Immuni, lanciata negli app store degli italiani nel giugno del 2020, era stata sviluppata a tempo di record e gratis dalla startup milanese Bending Spoons e aveva passato diversi test internazionali con il massimo dei voti. Che fine ha fatto?
Ad oggi si contano oltre dieci milioni di download, erano circa 8.300.000 ad ottobre. Finora il contributo dell’applicazione alla strategia di contenimento della pandemia è stato irrilevante. A dirlo sono i numeri: solo 11.500 utenti hanno registrato la propria positività sull’app, e circa 88mila persone hanno ricevuto una notifica di esposizione. Sono pochissimi, se si considerano le decine di migliaia di contagi giornalieri registrati ogni giorno nel nostro Paese durante la seconda ondata della pandemia.
Difficile non parlare di fallimento.
TANTI I PROBLEMI DI FUNZIONAMENTO DELL’APP
Quando un test era positivo, i medici generalmente non inserivano i dati sull’app e nessuno veniva avvertito del possibile contatto. Allora in un Dpcm era stato ribadito che inserire quei dati per il personale medico era obbligatorio. Non cambiò nulla. Qualcuno fece presente che dietro l’app mancava un sistema che assistesse le persone, tra test e quarantene: mancava un call center. Allora in un altro decreto fu stanziato un milione di euro per farlo. Ma nemmeno con il call center si sono raggiunti gli obiettivi.
Gli utenti hanno espresso tante difficoltà a utilizzare efficacemente Immuni: codici, differenze regionali e complicanze burocratiche non hanno supportato il sistema di tracciamento tramite app.
Il risultato del mancato coordinamento del tracciamento digitale lo si può osservare poi nel divario fra il numero di download dell’app e quelli relativi all’effettivo utilizzo per segnalare un test positivo. Gli oltre 11.000 utenti che hanno segnalato la propria positività rappresentano circa lo 0,11% del totale dei download. Per confronto, l’app tedesca Corona-Warn-App, arrivata più tardi rispetto a Immuni, ha registrato fino ad oggi circa 237.000 segnalazioni di positività, numero che rappresenta lo 0,9% rispetto ai 24,5 milioni di download. Il Robert Koch Institut condivide anche un altro dato, che in Italia sembra pressoché impossibile da reperire, ovvero quello sul numero di laboratori che sono connessi all’infrastruttura tecnica di Immuni. “Circa il 90% dei laboratori che offrono test PCR è collegato a Corona-Warn-App”, e sono dunque in grado di fornire i codici necessari al tracciamento digitale. Difficoltà iniziali a parte, questa infrastruttura per l’applicazione tedesca è stata attiva e funzionante fino dal primo giorno di disponibilità dell’applicazione, con un numero di laboratori collegati in costante crescita su tutto il territorio federale.
ALTRE APP EUROPEE
Il fallimento di Immuni era mitigato dal fatto che anche negli altri paesi le app di tracciamento dei contatti stessero faticando, anzi, pareva che fosse un mezzo disastro. Ma adesso arrivano i risultati di una ricerca scientifica, la prima sull’efficacia delle app di contact tracing, e viene fuori che nel Regno Unito funziona.
Fra la fine di settembre 2020, poco dopo essere stata rilasciata, e la fine di dicembre, l’app NHS Covid-19 ha mandato in Inghilterra e in Galles un milione e 700 mila notifiche prevenendo circa 600 mila contagi. È servita a spezzare la catena del virus e a proteggere le persone e le rispettive comunità. Come è stato possibile? Partiamo dal numero di utenti: in Inghilterra e in Galles il 56% delle persone con uno smartphone hanno scaricato la app di contact tracing
Anche la già citata app tedesca ha funzionato come previsto. Il governo di Angela Merkel, inoltre, non ha mai smesso di considerare l’app come uno dei pilastri della strategia anti-Covid tedesca e ha proseguito nella promozione pubblicitaria di Corona-Warn-App durante tutta la seconda ondata della pandemia.
LA COMUNICAZIONE DI IMMUNI
Disinteresse istituzionale, se non negazione, e una campagna comunicativa debole e inefficace hanno contribuito fortemente alla debacle di Immuni, a tutti gli effetti un prodotto sanitario di interesse nazionale con responsabilità politiche.
Ancora una volta, gran parte della politica ha dato il peggio di sé, con l’aggravante di stare a discutere di una situazione sanitaria con questioni di vita o di morte e non di una seduta in Parlamento.
