La ricerca di tecnologie più pulite e sostenibili passa, quasi inevitabilmente, per la scienza dei materiali. Ultimamente, i riflettori sono puntati sugli MXeni, una classe emergente di composti bidimensionali (2D) che potrebbero trasformare i sistemi energetici rinnovabili e, non da ultimo, la produzione di composti chimici essenziali.
Tra questi spicca l’ammoniaca, ingrediente chiave per i fertilizzanti agricoli. Gli MXeni, infatti, possono agire da catalizzatori, convertendo elementi presenti nell’aria (come l’azoto) in ammoniaca, attraverso processi che promettono maggiore efficienza energetica e sostenibilità.
Il grande vantaggio di questi materiali? La loro straordinaria adattabilità. La composizione chimica degli MXeni può essere finemente regolata, quasi “sintonizzata” su misura, permettendo agli scienziati di controllarne con precisione le proprietà strutturali e funzionali per diverse applicazioni. Sul Journal of Chemical Society è stato pubblicato un interessante articolo scientifico che illustra questri straordinari prodotti bidimensionali.
Una nuova comprensione della catalisi
La ricerca, pubblicata sull’prestigioso Journal of the American Chemical Society, è stata condotta da un team di professori di ingegneria chimica, tra cui i dottori Abdoulaye Djire e Perla Balbuena, insieme al candidato PhD Ray Yoo.
Il team di Djire sta, di fatto, mettendo in discussione una convinzione radicata nella scienza dei materiali: l’idea che le prestazioni di un materiale basato su un metallo di transizione dipendano esclusivamente dal metallo specifico utilizzato. I ricercatori, invece, puntano a dimostrare quanto siano cruciali i diversi fattori strutturali.
“Miriamo ad espandere la nostra comprensione di come i materiali funzionino da catalizzatori in condizioni elettrocatalitiche”, ha affermato Djire. L’obiettivo è identificare i componenti chiave per produrre sostanze chimiche e carburanti da risorse abbondanti e comuni.
Il ruolo chiave dell’azoto
La struttura degli MXeni gioca un ruolo fondamentale. I ricercatori hanno scoperto che modificando la reattività dell’azoto reticolare (semplicemente, sostituendo un atomo di carbonio con uno di azoto nella struttura) si possono alterare le proprietà vibrazionali del materiale. Queste proprietà descrivono come le molecole si muovono e vibrano in base all’energia che possiedono.
Secondo Yoo, questa capacità di “messa a punto” rende gli MXeni candidati ideali per sostituire gli attuali materiali elettrocatalizzatori, spesso costosi e meno efficienti.
L’analisi: la spettroscopia Raman
Per investigare queste proprietà, il team ha utilizzato la spettroscopia Raman, una tecnica di analisi chimica non distruttiva che fornisce informazioni dettagliate sulla struttura chimica, quasi come un’impronta digitale molecolare.
Il lavoro è stato affiancato da analisi computazionali (eseguite da Hao-En Lai del gruppo della Dr.ssa Balbuena) per valutare come i solventi rilevanti per l’energia (come l’acqua) interagiscono con la superficie degli MXeni.
La scoperta più interessante è emersa proprio osservando il comportamento dei materiali in diversi solventi:
- MXeni di Nitruro (con Azoto): Quando immersi in solventi polari (come l’acqua o l’acetone), il loro segnale Raman, ovvero la loro “firma vibrazionale”, viene quasi completamente attenuato, quasi svanisce.
- MXeni di Carburo (con Carbonio): Al contrario, i loro “cugini” a base di carbonio (come il Ti3C2Tx) mantengono intatta la loro firma Raman negli stessi solventi.
- La prova: Introducendo azoto nella struttura dei carburi (creando materiali ibridi o “drogati”), anche questi iniziano a mostrare lo stesso comportamento dei nitruri: il segnale svanisce.
