Perché il Metaverso non sarà un’altra Second Life

  ICT, Rassegna Stampa
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Sono passati quasi vent’anni da quando il fisico Philp Rosedale lanciò Second Life, una piattaforma digitale attraverso la quale gli utenti potevano entrare in un mondo virtuale attraverso un avatar tridimensionale e interagire con altri utenti, scambiando beni virtuali con una valuta digitale e svolgendo un’ampia gamma di attività come se fosse un mondo reale. Un universo parallelo, un luogo in cui inventare e reinventarsi, per taluni una via di fuga dalla realtà.

Così, quando Mark Zuckerberg ha annunciato il rebranding di Facebook in Meta e il progetto del suo Metaverso, in molti hanno storto il naso derubricando il tutto a un dejavu digitale. Secondo altri si tratterebbe solamente di una strategia per fronteggiare l’invecchiamento degli utenti Facebook e Instagram.

Generazione Z

Quella di spostarsi verso ecosistemi digitali più familiari alle generazioni dei nativi digitali è quasi una scelta obbligata. Con lo sviluppo di piattaforme come Twitch e TikTok, la Generazione Z ha gradualmente abbandonato Facebook, oggi Meta, considerato troppo lontano dagli interessi comuni. Uno sforzo che oltre ai social network, vede impegnate alcune delle più grandi multinazionali d’informatica, come Microsoft e Google, nello sviluppo di propri metaversi.

Metaversi

Bloktopia, si definisce infatti “il Metaverso decentralizzato costruito e basato sul Polygon Network”, piattaforma tecnologica di reti di blockchain che si presenta su Google con il claim “the home of crypto”.

Decentreland che insieme a The Sandbox, ad oggi si presenta come il metaverso più strutturato, ed ancora Earth 2 e Fortnite, diventato un fenomeno culturale con eventi quali i concerti di Travis Scott e Marshmello, The Sandbox gigante mediatico di questa nuova era digitale in cui tutto il mondo virtuale è collegato alla blockchain di Ethereum e qualsiasi elemento digitale è considerato come un NFT che può essere creato, acquistato e scambiato.

Pandemia acceleratore

La pandemia ha rappresentato, in primis per i social network, uno straordinario fattore di accelerazione verso l’adozione di sistemi e soluzioni digitali sempre più innovative. L’emblema di questa trasformazione è sicuramente lo smart working, una vera rivoluzione che ha consentito di digitalizzare gli spazi lavorativi.

Dovremo abituarci sempre di più anche alle nuove modalità di interazione che ci vedranno protagonisti di mondi virtuali. Non più un mondo parallelo con presenze reali, ma una realtà ibrida in cui i mondi si fondono senza confini o linee di demarcazione. Basti pensare che alle riunioni del futuro, molto probabilmente, parteciperanno direttamente i nostri avatar.

Virtual reality, blockchain, esperienze immersive

Lo spostamento verso ecosistemi digitali si deve soprattutto all’avvento di nuove tecnologie come la virtual reality, l’intelligenza artificiale e la blockchain, oltre che alla possibilità di adottare nella quotidianità oggetti quasi fantascientifici, come i visori che ci consentiranno di accedere ai metaversi. Tecnologie che ci permetteranno di vivere esperienze immersive e di stringere nuovi rapporti o consolidare relazioni.

La pandemia si è rivelata una grande stagione storica di sperimentazione, consentendo un’accelerazione della curva di apprendimento di molte di queste tecnologie. La grande disponibilità di dati e una capacità di archiviazione e di calcolo mai visti in precedenza, oltre che le nuove infrastrutture di telecomunicazioni per l’utilizzo della realtà aumentata in tempo reale, completano il quadro abilitante dei futuri metaversi.

Dare valore alle relazioni, convertire i dati in decisioni migliori, fare in modo che le giuste informazioni arrivino alle persone, insomma i presupposti per un mondo ideale sembrano esistere tutti, almeno sul piano teorico.

Molti rischi con il metaverso

Tuttavia, il Metaverso porta con sé molti rischi. Dalla diffusione di strategie di phising e, nei casi più gravi, l’utilizzo di software ransomware, ai rischi per la sicurezza personale e la tutela della privacy. Senza tutele per le identità digitali si assisterebbe a un aumento dei casi di appropriazione di account e di impersonificazione. Aumenterebbe drasticamente la possibilità di furti di informazioni e accedere più facilmente ad asset di proprietà degli utenti, tanto nella vita reale che virtuale.

Un altro rischio è quello di potersi ritrovare senza il controllo del proprio avatar. È stato già definito “human joystick” ed è letteralmente quello che siamo abituati a fare con gli oggetti che spostiamo nella realtà virtuale con un controller. L’unica cruciale differenza è che al posto degli oggetti, ci sarebbero veri e propri individui, inconsapevolmente trasferiti da una parte all’altra del Metaverso.

Per le aziende

Per le aziende che vorranno operare nel Metaverso, sarà dunque fondamentale adottare sistemi di sicurezza per tutelare gli spazi di lavoro e formare le proprie risorse sui rischi e le possibili soluzioni per far fronte ai cybercrimini.

Al di là dell’euforia tecnologica che il “nuovo illuminismo digitale” – così lo ha definito Sybill Kramer – porta con sé, non si può trascurare il rischio di demandare ad algoritmi le regole del vivere democratico, senza poi considerare quelle del vivere sociale e l’impatto emozionale e mentale di una vita in un mondo parallelo, senza la un confine tangibile tra reale e virtuale.

Eppure, il Metaverso, potrà potenzialmente rompere la barriera che separa i due mondi. Siamo ormai entrati in una nuova era tecnologica, piena di incognite e incertezze, tipiche dei cambiamenti epocali e questa volta, rivoluzionerà per sempre il nostro modo di interagire con la realtà.   

Michele Fioroni

Imprenditore, consulente ed esperto di innovazione, ha insegnato Marketing e Strategie competitive all’università di Perugia. Attualmente è Assessore allo Sviluppo economico, innovazione, digitale e semplificazione della Regione Umbria.

Coordinatore della Commissione Innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome

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