Firenze è una città luminescente: ha consacrato un ponte agli ori e, anticamente, l’evento più atteso della festa del patrono San Giovanni era l’ostensione dell’Altare d’Argento in Battistero, che era nascosto agli occhi tutti gli altri giorni dell’anno. Questo paramento, realizzato in oltre un secolo (1367-1483), ha dalla sua 200 chili d’argento e un numero quasi incalcolabile di nicchie e statue. È stato un lavoro a svariate mani: Antonio del Pollaiolo, Verrocchio (il maestro di Leonardo) e Michelozzo, tra gli altri.
Settecento metri più in là, a Palazzo Strozzi, c’è la lucentezza diversa, data da un materiale moderno. L’acciaio di Jeff Koons non ci chiede di osservarlo al riverbero di una candela, perdendoci tra i sentieri d’ombra di bulini e santi (pensiamo a come poteva guardare un fedele nel ‘400…). Nei suoi conigli, cani e veneri possiamo però specchiarci.
“La levigatezza è il segno distintivo del nostro tempo. É quello che accomuna Jeff Koons, l’iPhone e la depilazione brasiliana; essa non ferisce, chiede solo un like”, scriveva nel 2019 il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han. Può essere; tuttavia, l’artista l’ha tirata fuori dal cappello venti anni prima della creatura di Apple. E l’arte, può anche essere il sussurro del secondo tempo che ancora dobbiamo giocare.
A proposito, tanti auguri, Jeff Koons ora che ti affacci anche tu al tuo “terzo tempo” (ma non lo diremo a nessuno).
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