C’è anche il rischio imponderabile di un maxi fallimento imprevisto o un’operazione di LBO (Leverage buy out) come quella di KKR nei confronti di Tim fra le 10 cause inopinabili che potrebbero far deragliare i mercati nel 2022. E’ quanto emerge da un’analisi condotta oggi su Les Echos, che mette in fila le dieci cause di potenziale preoccupazione sul mercato nel nuovo anno. E dire che i motivi per non stare troppo tranquilli ci sono tutti fra Covid, rialzo dei tassi e fibrillazioni sull’asse Usa-Cina.
1. Un aumento dell’inflazione
E se l’inflazione fosse già fuori controllo? Questa la domanda che si pone Les Echos, disegnando uno scenario da far tremare i polsi agli investitori. Tanto più che al di là dell’Atlantico l’inflazione a novembre tendeva ad un picco degli ultimi 40 anni al 6,8%. In zona euro l’inflazione (rialzo dei prezzi al consumo) è ai massimi dalla nascita della moneta unica. Sarà un fenomeno persistente?
2. Un ritorno in forze del Covid e nuovi disordini nelle catene di approvvigionamento (come i chip)
L’ottima performance delle borse mondiali nel 2021 si spiega in gran parte con la prospettiva di un ritorno alla normalità dopo una crisi sanitaria inedita. Ma l’avanzamento delle campagne vaccinali e lo sviluppo di nuove cure non garantiscono affatto la fine della pandemia. L’economia mondiale non è quindi immune da una nuova variante che unirebbe la contagiosità di Omicron e la pericolosità di Delta.
Le aziende hanno reagito, lo smart working è uno strumento ormai più che diffuso, ciò non toglie che tutte le catene di approvvigionamento non si sono ancora riprese dalle conseguenze dei primi lockdown. E le conseguenze di una nuova ondata di chiusure le prenderebbe totalmente alla sprovvista. In concreto, i problemi vissuti negli ultimi mesi dal settore automobilistico e dalle costruzioni potrebbero diffondersi ad altri settori mettendo in questione le prospettive di crescita del Pil e i benefici attesi per il 2022.
3. Un’eccessiva stretta monetaria
Questa è una svolta che le banche centrali devono affrontare con grande cautela: quella della fine delle misure eccezionali di sostegno. Di fronte alla crisi economica che incombeva sulla scia della pandemia, hanno spalancato i rubinetti, inondando di liquidità i mercati finanziari. Un’azione benefica ma ora più difficile da giustificare di fronte all’inflazione galoppante. Ma sarà importante non anticipare troppo i tempi verso una normalità monetaria che potrebbe scontrarsi con la pervasività di Omicron.
4. Un rallentamento della crescita cinese
Il rallentamento della crescita cinese è uno dei rischi principali indentificati dagli economisti dell’Ocse per l’anno che si è appena aperto.
La posta in gioco è tutt’altro che banale per gli investitori: una crisi economica in Cina potrebbe avere gravi ripercussioni sui mercati azionari. In particolare in Europa dove l’industria tedesca ei campioni francesi del lusso, due dei settori più dinamici del mercato azionario, sono fortemente esposti al Paese.
Pechino ha il suo bel da fare nel 2022. Le autorità cinesi dovranno affrontare la ristrutturazione del colosso dello sviluppo immobiliare Evergrande e la sua montagna di debiti di oltre 260 miliardi di euro. Un esercizio tanto più difficile in quanto la Cina cerca di frenare la speculazione immobiliare senza provocare un brusco rallentamento del settore, principale motore dell’economia cinese.
Oltre a questa sfida macroeconomica, Pechino deve far fronte a crescenti tensioni con gli Stati Uniti. Le società cinesi quotate a Wall Street sono particolarmente vulnerabili, nel mirino delle autorità su entrambe le sponde del Pacifico. Infine, gli investitori si interrogano sul possibile proseguimento della campagna condotta da Pechino per riprendere il controllo del settore privato, dopo il controllo avanzato sull’istruzione privata, sulle piattaforme Internet e sui videogiochi online.
5. Tassi di interesse in rialzo
La tendenza iniziata a metà dicembre non è venuta meno nei primi giorni dell’anno. I rendimenti dei titoli di stato a 10 anni sono in forte aumento. Il tasso USA a 10 anni è balzato di 10 punti base nel tardo pomeriggio di lunedì, attestandosi all’1,61%. Il suo equivalente francese, ancora in territorio negativo a metà dicembre, ha superato lo 0,24%. Uno sviluppo che potrebbe annunciare un cambio di paradigma nel mercato obbligazionario dopo quasi 40 anni di abbassamento dei tassi. Il tasso francese, ad esempio, è atteso allo 0,75% a fine anno.
6. I grandi giganti della tecnologia si stanno ritirando
I giganti di Internet globale dominano in gran parte i mercati azionari globali. I “GAFAM” (Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft) ha tirato ancora una volta al rialzo gli indici americani nel 2021, in particolare Google (+65%), Microsoft (+51%) e Apple (+37%), l’azienda che vale di più al mondo, che lunedì ha superato il limite di 3 trilioni di dollari di capitalizzazione. Ora pesano più del 23% dell’indice S&P 500, un grado di concentrazione senza precedenti a Wall Street, che supera ampiamente i picchi della bolla di Internet.
