di tutti i giorni – ha aggiunto Suigo -, ma questo sarà possibile solo se le sfide legate all’implementazione di queste infrastrutture saranno accompagnate anche dagli enti locali. L’espansione delle reti mobili e l’installazione di nuove torri richiedono che le importanti semplificazioni normative già adottate a livello nazionale siano recepite in tutti i territori e comuni.  Perché, ad esempio, l’esecuzione degli interventi del Piano Italia 5G – Densificazione del PNRR nelle aree in digital divide, sta registrando oltre il 40% di dinieghi e ostacoli”.

Una ricerca dell’Osservatorio “Connected Car & Mobility” della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato che, a fine 2023, in Italia si contano 16,9 milioni di auto connesse, il 42% del parco circolante, uno ogni quattro abitanti.

Il tema Smart Mobility è considerato fondamentale o molto rilevante da più di quattro comuni italiani su cinque (83%) con popolazione superiore ai 15mila abitanti.

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Sanità digitale, Lucio Golinelli (INWIT): ‘5G in più di 100 ospedali con i nostri DAS indoor’

Il ruolo centrale delle tecnologie e della trasformazione digitale per migliorare il funzionamento del sistema sanitario nazionale fra i temi affrontati in occasione del panel “La sanità tra trasformazioni tecnologiche ed esigenze dei pazienti” in occasione di ComoLake 2024.

“INWIT negli ultimi anni ha sviluppato infrastrutture DAS abilitando strutture ospedaliere al 4G e al 5G – ha detto Lucio Golinelli, Commercial Department Director di INWIT – portando le coperture da fuori, outdoor, alle coperture indoor abilitando così in modo molto più profondo oltre cento ospedali, fra i più importanti in ambito nazionale, da Nord a Sud del paese. Dalla Lombardia alla Sicilia, tutti i principali ospedali sono stati coperti in modo capillare arrivando a servire oltre 50.000 posti letto che beneficiano di una rete stabile e veloce, essenziale per una sanità interconnessa. E’ ovvio che questo è un abilitatore di quei servizi 5G all’interno delle strutture sanitarie”.

Sale operatorie coperte in 5G

Per dare un messaggio concreto, tutte le 50 sale operatorie di uno dei più grandi ospedali italiani sono coperte in 5G. E ancora, un cliente da fuori entra in ospedale magari seguendo un’app medicale, prosegue la sua esperienza all’interno della struttura con lo stesso smartphone, andando direttamente allo studio. Vengono quindi abilitati tutti i servizi al cittadino, ma anche quelli che servono al paramedico nello svolgimento del suo lavoro.

Coperture indoor

“La copertura di una sala operatoria è possibile soltanto grazie ad un potenziamento indoor, perché le coperture esterne non penetrano all’interno degli ospedali – aggiunge Golinelli – anche perché le sale operatorie sono di norma blindate”.

Un altro elemento importante dal punto di vista della sicurezza “è di non creare interferenze con le apparecchiature interne, perché chiaramente ci sono apparati che richiedono un’attenzione particolare – aggiunge – in questo siamo all’avanguardia, perché è ovvio che un’interferenza fra le tecnologie mobili 5G, 4G e quelle che sono le strutture interne ospedaliere tradizionali degli apparati medicali non devono assolutamente interferire in alcun caso. E questo è garantito”.    

Ospedali “siti sensibili”

È importante segnalare che, ad oggi, molte amministrazioni locali classificano gli ospedali come “siti sensibili”, ovvero aree in cui non è consentita l’installazione di macro-siti come le torri di telecomunicazione. Tali restrizioni costituiscono un significativo ostacolo alla digitalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, poiché i macro-siti rappresentano una tecnologia complementare per la realizzazione di micro-impianti come i DAS, fondamentale per garantire una copertura indoor efficace all’interno degli ospedali”, ha concluso Golinelli.

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L’UE investe 865 milioni di euro in 5G e fibra

L’impegno fa parte del programma CEF Digital in corso della Commissione, il cui obiettivo principale è supportare e catalizzare gli investimenti, pubblici e privati, nelle infrastrutture di connettività digitale di comune interesse europeo.

