Inarrestabile la crociata dei sindaci contro l’innalzamento dei limiti 5G. Peccato che la crociata contro l’innalzamento dei limiti si esponga a una pioggia di ricorsi e sia fuori legge, visto che l’art. 8, c. 6 legge 36/2001(comma così sostituito dall’art. 38, comma 6, legge n. 120 del 2020) stabilisce che “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell’articolo 4”.
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5G, Pasquino (Università Federico II): ‘Ordinanze a rischio ricorso al Tar’
“I Comuni che impediscono l’aumento dei limiti da 6 a 15 V/m sono fuori legge – dice Nicola Pasquino, Professore all’Università di Napoli Federico II. – Questo perché i Comuni non possono incidere in via diretta o indiretta sui limiti di campo elettromagnetico, su cui solo lo Stato può intervenire secondo quanto fissato negli articoli 4 e 8 comma 6 della legge 36/2001. A mio avviso queste azioni espongono i Comuni anche ad un danno economico, considerato che ordinanze di questo tipo aprono la via a ricorsi al Tar il cui esito penso sia abbastanza scontato”. Per ora il rischio sono i ricorsi al Tar, ma un domani potrebbe intervenire anche la Corte dei Conti per danno erariale, come peraltro già successo nel Comune di Diamante, in provincia di Cosenza.
La legge parla chiaro
La legge parla chiaro, ma la reazione a catena innescata dall’ordinanza del sindaco di Lavagna, Gian Alberto Mangiante, non accenna a fermarsi. Anzi. Anche il primo cittadino di Rapallo, Carlo Bagnasco, senza aspettare la riunione di Anci, che si terrà lunedì 6 maggio e in cui si discuterà del tema, ha emesso un’ordinanza che: “vieta qualsivoglia aumento dei limiti dei campi elettromagnetici ad oggi vigenti, pari a 6 V/m”, anche perché “la ricerca sugli effetti biologici delle frequenze 5G non è ancora stata ultimata”. Mozione passata anche a Sestri Levante, dove ieri il Consiglio comunale ha votato favorevolmente alla pratica presentata dal sindaco Solinas. Ordinanze gemelle con carattere “contingibile e urgente” sono state firmate dai sindaci di Santa Margherita, Paolo Donadoni e Cogorno, Gino Garibaldi.
Protesta a macchia d’olio
Insomma, all’indomani del via libera dato all’aumento delle emissioni dal Governo Meloni attraverso l’approvazione della legge nazionale, con i nuovi limiti a 15 v/m entrati in vigore il 30 arile, la protesta di sta diffondendo a macchia d’olio. Nel Tigullio e non solo i sindaci, uno dopo l’altro, “stanno levando gli scudi contro l’aumento del limite dei campi elettromagnetici oltre ai vigenti 6 V/m in attesa di ulteriori approfondimenti scientifici che possano escludere ogni danno alla salute pubblica”.
L’ultimo stop in ordine di tempo arriva anche da Pieve Ligure, con tanto di ordinanza della sindaca Paola Negro, che ha preso a modello l’ordinanza di Lavagna ricalcandone le motivazioni: “L’art. 10 della Legge n. 214 del 2023 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2022) ha stabilito che dal 1 maggio 2024 i limiti di esposizione alle emissioni elettromagnetiche sono in via provvisoria e cautelativa fissati a un valore pari a 15 V/m. Considerato che i limiti dei campi elettromagnetici (valori di attenzione e obiettivi di qualità) attuali sono pari a 6 V/m; e che il valore stabilito dalla Legge 214 consente valori elevati più del doppio rispetto a quelli attuali; considerato anche che un innalzamento dell’attuale limite dei 6 V/m, in ottica di ragionevolezza, prudenzialità e sostenibilità dovrebbe essere necessariamente determinato sempre e soltanto in base a robuste scelte ed evidenze di tipo medico-scientifiche, e non già mai in base a scelte politico-economiche, tecnologiche (p. es. 5G) o comunque altrimenti «opportunistiche”, in funzione cioè di interessi diversi da quello primario della tutela della salute dei cittadini””.
Tutti d’accordo quindi che “in assenza di riscontri certi di natura medico-scientifica che escludano ogni effetto negativo che potrebbe derivare dall’innalzamento delle emissioni elettromagnetiche da 6 V/m a 15 V/m, con possibile rischio per la salute delle persone fisiche nel medio e nel lungo periodo”” meglio fermare tutto. Ma c’è anche chi sceglie una linea più attendista, come Chiavari, che rimette ogni decisione a dopo l’assemblea di Anci di lunedì.
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