Olive all’ascolana: l’oro delle Marche

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Le olive all’ascolana sono un piatto, uno street food, che non posso mancare sulle tavole marchigiane e italiane, soprattutto prima della pizza. Carne ed oliva si fondono insieme in una panatura croccante e divertente per il palato.

Anche se la loro ricetta, come la conosciamo oggi, viene attribuita ad Ascoli (Marche), in realtà la loro origine viene proprio dai vicini al piano di sotto, i romani. Ebbene, le antenate di queste “polpettine” sono le olive in salamoia dei romani. La salamoia non solo dava gusto alle olive, ma era un ottimo metodo di conservazione di questo piatto molto blasonato dai legionari romani, e resistente ai lunghi viaggi. Il loro nome in origine, infatti, era colymbades, in latino e derivante dal greco colombayo, che significa nuotare (in questo caso, in acqua salata).

Fu celebrato da molti grandi dell’antichità come Catone, Garrone, Marziale e Petronio. Quest’ultimo le riportava nel Satyricon dove le inseriva nella tavola di Trimalcione. Persino Papà Sisto V provava piacere nel mangiarle e per farle conoscere inviò una lettera agli anziani ascolani. Lo stesso Napoleone nel 1849 decise di coltivare le olive a Caprera per riprodurne la ricetta. Ma l’oliva all’ascolana, come la conosciamo oggi quando e come nasce?

Le sue origini risalgono al 1800, quando i cuochi della città di Ascoli dovettero trovare un modo per consumare la carne, a maggior ragione quella in eccesso per mancanza di modi per poterla conservare a lungo. La ricetta ebbe un enorme successo, tanto che lo stesso Garibaldi se ne innamorò.

Per quanto riguarda la loro industrializzazione, si aspetterà fino al 1879, quando Mariano Mazzocchi le inserì nel mercato arrivando in tutta Italia. Inoltre nel 2005 la ricetta di Ascoli Piceno ha ricevuto il marchio DOP che deve contenere almeno il 40% di oliva al suo interno.

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