Dopo aver esaminato con Stefano Rolando l’ipotesi suggestiva da parte della nostra premier di traghettare la propria formazione se non l’intera maggioranza di centro-destra verso la formazione di un grande partito conservatore, Democrazia futura ha chiesto all’ex Vice Presidente del Senato Carlo Rognoni un parere sul futuro della principale formazione dell’opposizione in vista del proprio congresso e delle primarie per eleggere un nuovo segretario. “Avere la forza di liberarsi del passato e trovare il coraggio di pensare ai tempi lunghi” costituisce per Carlo Rognoni la premessa per “Ricostruire il Partito Democratico” sapendo declinare “con la logica di una visione contemporanea del domani” due parole d’ordine da cui partire: Europa e democrazia”. Un piano ambizioso per la ricostruzione dell’Ucraina, sul piano interno una riforma radicale della scuola, un pianeta da curare.
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Europa e democrazia: due parole d’ordine da cui partire per ricostruire il partito democratico. A leggere i tanti commenti, i numerosi articoli dedicati al Pd prima del congresso del 26 febbraio emerge un quadro impietoso. Quello che è certo è che per ripartire il Pd deve avere la forza di liberarsi del passato. E non è detto che ci riesca!
Europa e democrazia sono due parole che sicuramente hanno una storia, appartengono anche al passato, ma oggi possono essere declinate come parole nuove … se si torna a fare politica, se si è capaci di capire e di raccogliere la sfida del grande cambiamento in corso, se si impara a declinarle con la logica di una visione contemporanea del domani.
Tornare a fare politica nel momento in cui il governo di Giorgia Meloni, la nuova destra – in parte capace di rinnegare e contraddire sé stessa, in parte schiacciata dai suoi stessi alleati – vuol dire trovare il coraggio di pensare ai tempi lunghi necessari per coinvolgere un elettorato stanco, deluso, confuso, sedotto dall’astensionismo più che dalla credibilità di chi sembra comunque vecchio, più incline a ripetere se stesso che ad affrontare la nuova realtà.
Parlare di Europa oggi anche in vista delle elezioni del 2024 vuol dire farsi carico di alcune scelte strategiche. L’Europa ha bisogno di difendere l’euro rispetto al dollaro, ha bisogno di investire in una nuova forza militare autonoma rispetto agli Stati Uniti (anche se a fianco degli americani), l’Italia in Europa ha bisogno di coordinarsi con la Francia, con la Spagna e con la Grecia, per conquistarsi un ruolo egemone nel Mediterraneo.
L’Europa a cui dovremmo pensare è un continente capace di mettere in campo un piano ambizioso per la ricostruzione dell’Ucraina. E’ un piano di cui dovremmo prendere la guida trattando con gli Stati Uniti di Joe Biden e con la Cina di Xi Jinping, affinché tutti sentano la responsabilità di ricostruire insieme il mondo di Kiev. Fino a quando non sarà chiaro che Vladimir Putin sta perdendo la guerra è giusto continuare ad armare chi difende l’Ucraina, e tuttavia sta diventando indispensabile impegnarsi per convincere la Russia che il costo della guerra e delle crudeli distruzioni delle città ucraine sono anche a carico di una risposta generosa dell’Unione europea.
Quando si dice che il mondo è cambiato si ha in mente la rivoluzione finanziaria e quella tecnologica. Ebbene tocca all’Unione europea investire convintamente e pesantemente nella digitalizzazione delle imprese e delle abitazioni Non dimentichiamo che la rivoluzione digitale sta alla base della ripresa dell’economia. Senza un’economia forte non ci può essere una giusta ridistribuzione. Senza questa ripresa è la stessa democrazia a farne le spese.
Per chi vuol rimettere la politica al centro, rilanciare l’idea stessa di politica, la democrazia passa attraverso alcune grandi riforme. Prima di tutto la scuola. E’ una vera urgenza. E’ tempo di rendersi conto che senza una riforma radicale, coraggiosa della scuola l’Italia resta indietro anche rispetto ai suoi partners europei. Perché non pensare a una scuola a tempo pieno, che coinvolga i giovani in nuove e moderne iniziative pomeridiane, dallo sport alla cultura, al digitale? Anche impegnando un nuovo corpo docente, fatto per esempio di giovani neolaureati?
Una democrazia forte ha bisogno di giovani istruiti e colti. Ha bisogno di insegnanti ben preparati e ben pagati.
E’ inutile chiamarsi laburisti se non ci si rende conto che il lavoro oggi è diverso dal lavoro di ieri. Più eguaglianza non significa piegarsi a logiche assistenzialiste.
La lotta alla povertà è una lotta sacrosanta ma ha senso e può essere condivisa se passa da un impegno nazionale, ed europeo: per affrontare i lavori nuovi sull’ambiente, contro la crisi climatica, per la ricostruzione e il salvataggio dei territori.
Non dobbiamo ignorare e ridicolizzare le parole d’ordine della destra: famiglia, patria, identità. Famiglia e patria sono anche parole di una sinistra moderna, al passo con i tempi. Ma saranno forti e convincenti se la nostra identità si affianca alle parole Europa e democrazia.
Guai se il Pd che uscirà dal Congresso perdesse altro tempo a parlare di alleanze.
C’è un pianeta da curare. Ci devono essere idee da realizzare. Ci sono diritti da ripensare. Che il 26 febbraio possa servire a salvare l’idea di un partito grande, a vocazione maggioritaria, con una leadership rinnovata e soprattutto molto coraggiosa.
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