In cima alla lista per i finanziamenti ci sono le reti. E non potrebbe essere altrimenti, visto l’obiettivo della Commissione per il 2030 di fornire sostanzialmente a tutti in Europa una copertura di rete 5G e gigabit entro la fine del decennio.

5G, priorità Ue: Progetti su larga scala, edge e cloud

In particolare, la Commissione sta cercando di cofinanziare progetti su larga scala che spingeranno l’implementazione di reti gigabit e 5G autonome, nonché l’integrazione di capacità di edge cloud e computing in settori verticali come sanità, produzione, trasporti e logistica.

Anche le reti backbone vengono prese in considerazione; la Commissione sta parlando di nuove implementazioni e aggiornamenti significativi, esaminando i cavi sottomarini e il calcolo quantistico. Il terzo filone del programma riguarda l’implementazione di quelle che la Commissione definisce piattaforme digitali operative per le infrastrutture di trasporto o energetiche.

“Migliorare la nostra connettività è di importanza strategica nell’UE. E con questo secondo programma di lavoro puntiamo a connettere più cittadini e aziende e a lanciare infrastrutture di connettività più innovative”, ha detto Margrethe Vestager, vicepresidente esecutivo per un’Europa adatta all’era digitale, in una dichiarazione preconfezionata.

Le aziende desiderose di assicurarsi una parte dei finanziamenti dell’UE non dovranno aspettare a lungo… fino all’apertura del prossimo round del concorso, cioè; l’effettiva assegnazione dei finanziamenti di solito richiede tempo.

La Commissione ha affermato che lancerà il quarto bando di finanziamento nell’ambito del CEF Digital “nei giorni successivi”, invitando le parti interessate a partecipare a eventi informativi sulle priorità del programma e sugli aspetti pratici del processo di assegnazione.

Un anno per conoscere i vincitori

Se i bandi precedenti sono un indicatore, ci vorrà quasi un anno prima di sapere chi ha avuto successo.

La Commissione ha annunciato i risultati del suo secondo bando alla fine dell’anno scorso, selezionando 42 progetti su 69 proposte presentate il marzo precedente. In quel bando, sono stati stanziati 260 milioni di euro, la quota maggiore è andata a Infraestruturas de Portugal per Atlantic CAM, un sistema via cavo progettato sia per le comunicazioni che per le capacità di sensori che collega il Portogallo continentale con le Azzorre e Madeira.

Il terzo bando si è chiuso a febbraio, dopo aver attirato 74 proposte da aziende e consorzi a fronte di una quota di 241 milioni di euro. Le proposte sono state suddivise in tre aree:

  1. copertura 5G lungo i corridoi di trasporto;

2. 5G ed Edge per le comunità intelligenti;

3. e connettività backbone per i Digital Global Gateway.

All’epoca la Commissione ha detto che avrebbe valutato le proposte in vista della pubblicazione dei risultati in autunno, ma finora non ci sono state novità.

Connecting Europe Facility

CEF Digital fa parte del più ampio Connecting Europe Facility e ha un budget totale di 2,07 miliardi di euro, sebbene la Commissione faccia spesso riferimento anche a un fondo di 1,6 miliardi di euro per le sovvenzioni CEF Digital, il che confonde un po’ le acque.

Questo ultimo investimento da 865 milioni di euro è già contabilizzato in quel budget complessivo, quindi non si tratta di un nuovo investimento in quanto tale. Si tratta piuttosto di un caso in cui la Commissione Europea spinge con i suoi piani di spesa per le infrastrutture digitali. Il progresso è sempre una buona cosa, ma con il 2030 ormai sempre più vicino, Bruxelles dovrebbe accelerare l’assegnazione dei fondi.

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Come cambiano le infrastrutture digitali, tra AI e 5G

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..

