Un nuovo vertice Quad per il controllo del Pacifico occidentale
È partito il Quad Summit di Tokyo a cui partecipano il Giappone padrone di casa, gli Stati Uniti, l’India e l’Australia. È la quarta edizione di questo evento di massima rilevanza geopolitica che negli ultimi due anni ha voluto con forza spostare l’attenzione del mondo sull’Oceano Pacifico occidentale.
In particolare si parlerà di Mare cinese orientale e meridionale, perché nel primo c’è la questione aperta di Taiwan e nel secondo un possibile territorio di contesa crescente tra Pechino e Washington.
Al centro del summit c’è il tema di grande interesse politico, economico e finanziario dell’Indo-Pacifico, cioè tutto quello che ricade nel triangolo India-Giappone-Australia.
Proprio per questo è nato l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF), guidato dagli Stati Uniti, che conta 13 attori regionali e che si propone come obiettivo strategico la crescita regionale, la sostenibilità e l’inclusività in tutta la regione.
Un territorio misto terra-mare di enorme portata geopolitica, finanziaria e mercantile, perché è qui che passa oggi fino al 40% delle rotte commerciali mondiali, secondo stime della BBC.
La sindrome cinese
I Paesi del Quad quindi da un lato vogliono dare vita ad una sorta di grande area di libero scambio con il dollaro americano al centro, dall’altra creare una grande alleanza anti-Cina, anche se non tutti gli attori in campo vedono la Cina come una minaccia assoluta, o almeno non allo stesso modo.
Questo perché India e Australia, ad esempio, hanno grandi accordi commerciali in ballo con Pechino, da cui si riforniscono di materie prime e componenti industriali insostituibili al momento, solo per fare un esempio.
Una specie di sindrome cinese (che non ha a che fare con il celebre film di James Bridges del 1979), in cui tutti i Paesi coinvolti, a varia misura, denunciano un serio complesso di sintomi, che però possono essere provocati dalle cause più disparate, ma tutte ricondotte più o meno convintamente al nemico comune.
Pechino dal canto suo guarda con distacco a quanto accade a Tokyo, ritendendo questo gruppo di Paesi una prova della futura “Nato asiatica”, uno strumento che secondo la Cina servirà solamente per rendere instabile la regione.
Gli accordi sulla cybersecurity
In realtà, all’interno del Quad c’è anche spazio per innovazione, crescita e sviluppo, sostenibilità ambientale e nuovi accordi per creare nuove supply chain di carattere globale.
Nel documento ufficiale pubblicato dalla Casa Bianca, si parla di partnership per la cybersecurity, per la protezione ibrida delle infrastrutture critiche, che dovrebbe essere coordinata dall’Australia; per la resilienza e la sicurezza delle catene di approvvigionamento, sotto la responsabilità dell’India; per la formazione e le competenze avanzate, guidata dal Giappone; per le tecnologie software, con a capo gli Stati Uniti.
Nuove partnership per 5G, infrastrutture critiche, supply chain e clima
Altra collaborazione di rilievo annunciata è quella sulle reti mobili di nuova generazione, il 5G e il futuro 6G (dove la Cina è molto avanti), con l’obiettivo di favorire interoperabilità, standard comuni (anche tramite l’ITU), condivisione di informazioni e dati, nuovi investimenti nelle telecomunicazioni e nelle tecnologie emergenti.
In relazione alle infrastrutture critiche si tratta di accordi sull’energia, la connettività, i trasporti e la resilienza climatica. Compito della partnership qui è colmare i dislivelli di capacità di investimento tra tutti gli attori nell’area, concentrando maggiori risorse su questi fattori di crescita e sostenibilità irrinunciabili per ogni Paese.
In termini di sostenibilità e contrasto ai cambiamenti climatici, Il segretario di Stato americano all’Energia, Jennifer Granholm, dovrebbe incontrare i ministri dell’energia del Quad per favorire la distribuzione di idrogeno pulito, ridurre al minimo le emissioni di metano e CO2 e sviluppare un piano decennale per una catena di approvvigionamento dell’energia pulita.
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