Emergono prove convincenti sul fatto che il progresso scientifico nel mondo si stia inceppando. Secondo un’importante ricerca apparsa su Nature—‘Papers and patents are becoming less disruptive over time’—l’intensità con cui si compiono scoperte scientifiche e tecnologiche ‘dirompenti’ avrebbe subito una brusca frenata dalla metà del secolo scorso. Il fenomeno si verifica in campi che vanno dalle scienze sociali, la tecnologia e le scienze fisiche fino alla biologia e la biomedicina.
Secondo gli autori dello studio—Michael Park e Russell Funk, della University of Minnesota, e Erin Leahey della University of Arizona—è in corso uno spostamento radicale verso l’innovazione ‘incrementale’ rispetto a quella ‘di base’ che si apre verso campi di conoscenza totalmente nuovi, sia nei papers scientifici, sia nella registrazione dei brevetti.
I tre studiosi trovano segnali della tendenza in tutta una gamma di indicatori—da come le innovazioni scientifiche e tecnologiche ‘forti’ impongono l’adozione di nuove terminologie per poter discutere di fenomeni e processi che prima non avevano nomi, fino all’allungamento dei tempi tra le grandi scoperte e l’eventuale attribuzione dei premi Nobel agli scopritori. Il fenomeno si evidenzia anche misurando le lunghe catene di successive citazioni generate dagli studi ’seminali’, più ricchi di novità, come quelli di figure come Einstein, Planck e Fermi per la fisica oppure, per la genetica, la descrizione della struttura del DNA di Crick e Watson.
Ce ne vuole di tempo per digerire certe scoperte, ma l’annuncio relativo alla struttura del DNA è del 1953, settant’anni fa. Einstein propose le sue due teorie della ‘Relatività speciale’ e della ‘Relatività generale’ rispettivamente nel 1905 e nel 1915. È passato oltre un secolo da allora. Certo, non è che stiamo fermi, ma il primo laser è del 1960—ha più di sessant’anni—e il ‘microchip’, il circuito integrato, dell’anno prima, 1959.
Ci sono scoperte e invenzioni ‘fertili’ che portano a moltissimi altri sviluppi importanti, altre che invece cambiano poco o niente. Quelle fertili sono alla base della straordinaria posizione di rendita tecnologica che l’Occidente ha acquisito. Ora però il nostro mondo ‘moderno’ invecchia e—secondo le tendenze identificate da Park, Funk e Leahey—ci stiamo concentrando sempre più sulla lucidatura degli orpelli e sul perfezionamento di una scienza ‘già fatta’, sfuggendo gradualmente dalla ricerca originale capace di generare altri grandi salti in avanti.
Il perché di tutto questo è ancora un mistero. Quello che si nota è la ripetuta tendenza con cui le scoperte ‘di rottura’ arrivano da piccole équipe di ricercatori scalmanati, oppure da singoli geni ossessionati e praticamente isolati. Oggi i gruppi di ricerca si sono molto allargati: i ‘ragazzi di Via Panisperna’ guidati, una volta da Enrico Fermi, ora non sarebbero più una manciata di volenterosi, ma centinaia di ‘operatori scientifici’, ognuno a curare il proprio orticello. Non sarà che la scienza odierna, sempre più quella dei piccoli passi e delle piccole scoperte, si stia ‘burocratizzando’?
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