Le infrastrutture digitali che oggi supportano la nostra vita quotidiana non sono più semplicemente dei canali per far circolare informazioni, ma il motore invisibile di un’economia sempre più basata su dati, intelligenza artificiale e connettività globale. Il traffico dati globale continua a crescere a ritmi vertiginosi: nel 2029, tra soli cinque anni, si stima che raggiungerà 466 exabyte al mese, complice l’adozione massiccia del 5G e l’espansione delle reti Fixed Wireless Access o FWA (per conoscere le migliori offerte in ambito di Internet casa tradizionale o con FWA, basta dare un’occhiata ai comparatori di SOSTariffe.it)​. Ma questa crescita, del tutto senza precedenti e imprevedibile anche considerando i tassi ritenuti affidabili fino a pochi anni fa, richiede più di semplici ampliamenti infrastrutturali: le reti devono diventare più intelligenti, adattabili e sicure. In questo contesto, l’intelligenza artificiale (AI) e la virtualizzazione delle reti stanno assumendo un ruolo centrale: on si tratta solo di migliorare la velocità o la capacità delle reti, ma di ridisegnare da zero come i dati vengono gestiti, distribuiti e protetti.

A che cosa può servire la virtualizzazione delle reti

Il mondo connesso non si accontenta di crescere, ma si si espande a velocità esponenziali. Nel 2022, il traffico dati globale ha già raggiunto i 396 exabyte al mese, e con la previsione di arrivare a 466 exabyte entro il 2029, è chiaro che siamo di fronte a una sfida colossale​. Questo incremento è spinto da una serie di fattori, tra cui l’aumento del consumo di video in streaming, la diffusione dei dispositivi IoT (Internet of Things) e le applicazioni emergenti come la realtà aumentata e virtuale.

Sbaglia però chi pensa che per risolvere il problema sia sufficiente aumentare le reti esistenti, esattamente come non si risolve il traffico aggiungendo nuove strade e nuove corsie senza cognizione di causa. È necessario ripensare tutta la gestione, perché le soluzioni tradizionali, basate su infrastrutture hardware fisiche, non sono più sufficienti per affrontare queste nuove dinamiche. È qui che entra in gioco la virtualizzazione delle reti, un concetto che permette di gestire il traffico dati in modo più dinamico e flessibile. Progetti come il Janus di Comcast, che utilizza tecnologie AI per la gestione del traffico in tempo reale, sono esempi di come l’industria stia cercando di rispondere a questa crescita.

Così la virtualizzazione, un tempo considerata una soluzione sperimentale, è ora al centro della strategia di gestione delle reti, visto che questo approccio consente di spostare le funzioni di gestione del traffico dati su piattaforme cloud, riducendo la dipendenza da hardware fisico e aumentando la capacità di adattarsi rapidamente a fluttuazioni di traffico.

La rete che cura sé stessa

Poiché gestire il volume crescente di dati richiede più di semplici aggiornamenti infrastrutturali ma richiede reti più “intelligenti”, l’intelligenza artificiale sta rapidamente diventando il fulcro della gestione del traffico e delle risorse digitali in virtù delle sue caratteristiche intrinseche di rapidità, capacità di confronto su larghissima scala e flessibilità. La sua capacità di analizzare enormi quantità di dati in tempo reale, identificare anomalie e ottimizzare i flussi di traffico sta rivoluzionando la gestione delle reti.

Si è accennato al progetto Janus di Comcast, uno dei pionieri in questo campo. Utilizzando AI e tecniche di machine learning, Janus consente di monitorare e ottimizzare le reti in tempo reale, riducendo i tempi di inattività del 25% durante i picchi di traffico e migliorando l’affidabilità. Queste reti AI-driven hanno potenzialità di tutto rispetto: fra le altre cose, sono anche in grado di “autodiagnosticarsi”, identificando problemi prima ancora che diventino visibili agli utenti e intervenendo automaticamente per risolverli. In più, Janus permette di scalare dinamicamente la capacità di rete in risposta ai picchi di traffico, come durante eventi sportivi in streaming in alta definizione o situazioni di grande consumo di dati e ridurre l’impatto ambientale, grazie all’uso di hardware più efficiente e all’ottimizzazione dei consumi energetici nelle reti virtualizzate.