Questo dimostra che è proprio l’azoto nella struttura (l’azoto reticolare) ad essere reattivo: interagisce con i solventi polari, modificando l’intero comportamento vibrazionale del materiale.
Un nuovo meccanismo per produrre ammoniaca
Questa reattività dell’azoto reticolare non è un difetto, ma si è rivelata la chiave per un’applicazione pratica: la sintesi di ammoniaca.
Il team ha dimostrato che la produzione di ammoniaca può avvenire sfruttando proprio l’azoto interno al materiale, attraverso un meccanismo chiamato Mars-van Krevelen:
- Inizialmente, l’azoto del reticolo MXene viene protonato (combinato con l’idrogeno) e rilasciato sotto forma di ammoniaca.
- Questo processo lascia una “vacanza” (un buco) nella struttura del materiale.
- L’azoto proveniente dall’atmosfera (N2) va quindi a riempire questa vacanza.
- Il ciclo ricomincia.
Questo approccio è fondamentale perché aggira l’ostacolo principale della sintesi di ammoniaca: la difficoltà nel rompere il legame estremamente forte e stabile delle molecole di azoto (N2) presenti nell’aria. Utilizzando l’azoto del materiale come intermediario, il processo diventa potenzialmente molto più efficiente.
“L’obiettivo finale,” conclude Djire, “è ottenere una comprensione a livello atomico del ruolo svolto dagli atomi che costituiscono la struttura di un materiale”. Una conoscenza che apre la strada alla progettazione di catalizzatori di nuova generazione, più efficienti e sostenibili.
Quindi questi prodotti magici riescono a produrre ammoniaca in modo estremamente effciente. Non è impossibile che in futuro vengano sintetizzati Mxeni in grado di fungere da catalizzatori per altri prodotti chimici.
Domande e risposte
Cosa sono esattamente gli MXenes?
Gli MXenes (pronunciati “max-enes”) sono una famiglia di materiali bidimensionali, sottilissimi (a livello atomico), scoperti relativamente di recente. Sono composti da carburi, nitruri o carbonitruri di metalli di transizione (come il titanio). La loro struttura 2D, simile a un foglio di grafene ma con composizione diversa, conferisce loro proprietà uniche, come alta conduttività elettrica e un’ampia area superficiale. Come evidenziato nello studio, la loro caratteristica più promettente è la “sintonizzabilità”: la loro composizione chimica può essere modificata per adattarli a scopi specifici, specialmente come catalizzatori.
Perché la produzione di ammoniaca è così importante?
L’ammoniaca (NH3) è una delle sostanze chimiche più prodotte al mondo. È l’ingrediente fondamentale per la stragrande maggioranza dei fertilizzanti azotati, che sono vitali per la sicurezza alimentare globale e per sostenere l’agricoltura moderna. Tuttavia, il processo attuale per produrla (il processo Haber-Bosch) è estremamente energivoro: consuma circa l’1-2% dell’energia mondiale ed è responsabile di una quota significativa delle emissioni globali di CO2. Trovare un modo più pulito ed efficiente, come quello promesso dagli MXenes, è una sfida cruciale per la sostenibilità.
Qual è la vera scoperta “tecnica” di questo studio?
La scoperta chiave è che l’azoto all’interno della struttura del materiale (l’azoto reticolare) è chimicamente reattivo, e non solo una componente passiva. I ricercatori lo hanno capito usando la spettroscopia Raman: hanno notato che, in solventi polari come l’acqua, il segnale vibrazionale dei nitruri MXene “svaniva”, cosa che non accadeva con i carburi MXene. Questo indica un’interazione diretta e forte tra l’azoto del materiale e il solvente. Questa reattività è stata poi sfruttata per un meccanismo di sintesi dell’ammoniaca più efficiente (Mars-van Krevelen), in cui il materiale stesso partecipa attivamente alla reazione.
https://scenarieconomici.it/mxeni-i-materiali-2d-che-promettono-di-rivoluzionare-energia-e-chimica-sostenibile/



