22-23 marzo: la Battaglia di Novara, una sconfitta che aprì le porte all’Unità d’Italia

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Ormai ci siamo dimenticati delle date della storia, sia quelle felici, sia quelle tragiche. Nessuno ricorda che il 22-23 marzo del 1849 si combatté la tragica battaglia di Novara, terminata con una cocente sconfitta dell’esercito piemontese e delle prime istanze di indipendenza, e con una vittoria schiacciante dell’Impero austriaco e del generale Radetzky, un militare di carriera e di grandissima esperienza. Eppure la sconfitta fu il primo passo verso l’Unità d’Italia, perché, se non altro, fece capire cosa non funzionasse, quali personaggi furono inadeguati e portò all’emergere di nuove figure di diversa qualità.

Se volete una descrizione dei movimenti tattici della battaglia vi invitiamo a leggere questo link, che vi porterà ad un’analisi succinta e attenta della battaglia. Noi vogliamo solo esporre alcuni punti chiave dell’avvenimento:

  • La battaglia fu persa anche per la timidezza e l’inadeguatezza al comando di Carlo Alberto e del suo governo, i quali cercarono un generale straniero per una guerra nazionale e trovarono anche il peggiore possibile, cioè il polacco Wojciech Chrzanowski che non parlava neppure l’italiano, non conosceva il terreno, non aveva le capacità militari necessarie;
  • la Battaglia nacque anche dalla confusione di un esercito diviso in due dal Pò, fra Alessandria, base dell’esercito (andate a visitare la cadente, ma enorme, cittadella) e la necessità di difendere il Ticino e la direttrice verso la capitale, Torino;
  • la congiunzione fra questi due fronti fu affidata ad uno dei meno preparati generali italiani, Remorino, che lasciò infatti un buco nello schieramento;
  • fra una ritirata facile, che avrebbe assicurato però la ricongiunzione dell’esercito, verso Vercelli e poi Casale Monferrato, e una facile, ma che avrebbe condannato l’esercito ad essere diviso e quindi facilmente battibile.  Chrzanowski scelse la via più facile;
  • Il Re, capita la sconfitta, cercò di morire sul campo di battaglia, ma in modo freddo, senza capacità di trascinare le truppe, e non ci riuscì. I suoi due figli, Vittorio Emanuele e Ferdinando, si comportarono bene, come richiedeva il loro ruolo;
  • I generali piemontesi si comportarono con coraggio, e due di loro, Perrone e Passalacqua, morirono in battaglia. Come loro si comportarono bene i soldati, per lo meno sino alla sconfitta finale;

    Giuseppe Luigi Passalacqua, prima Medaglia d’Oro del Risorgimento

  • la sconfitta portò a un completo cambio ai vertici. Carlo Alberto abdicò a favore di Vittorio Emanuele II, che, forse neanche capendo bene la portata della decisione, mantenne lo statuto e il Parlamento. Al governo, dopo una parentesi militare (De Launey) arrivò prima Massimo D’Azeglio e quindi Camillo Benso Conte di Cavour.

Senza la sconfitta non ci sarebbe stato il decennio di preparazione e quindi l’Unità d’Italia. Perchè senza le sconfitte non si può crescere.

PS: ricordate che la famosa “Marcia di Radetzky” di Strauss fu scritta proprio per celebrare la nostra sconfitta a Novara…


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