Registro delle opposizioni esteso al mobile, le prossime tappe verso il decreto

Le nuove regole contro il telemarketing selvaggio sono alle porte e l’estensione del registro delle opposizioni ai cellulari rappresenta il cuore della riforma, che attende soltanto l’emanazione del decreto ad hoc per entrare in vigore. Un passaggio molto atteso, soprattutto da parte dei cittadini consumatori, che a breve (probabilmente entro fine anno) avranno la possibilità di inserire il loro numero fisso non presente negli elenchi pubblici ma soprattutto quello mobile nel nuovo registro delle opposizioni, gestito dalla FUB (Fondazione Ugo Bordoni), il braccio operativo del Mise sul fronte Ict e dello spettro radio, che dalla nascita del registro ha verificato 4 miliardi di numeri in sette anni, incrociando soltanto quelli fissi presenti sugli elenchi pubblici (13 milioni di numeri). In futuro i controlli riguarderanno anche i 7 milioni di numeri fissi non presenti in elenco o riservati, più i 99 milioni di numeri cellulari (SIM) che, secondo i dati Agcom, sono presenti in Italia. Insomma, sono circa 120 milioni i numeri sotto potenziale controllo del nuovo registro delle opposizioni, quasi dieci volte tanto rispetto ai 13 milioni di numeri fissi da gestire finora. Un bel salto che va gestito con oculatezza.

 

Tavolo interistituzionale al Mise

Tanto che in questi giorni proseguono i lavori del tavolo tecnico interistituzionale istituito al Mise, al quale partecipano Agcom, Garante Privacy e le maggiori associazioni di categoria, istituito subito dopo l’approvazione della legge a dicembre 2017.  Priorità del tavolo tecnico è la stesura del nuovo regolamento del registro delle opposizioni, che deve tenere conto dell’enorme cambiamento legato all’apertura agli smartphone. Il nuovo regolamento è in dirittura d’arrivo e dovrebbe essere pronto a giorni, per passare poi al vaglio di Agcom e Garante Privacy, che avranno 30 giorni per un parere. Dopo di che, il testo andrà alla Presidenza del Consiglio, per passare poi al Parlamento per l’approvazione e infine a pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

A occhio e croce, è ragionevole ipotizzare che la nuova normativa possa entrare in vigore entro fine anno. Dopodiche ci saranno tre mesi di tempo per testare sul campo il nuovo regime.

Visti i numeri in ballo, è facile prevedere che, con il nuovo regime di contrasto al telemarketing selvaggio – che peraltro prevede per i consumatori la revoca di tutti i consensi concessi in passato, quel ‘reset’ richiesto esplicitamente dal Garante Privacy – la quantità di verifiche sulle numerazioni aumenterà in maniera esponenziale. Allo stesso modo si amplierà la platea di operatori di telemarketing che, in base alle nuove norme, dovranno obbligatoriamente rivolgersi alla FUB per controllare e consensare le loro liste di numeri. Il che rappresenta un cambiamento sostanziale, visto che oggi i contact center hanno facoltà (se vogliono) ma non il dovere di passare dalla FUB per consensare le loro liste, mentre con la nuova normativa è previsto invece l’obbligo per gli operatori di controllare una volta al mese che le loro liste di numeri sono pulite, confrontandole con le numerazioni del registro delle opposizioni. Questo passaggio sarà necessario anche se le società di telemarketing dispongono di liste consensate.

 

Sistema sempre più automatizzato

Il nuovo regolamento è stato scritto perché il sistema sia il più automatizzato possibile, anche perché prevede che l’inserimento di una numerazione nel registro avvenga in tempi stretti (entro 24 ore dalla richiesta).

In sintesi, in futuro aumenteranno le numerazioni da controllare, aumenteranno i soggetti obbligati ai controlli e cresceranno in maniera esponenziale le verifiche necessarie per aggiornare costantemente il nuovo registro delle opposizioni esteso al mobile.

Il registro delle opposizioni è ad oggi una macchina oliata ed è prevedibile che l’aumento dei volumi di controllo avrà un impatto anche sull’impianto tariffario dei controlli da applicare agli operatori, allo studio appunto del Mise e del tavolo tecnico, che sta lavorando per contemperare tutte le voci di costo che andranno a comporre le nuove tariffe per gli operatori alla luce dell’ampliamento al mobile. Operatori che certamente hanno tutto l’interesse a poter disporre di liste comprovate e sempre aggiornate, per svolgere al meglio il loro lavoro.

 

La campagna di Key4biz contro il telemarketing selvaggio 

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LA DEFLAZIONE SALARIALE CON IL “METODO CALENDA”, TRE VOLTE INGIUSTA, PORTERA’ L’ITALIA ALLA ROVINA.