Lega e Fratelli d’Italia sono stati subito granitici contro Immuni: «Così com’è l’app non funziona, e crea problemi; non abbiamo il governo della sanità e crea solo una babele ingestibile dove il cittadino decide cosa fare e cosa non fare», attaccava Luca Zaia.
Matteo Salvini era ancora più duro: «Non scarico l’app fino a quando non sarò sicuro che i dati degli italiani, la loro vita privata, non vadano in mano a qualcuno che ha magari soci cinesi. Ci penso 18 volte… perché la Cina non è una democrazia». Stesso pensiero espresso da Giorgia Meloni: «Non è tollerabile pensare che milioni e milioni di cittadini possano essere schedati dal governo senza che il Parlamento italiano sia stato coinvolto». «È liberticida e inefficace: me lo hanno detto tutti», sosteneva il senatore Ignazio La Russa.
Importanti esponenti istituzionali hanno così scoraggiato colpevolmente e irresponsabilmente l’uso di Immuni, tra l’altro tirando in ballo questioni fantasiose quanto errate come quella della privacy. Curioso che Salvini denunci Immuni e rischi di violazione della privacy da parte dei cinesi quando usa ogni giorno il social cinese TikTok, già segnalato come poco sicuro per la sicurezza dei dati e il controllo del governo di Pechino.
Nella comunicazione pubblica, il ministro della Salute Roberto Speranza non è mai stato particolarmente entusiasta nei confronti di Immuni: non l’ha praticamente mai citata nei suoi discorsi pubblici, il livello di coinvolgimento dei funzionari del ministero nel progetto è spesso stato piuttosto ridotto, e buona parte delle operazioni è stata messa sotto la responsabilità del commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri.
Altro aspetto: negli ultimi mesi del 2020, quando ce ne sarebbe stato più bisogno, le campagne promozionali dell’applicazione sono diminuite fino quasi a scomparire e il dibattito pubblico sul Coronavirus si è spostato su altri temi in primis, i vaccini.
Il flop di Immuni è anche social: Arcuri ha pagato 2 euro per ogni “mi piace” alla pagina Facebook di Immuni. Il commissario aveva affidato un appalto da 40mila euro a una società per curarne la comunicazione digitale. Che ha raccolto appena 19mila like. Immuni era chiamata a tracciare e istruire i contagiati, centinaia di migliaia di italiani, che hanno visto e vissuto l’app più come un fastidio che un prezioso alleato. La buona riuscita di un progetto, nel mondo dell’informazione e comunicazione digitale, passa e doveva passare anche per questa via, una via percorsa male e abbandonata da un paese e un governo troppo in ritardo sull’innovazione e la visione digitale.
QUALE FUTURO PER LE APP DI TRACCIAMENTO
Che ne sarà di Immuni nei prossimi mesi? Cosa ne farà il governo Draghi? Verrà rilanciata o finirà nel dimenticatoio? Il rischio è che data la scarsa adozione e soprattutto la scarsa efficacia, il destino dell’app sia purtroppo segnato e che il nome “Immuni” non susciti più interesse e fiducia nell’opinione pubblica.
Un’idea da non escludere potrebbe essere quella del re-branding, con un cambio di nome e un rilancio pubblicitario adeguato.
La Francia ha fatto proprio così: a fine ottobre l’app StopCovid era ferma poco sotto i 3 milioni di download. Il governo ha così deciso di rilanciare completamente il software con un nuovo nome, TousAntiCovid, e una nuova veste grafica. L’operazione ha funzionato, almeno da un punto di vista puramente numerico: a inizio gennaio il numero di download è arrivato a 12 milioni, superando ampiamente l’italiana Immuni.
Perché è ancora importante un’app come Immuni? La pandemia non è stata ancora battuta e bisogna rallentare la catena dei contagi in attesa che tutti facciano il vaccino. In un discorso di lungo periodo, questa tecnologia esiste e può funzionare. Una app di contact tracing funzionante deve far parte dell’arsenale di strumenti del piano pandemico con cui un paese combatte una pandemia nel ventunesimo secolo. La figura centrale per capire cosa succederà a Immuni con il nuovo governo è probabilmente Vittorio Colao, il nuovo ministro per l’Innovazione. Per la cronaca, negli ultimi giorni, né Colao né altri esponenti del governo Draghi hanno citato in pubblico l’app Immuni.
Ripescare dal cestino del ministero della Salute Immuni e renderla finalmente utile sarebbe fondamentale, e un atto di responsabilità.
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