Oltre alla gestione del traffico, l’intelligenza artificiale gioca un ruolo cruciale nella sicurezza. L’adozione di tecnologie AI da parte di aziende come Fortinet ha dimostrato che l’AI può ridurre notevolmente i tempi di risposta agli attacchi informatici, soprattutto nel rilevamento di minacce sconosciute​; uesto tipo di risposta automatizzata è fondamentale per proteggere infrastrutture sempre più complesse e bersagliate da attacchi informatici sofisticati.

Non fidarsi mai di nessuno

Mentre le reti diventano più complesse, anche le minacce informatiche si evolvono. Per questo motivo, la sicurezza digitale è diventata una delle principali preoccupazioni per le aziende e i governi. Il modello di sicurezza “zero trust”, che si basa sul principio di “mai fidarsi, sempre verificare”, è diventato uno standard nell’era delle reti virtualizzate. Il principio alla base di “zero trust” è semplice: non importa chi o cosa richiede accesso a una rete, ogni richiesta deve essere autenticata e verificata. Questo approccio si è dimostrato particolarmente efficace nel prevenire accessi non autorizzati, anche da utenti apparentemente fidati. C’è però da dire che la complessità delle reti moderne richiede più di semplici verifiche manuali, e così l’intelligenza artificiale viene ora utilizzata per monitorare continuamente le reti, identificando potenziali minacce e agendo in modo proattivo per prevenire attacchi.

Le interruzioni su larga scala, come quella causata dall’aggiornamento difettoso di CrowdStrike che ha coinvolto oltre 8,5 milioni di dispositivi Windows, hanno messo in luce la vulnerabilità delle infrastrutture globali e la necessità di soluzioni di sicurezza avanzate​. La combinazione di AI e zero trust non solo migliora la protezione, ma riduce anche la possibilità di errori umani, garantendo una sicurezza più solida e affidabile.

Il ruolo del 5G nella telefonia mobile

Un ruolo importante nella gestione delle nuove infrastrutture digitali, per quanto riguarda la telefonia mobile, spetterà ovviamente anche al 5G, una delle innovazioni più rilevanti nel panorama delle telecomunicazioni moderne. Secondo l’Ericsson Mobility Report, entro il 2029 il 5G gestirà circa il 75% del traffico dati mobile globale. La tecnologia non solo aumenterà la capacità delle reti, ma permetterà anche di offrire servizi innovativi come il network slicing, che consente di dedicare porzioni personalizzate della rete a specifiche applicazioni o settori. Il 5G ha anche il potenziale di trasformare l’industria attraverso l’adozione di applicazioni di realtà aumentata e virtuale, veicoli autonomi e sistemi di controllo industriale a distanza. Gestire questo volume di traffico richiederà infrastrutture altamente scalabili, ancora una volta supportate da AI e strategie di virtualizzazione, per garantire la flessibilità e la resilienza necessarie.

Fonti: https://www.ericsson.com/en/reports-and-papers/mobility-report/dataforecasts/mobile-traffic-forecast

https://www.illumio.com/blog/top-cybersecurity-news-stories-from-september-2024

https://newsroom.cisco.com/c/r/newsroom/en/us/a/y2018/m11/cisco-predicts-more-ip-traffic-in-the-next-five-years-than-in-the-history-of-the-internet.html

https://www.infopulse.com/blog/telecom-network-optimization-ai

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5G e Digital Divide, il ‘pasticciaccio’ della Regione Toscana e la soluzione francese. Video intervista con Nicola Pasquino (Federico II) e Marco Bussone (Uncem)

 Un webinar per parlare di 5G e Digital Divide alla luce della polemica che si è accesa dopo l’annuncio dello studio epidemiologico della Regione Toscana sugli effetti del 5G in 6 città, criticata (inutilmente) da parte del Commissario Agcom Antonello Giacomelli visto che il Governatore Eugenio Giani tira dritto. Ne abbiamo parlato con Nicola Pasquino, Professore di Misure Elettriche ed Elettroniche, Università di Napoli Federico II e Marco Bussone, Presidente nazionale UNCEM, l’Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani.

