“There are lies, damned lies and statistics” (Mark Twain). La forza di gravità dei numeri è una delle poche leggi “fondamentali” della finanza: ci si può illudere di sfidare i trend di mercato, ma alla fine è un lusso che pochi investitori si possono permettere.
L’IPO di ARM al Nasdaq, la società olandese di microprocessori, ha chiuso nella giornata di ieri con un rialzo del 25%, una raccolta di 4,87 miliardi di dollari, e con più di 20 mila nuovi piccoli azionisti: il risultato è stato trainato dalle aspettative di crescita legate all’Intelligenza Artificiale (AI).
Per farsi un’idea, da ieri ARM con una capitalizzazione di borsa prossima ai 65 miliardi di dollari vale 10 volte TIM e poco di meno di Telefonica, Orange e Vodafone tutte insieme. Non ci sono margini di dubbio su quali siano le asset class su cui stanno puntando investitori e mercati e da ieri anche gli investitori retail.
L’ultimo IPO di una società tecnologica europea di dimensioni comparabili e’ stato quello di Spotify con una market cap di 29,2 miliardi di dollari, nell’ormai lontano 2018. Il trend di mercato che premia i titoli legati agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale e’ destinato ad affermarsi come una delle caratteristiche dominanti dei prossimi anni: si sta producendo una progressiva rotazione dei mercati che premia i titoli azionari che offrono un’esposizione ai settori all’avanguardia nella fase attuale di transizione tecnologica dalla MaaS (Mobility as Service), alla transizione elettrica nell’automotive, alla robotica, all’energy storage.
L’Europa è a un bivio fra passato e futuro: l’eccessivo ricorso alla leva finanziaria, in presenza di tassi di interesse crescenti, nei settori di punta dell’economia, in settori maturi come l’automotive e le telecomunicazioni ha contribuito ad una irreversibile avversione al rischio (risk-aversion), che ha avuto come effetto derivato una riduzione degli investimenti in innovazione senza precedenti.
Non ci si può fare illusioni: con un’inflazione nell’Eurozona in media superiore al 5,1%, e’ difficile che la BCE opti per un rallentamento della crescita dei tassi di interesse, da ieri stabilmente sopra la soglia del 4,5%. Dal Luglio 2022 e’ il decimo rialzo dei tassi: non devono ingannare i 25 punti base (0,25%) perché con la giornata di ieri i tassi di interesse sono aumentati di 18 volte (18X) negli ultimi 14 mesi.
Non era mai successo nel recente passato: l’ultimo rialzo dei tassi prima del Luglio 2022 risale ad 11 anni prima. Da ieri c’e’ una sola certezza: il rifinanziamento del debito corporate in settori già gravati da una leva finanziaria superiore alla media si scontrera’ inesorabilmente contro il vento contrario dei mercati.
E’ questione di giorni, e molte delle operazioni finanziarie che hanno occupato le pagine dei giornali nel corso dell’estate dovranno essere accantonate definitivamente. Il debito e’ debito ed il profilo di rischio in generale si e’ deteriorato. Con tassi al 4,5% in Europa ed al 5% negli Stati Uniti, i fondi di debito cercano di strappare rendimenti fra l’8% ed il 12%: un muro invalicabile per quei settori che sono da tempo alle prese con una progressiva ed inesorabile decrescita.
L’unica strada percorribile per uscire dalla crisi, oggi come in passato, rimane quella di investire in innovazione: “innovating out of the crisis”. Ma non e’ ne’ semplice, ne’ immediato: di sicuro indietro non si torna, almeno per il prossimo futuro. E’ consigliabile non scordarsi di una vecchia massima che si dimostra sempre valida: “never throw good money after bad money”. Le risorse non sono infinite, sono accessibili solo a caro prezzo e le priorità sono molte, forse troppe. E’ arrivato il momento delle scelte: “decisions don’t wait”.
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