Cari amici,

Oggi un carissimo amico mi ha mandato un cartello che potrebbe descrivere in modo inequivocabile la situazione dell’economia e dello stato italiano:

La disperazione è il prezzo che si paga quando ci si pone un obbiettivo impossibile“.

Il problema è che Calenda , se in buona fede, si è posto un obiettivo impossibile e , sinceramente, le minacce di ritorsioni risultano un po’ patetiche, più una conferma della propria assoluta impotenza, che una dimostrazione di attivismo. Il Corriere sulla materia  ha pubblicato questo articolo:

Ragioniamo un attimo : Calenda dà per scontato che se l’Embraco, La Honeywell o altre aziende si relocalizzino perchè gli altri paesi giocherebbero sporco.  Purtroppo io dubito che le cose stano così. Diamo qualche dato:

Ora una scheda in cui confrontiamo il costo dell’energia:

Seriamente la Slovacchia deve ancora fornire dei fondi specifici per la rilocalizzazione delle aziende? Non fornisce già abbastanza motivi per farlo ? Al contrario il fondo supposto per “Tenere le aziende in Italia” si configurerebbe come un secco aiuto di stato, una brutale violazione della natura dei trattati , dell’Unione e, ancora prima perfino della vecchia Comunità Economica Europea.

Il problema è che la missione di Calenda è impossibile. L’entrata nell’Unione Europea e nell’Euro, non pensati in modo razionale, ma fatti sull’onda del desiderio di voler mettere un “Vincolo esterno” al paese si è rivelata innaturale ed antieconomica. Per poter tornare competitivi dovremmo forzare una deflazione salariale fortissima, in parte già in corso, ma non aocora completa, come indicano i tassi di disoccupazione e sottoccupazione elevatissimi. Ceto lo stesso Calenda dà una mano a questa deflazione, in modo subdolo e maligno, scaricando sulla collettività costi impropri, questi si veri e propri aiuti di stato. Riportiamo un brano dell’Huffington Post , un giornale di sicuro non antigovernativo, sul tema del costo dell’energia elettrica:

Invece uno dei motivi veri dell’aumento in bolletta, che Tabarelli dimentica, è lo “sconto” alle industrie energivore che verrà pagato dagli altri consumatori, comprese le famiglie. In pratica, le imprese energivore pagano di meno per quello che consumano e inquinano e il costo va in bolletta. Uno sconto accettato dall’Unione europea dopo lunghe trattative e giustificato dal fatto che i grandi consumatori in Italia pagano di più della media europea. Vero. Peccato però che nel concedere lo sconto il Governo non abbia imposto a quelle aziende energivore alcun impegno per diventare più efficienti; nessuna prospettiva di miglioramento da questo punto di vista; altra dimostrazione che, esattamente come succede con i concessionari per le scelte in materia di trasporti e le priorità infrastrutturali, in Italia le scelte vere sull’energia le fanno le imprese energivore e l’Eni.

Qual’è la via Calendiana alla deflazione salariale? Non potendo abbassare direttamente gli stipendi carico la collettività di una serie di costi impropri, elevatissimi, che vanno a favore di una ristretta cerchia di aziende (spesso private e non italiane) che si trovano ad utilizzare grandi quantità di energia (mi viene in mente un nome fra tutti, l’ex Alcoa). La deflazione salariale è ancora più subdola perchè:

  • nascosta dentro le bollette elettriche, come il canone RAI;
  • colpisce tutti, indistintamente, poveri e disoccupati compresi;
  • distorce il mercato a favore di un piccolo nucleo di aziende e svantaggiando quelle non energivore, che vengono rese ancora meno competitive.

Il “Metodo Calenda” è una vera porcheria tesa a fare qualche nome da mettere sul giornale, ma che non aiuta nel complesso la struttura industriale ed economica italiana, anzi la rende squilibrata e fragile e che giunge a questo risultato attraverso un massacro sociale. Tutto questo per nascondere il vero profondo problema: un euro malfatto, che fa correre somari e cavalli nello stessa gara pretendendo che i primi, come per magia , si trasformino nei secondo nell’arco di un giro, ed un’Unione nata con un’idea imperiale di espansione che non ha tenuto conto degli effetti derivanti da un’espansione ad est sconclusionata.

La vera cura sarebbe rimettere in equilibrio le strutture economiche e competitive europee tramite la ripresa dell’autonomia monetaria e di bilancio, effettuando quindi forti investimenti nelle infrastrutture fisiche e sociali, quali l’energia, i trasporti, ma anche  l’istruzione, per poi tornare a essere veramente competitivi a livello internazionale. Una via di giustizia, una via di logica, ma anche una via che sentirebbe il mantra seguito dal centro sinistra e da Confindustria negli ultimi 25 anni. Cioè richiederebbe un po’ di autocritica e di umiltà, ma l’arroganza del potere e dello stesso Minsitro per lo Sviluppo Economico non saranno mai in grado di capirlo. Questa è la vera sconfitta dell’Italia.


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