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Un momento di riflessione fondamentale per fare il punto sullo sviluppo del 5G nel nostro paese, che deve fare i conti con diversi ostacoli di carattere culturale e politico. Forse che l’unica soluzione del problema è lo spegnimento del 4G, come ventilato in Francia? Questa la domanda paradossale che abbiamo posto ai nostri ospiti.

Fra i temi trattati il valore scientifico di una indagine regionale, alla luce delle evidenze scientifiche dell’OMS che negano l’impatto del 5G sulla salute.

Il punto della situazione dopo l’entrata in vigore dell’innalzamento dei nuovi limiti elettromagnetici in Italia dello scorso mese di aprile.

Le ordinanze di alcuni comuni, in particolare nel Tigullio ligure, che hanno bloccato l’installazione di nuovi impianti 5G in contrasto con le nuove norme nazionali.

Il punto della situazione sul Digital Divide nel nostro paese, un problema alquanto sentito e denunciato a pié sospinto dall’Uncem, anche in relazione al mancato utilizzo dei fondi del PNRR.

Infine, un accenno a Starlink: l’azienda di Elon Musk può rappresentare una valida soluzione anti digital divide?  

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5G, gli operatori francesi cercano di rilanciarlo. Bisogna spegnere il 4G?

In piena guerra dei prezzi, gli operatori francesi stanno facendo di tutto per “drogare” l’adozione della nuova generazione di telefonia mobile, che anche Oltralpe stenta a decollare. Ne ha scritto diffusamente Les Echos, illustrando le diverse strategie degli operatori mobili francesi per dare nuova linfa al 5G, una generazione che non ha mai veramente fatto breccia nel cuore dei consumatori, già soddisfatti delle prestazioni del 4G.

Per il 5G standalone bisogna spegnere il 4G?

Ma per il lancio del vero 5G standalone, che in Francia ribattezzeranno 5G+ (per non confonderlo con il finto 5G che funziona sugli impianti del 4G, che però è diventato quello classico), sarà necessario prima spegnere il 4G? Sono molti che cominciano a domandarselo in Francia ma anche in Italia, dove il Governo chiederà all’Europa tramite IPCEI di finanziare il vero 5G standalone e integrare le reti satellitari. A porre il tema su Linkedin Dario Denni, fondatore di Europio Consulting.

Il quadro in Francia

In questo momento soffia un’aria di offensiva commerciale in Francia, per far decollare appieno un 5G che stenta ad affermarsi, diversamente da quanto avvenuto in precedenza con il 4G che aveva da subito conquistato il mercato.

I numeri parlano chiaro, secondo dati dell’Arcep, l’Agcom francese, ci sono in Francia 15,6 milioni di Sim 5G a fronte di 73 milioni di Sim 4G.

C’è da dire che tutti gli operatori francesi – Free, Orange, Bouygues ed SFR – come in Italia non hanno ancora lanciato in maniera massiccia un’offerta 5G standalone. Il vero 5G anche in Francia è per ora limitato a casi sporadici nel segmento di elezione, che è quello aziendale del B2B. Ma per il momento si tratta di una nicchia di scarsa entità, visto che anche in Francia come in Italia non si è riusciti ancora a far passare il messaggio dei reali vantaggi del vero 5G nel mondo delle aziende, che è da sempre il vero target (mancato) del 5G.

Alle Olimpiadi di Parigi clienti Orange migrati gratis sul 5G. Ma poi tornati al 4G

C’è poi, purtroppo, un’altra evidenza dello scarso appeal del 5G. Durante le Olimpiadi di Parigi, per evitare congestioni delle reti mobili, Orange ha deciso di migrare gratis e temporaneamente i clienti sul 5G per decongestionare il 4G. Ma dopo i giochi i clienti Orange, che hanno provato temporaneamente il 5G, sono tornati automaticamente al 4G. Si vede che il vecchio standard per ora è sufficiente.

5G vero o falso?