La loro buona performance in borsa è quindi decisiva per il destino dei mercati azionari. Tuttavia, l’anno 2022 promette di essere turbolento per i GAFAM. La crisi sanitaria ha dato impulso alla digitalizzazione dell’economia negli ultimi due anni. D’ora in poi, l’auspicato ritorno alla normalità potrebbe rallentare la loro crescita. I colossi della tecnologia dovranno anche affrontare regolatori antitrust più aggressivi, in Europa e negli Stati Uniti.
Il rialzo dei tassi rischia inoltre di pesare sulle alte valutazioni dei GAFAM, e più in generale dell’intero settore tecnologico. Una brutta sorpresa dal lato della politica monetaria o dei mercati obbligazionari, con un improvviso aumento dei tassi a lungo termine, potrebbe causare un’ondata di panico sulle azioni e far precipitare i prezzi delle borse mondiali.
7. Carenza di materie prime
Senza materie prime è impossibile produrre. Le aziende hanno avuto la dolorosa esperienza di questo nel 2021 e probabilmente le loro difficoltà nell’approvvigionamento di metalli, legno e altri materiali continueranno quest’anno. La produzione sta sicuramente riprendendo la sua velocità di crociera, la domanda tende a normalizzarsi e gli analisti contano su un lieve calo dei prezzi.
Ma il rischio di penuria e carenze di materie prime non è del tutto escluso dai mercati a causa della crisi dei noli marittimi. Se il metallo non è nel posto giusto al momento giusto, i produttori si trovano infatti in una situazione di carenza, che potrebbe minacciare la ripresa e la crescita globale.
A ciò si deve aggiungere la crisi energetica che ha un impatto notevole sulla produzione di alcuni metalli i cui processi di fabbricazione sono ad alta intensità energetica. È il caso dell’alluminio, del magnesio, molto ricercato dall’industria automobilistica, o dello zinco per l’edilizia. Non sono da escludere ulteriori tagli alla produzione legati al razionamento dell’energia elettrica a prezzi proibitivi.
8. Una crisi energetica che sta prendendo piede
Gas, elettricità, carbone… I prezzi dei prodotti energetici sono decollati a livelli impensabili alcuni mesi fa sotto l’effetto combinato di una forte ripresa e di condizioni meteorologiche sfavorevoli. Il gas naturale consegnato a Rotterdam, ad esempio, è salito a 180 euro per MWh. In crescita i prezzi dell’elettricità e del carbone. Possiamo aspettarci un calo dei prezzi alla fine dell’inverno, quando la necessità di riscaldamento sarà scomparsa, ma i mercati restano in guardia, poiché i prezzi rimangono su livelli elevati.
9 Criptovalute sistemiche
I mercati finanziari possono continuare a ignorare le turbolenze e la volatilità delle criptovalute nel 2022? La mania per bitcoin, ethereum e altre criptovalute rimane intatta, al punto che sempre più istituzioni finanziarie stanno tentando la fortuna in questo mercato. Certo, i prodotti finanziari legati al settore, compresi i fondi indicizzati quotati (ETF), non sono ancora vicini a minacciare la stabilità finanziaria, con poco più di $ 20 miliardi di attività totali alla fine di dicembre secondo ETFGI.
10. Un mercato del credito deragliato
A prima vista, tutto va bene nel mercato del credito. Per sua natura meno rischioso del mercato azionario e beneficiando dell’incrollabile sostegno delle banche centrali, sempre molto accomodanti, sembra immune da qualsiasi correzione improvvisa. Ha anche dimostrato la sua capacità di tornare in sé rapidamente dopo lo stress estremo di marzo 2020 o gli sconvolgimenti dello scorso novembre. Infine, un buon numero di imprese ha rafforzato la propria struttura finanziaria grazie alla crisi e ai generosi aiuti di Stato. Tuttavia, la vita quotidiana degli investitori che scommettono sul debito societario non dovrebbe apparire come un lungo fiume calmo nel 2022. “Il mercato del credito dovrebbe sperimentare una volatilità paragonabile al 2021, ma ancora una volta inferiore a quella delle obbligazioni societarie”, indica Matthieu Bailly, Vice Direttore Generale di Octo Asset Management.
Un improvviso aumento dei rendimenti sui titoli di Stato potrebbe portare, almeno temporaneamente, ad un ampliamento degli “spread”, ovvero dei premi al rischio. “Se l’aumento rimane graduale, però, sarà molto ben assorbito dal mercato”, aggiunge l’esperto. Tra le altre situazioni rischiose per il mercato, lo stress sulle azioni, che sono intrinsecamente altamente correlate al credito, potrebbe scuotere il debito societario. “Ma il rischio maggiore è senza dubbio quello di un evento isolato come un fallimento inaspettato che crei un effetto domino o un gigantesco LBO (Leverage Buy Out) come il tentativo di KKR su Telecom Italia, che potrebbe creare scalpore nel mercato”, conclude Matthieu Bailly.
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