Le prime implementazioni del 5G in Francia hanno utilizzato principalmente il 5G NSA (“non autonomo”), che si basa sull’infrastruttura 4G esistente. Questa modalità consente di migliorare la velocità facendo affidamento sulle bande di frequenza 4G, che hanno facilitato un’implementazione più rapida. Il 5G SA (“standalone”) è invece indipendente dal 4G e rappresenta la versione completa del 5G. Offre latenze molto basse, velocità più elevate e funzionalità avanzate come il “network slicing”, che consente di adattare la rete a usi specifici. Per comodità chiamiamo 5G SA “vero 5G”, anche se il nome commerciale che potrebbe benissimo essere utilizzato lo è 5G+.

In altre parole, al momento in Francia (ma lo stesso vale anche in Italia per ora) con 5G si intende il finto 5G, quello che funziona sugli impianti del 4G.

Il 5G standalone in Europa e in Italia

Ad oggi, il 5G SA è diffuso in meno del 20% delle aree popolate dell’UE, secondo stime del CNIT (Consorzio nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni), mentre uno studio della CE del 2023 mette in evidenza la necessità di un investimento ingente – da 200 miliardi di euro – per sviluppare una rete 5G SA fissa e mobile e per coprire completamente i corridori di trasporto (strade, linee ferroviarie e linee marittime).

Per quanto riguarda la situazione in Italia, il 5G è accessibile nel 99,5% delle zone popolate, ma la copertura non è di natura standalone nemmeno nel 50% dei casi. La speranza è che l’IPCEI proposto dal nostro Governo venga approvato e che la situazione cambi diametralmente entro il 2029.

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Satellite e 5G standalone in cerca di incentivi Ue: il piano del Governo in vista della Manovra

Satellite e reti Tlc, Digital Decade, 5G standalone e frequenze citati nel “Piano strutturale di bilancio di medio termine Italia 2025-2029”, il documento di preparazione alla Legge di Bilancio elaborato dal MEF.  

Il Governo vuole sostenere l’integrazione fra reti satellitari e terrestri

“Il Governo – si legge nel documento – intende incentivare e sostenere reti per telecomunicazioni sicure e resilienti, mediante la costituzione di un IPCEI da presentare alla Commissione, al fine di supportare l’integrazione tra le reti terresti e reti satellitari. Tramite lo stesso strumento si prevede di realizzare reti innovative 5G stand alone, per sostenere gli attori del comparto TLC a dotarsi di reti e sistemi di ultima generazione”.

Nei piani del Governo c’è quindi, da un lato, la volontà di integrare sempre più le reti di comunicazione satellitare con quelle terrestri. Dall’altro, quella di favorire lo sviluppo nel nostro paese di una vera rete 5G standalone, in grado di supportare servizi mission critical altrimenti preclusi come ad esempio la sanità digitale e la guida senza conducente.

Che cosa è un IPCEI?

Gli IPCEI (Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo) sono progetti finanziati a livello europeo, a titolo dei bilanci nazionali: gli Stati membri sono chiamati in prima istanza a individuare il tipo di progetto, a selezionare (preferibilmente a seguito di inviti aperti) le imprese partecipanti e a concordare la governance del progetto.

In che modo gli stati finanziano il Fondo IPCEI?

Le forme di sostegno pubblico che gli Stati membri mettono a disposizione degli IPCEI e delle imprese che vi partecipano, che costituiscono aiuti di Stato ai sensi delle norme dell’UE, devono essere notificate alla Commissione, affinché questa le valuti e le approvi.

Fondo IPCEI: come opera la Commissione UE?

La Commissione sostiene i piani elaborati dagli Stati membri e dall’industria, e fornisce orientamenti e coordina gli sforzi, se necessario, e si impegna ad effettuare una valutazione rapida dei progetti non appena questi vengono notificati. Una volta formalmente notificati, la Commissione valuta i progetti proposti alla luce della comunicazione sugli IPCEI.

Obiettivi degli IPCEI

Gli IPCEI riuniscono conoscenze, competenze, risorse finanziarie e attori economici di tutta l’Unione europea per raggiungere obiettivi di innovazione radicale e di grande rilevanza tecnologica e produttiva.

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