L’Unione Europea e gli Stati Uniti stanno incentivando l’Armenia a proseguire il suo avvicinamento ai paesi occidentali. Il crescente ruolo dell’UE e degli Stati Uniti nel sostenere gli sforzi di riforma del Paese però sta attirando una reazione prevedibilmente ostile da parte della Russia e dell’Azerbaigian.
L’incontro del 5 aprile a Bruxelles tra il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, la Presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen, il Vice Presidente dell’UE Josep Borrell e il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha portato a un significativo aumento dell’assistenza per l’Armenia. L’UE ha promesso 270 milioni di euro in quattro anni e gli Stati Uniti hanno aggiunto altri 65 milioni di dollari in aiuti destinati ad aiutare l’Armenia a riprendersi dalla sconfitta decisiva nella Seconda Guerra del Karabakh e a ridurre la sua dipendenza economica dalla Russia.
In una dichiarazione congiunta, i partecipanti hanno affermato l’impegno ad espandere la cooperazione in molteplici ambiti politici ed economici, tra cui “governance, applicazione della legge, commercio, connettività, agricoltura, energia e tecnologia”.
“L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno riconosciuto i progressi sostanziali compiuti dall’Armenia dal 2018 nelle riforme democratiche e della giustizia e nella lotta contro la corruzione, e hanno espresso l’impegno a continuare a collaborare e a sostenere l’Armenia nell’ulteriore rafforzamento della democrazia e dello Stato di diritto, in linea con i nostri valori e principi condivisi”, si legge nella dichiarazione.
Descrivendo le relazioni UE-Armenia come “sempre più allineate”, Van der Leyen ha anche elogiato gli sforzi dell’Armenia per combattere il commercio che aggira le sanzioni UE e perfino si è parlato di adesione alla UE, qualcosa che dovrebbe far tremare sia gli armeni, che ripiomberebbero nell’URSS, sia gli europei, che farebbero entrare uno stato con 5,9 mila dollari di PIL pro capite, contro, ad esempio, gli 11,9 della Romania. Una spinta alla migrazione e una idrovora per i fondi UE.
L’assistenza degli Stati Uniti, a quanto pare, si concentrerà sulla costruzione della “resilienza” armena dopo la perdita del Karabakh. In particolare, l’assistenza di Washington aiuterà l’Armenia a far fronte all’aumento dei rifugiati e a resistere alle previste pressioni russe per impedire il riallineamento geopolitico dell’Armenia. Anche l’Amministratore di USAID Samantha Power ha partecipato alla riunione del 5 aprile a Bruxelles.
“Gli Stati Uniti lavoreranno con l’Armenia per… aumentare la cooperazione in materia di sicurezza informatica ed espandere l’infrastruttura tecnologica”, si legge nella dichiarazione congiunta, aggiungendo che gli Stati Uniti sono “impegnati a garantire all’Armenia un futuro energetico sicuro, affidabile e protetto e stanno lavorando per sostenere la diversificazione energetica ed esplorare la fattibilità di nuove opzioni di energia nucleare civile”.
L’Armenia è stata un alleato chiave della Russia fino al 2018, quando Pashinyan è salito al potere nel corso di una rivolta popolare e ha proceduto a coinvolgere l’UE e gli Stati Uniti nell’ambito di uno sforzo di riforma per rendere il suo governo più efficiente e meno corrotto. Un punto di svolta si è verificato nel 2022, quando, in mezzo alla spinta dell’Azerbaigian a riprendere il Karabakh, la Russia, agli occhi di molti armeni, non è stata all’altezza delle garanzie di sicurezza che aveva dato a Yerevan. Da allora, Pashinyan ha guidato il Paese su una rotta occidentale costante.
Con nessuna sorpresa, la notizia del pacchetto di aiuti UE-USA ha ricevuto un’accoglienza fredda a Mosca e a Baku. Il Ministero degli Esteri russo ha rilasciato una dichiarazione in cui si descriveva l’incontro come un altro tentativo da parte dell’”Occidente collettivo” di aumentare la tensione nel Caucaso meridionale, che il Cremlino considera da tempo il suo cortile geopolitico. Ha descritto il pacchetto di aiuti come “irresponsabile e distruttivo” e ha avvertito che proseguire con l’aiuto all’Armenia nell’implementazione delle riforme potrebbe avere “conseguenze negative”.
L’Azerbaigian, nel frattempo, ha espresso la preoccupazione che l’assistenza dell’UE all’Armenia rischi di compromettere la capacità di Bruxelles di mediare un accordo di pace duraturo tra Baku e Yerevan. Il che sarebbe un peccato, dopo tutto quello che Baku ha investito, politicamente, ma non solo, per guadagnare buoni rapporti con Bruxelles.
Sullo sfondo dell’incontro Armenia-UE-USA del 5 aprile, è esplosa una pressione crescente lungo il confine tra Armenia e Azerbaigian. Entrambe le parti hanno accusato l’altra di violazioni del cessate il fuoco, con sporadici spari segnalati in diverse sezioni della frontiera pesantemente militarizzata.
Il Ministero della Difesa armeno ha condannato le azioni provocatorie dell’Azerbaigian, sostenendo che gli spari transfrontalieri hanno preso di mira le posizioni armene e le infrastrutture civili.
Il processo di pace armeno-azero è attualmente bloccato da una disputa sul possesso di villaggi in aree contese del confine. Nella speranza di superare lo stallo, Pashinyan ha annunciato concessioni unilaterali all’Azerbaigian, accettando di consegnare villaggi azeri abbandonati, controllati da Yerevan dagli anni ’90, senza richiedere uno scambio con aree armene simili controllate dall’Azerbaigian. Il trasferimento ha il potenziale di interrompere la capacità degli armeni di viaggiare su un’autostrada che collega l’Armenia alla Georgia. Anche i gasdotti che trasportano il gas naturale russo in Armenia si trovano vicino ai villaggi che saranno presto restituiti. La proposta di Pashinyan, di conseguenza, ha generato una certa insoddisfazione e spinte in direzione opposta
Però, nello stesso tempo, Baku è insoddisfatta del ritmo del passaggio di consegne, ed ora entrambe le parti sembrano ora ammassare truppe al confine. Il 6 aprile, la missione di monitoraggio civile dell’UE in Armenia ha riferito che la situazione era “stabile e calma”, ma potrebbe essere la calma che precede la tempesta.
A Bruxelles, alcune voci politiche influenti stanno esortando l’UE ad accelerare il ritmo dei suoi sforzi per sostenere il riorientamento dell’Armenia. “Questo riorientamento richiede tempo, ma richiede anche che l’Unione Europea adotti una strategia più ambiziosa nei confronti della democrazia armena”, ha scritto l’ex Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, in un commento pubblicato dal quotidiano francese Le Monde.
“L’Europa dovrebbe svolgere un ruolo di mediazione nei negoziati per un accordo di pace duraturo. Ma il suo approccio deve riflettere la realtà che l’Armenia ha scelto la comunità delle democrazie europee, mentre l’Azerbaigian siede nel campo delle autocrazie aggressive”, ha detto Rasmussen. Un’autocrazia che comunque vende molto gas, a caro prezzo, proprio alla UE.
Comunque c’è da sperare che la situazione, come sembra, evolva pacificamente, perché è per lo meno improbabile, anzi impossibile, vedere delle truppe europee aiutare fattivamente l’Armenia in caso di scontro militare con l’Azerbaigian. Come diceva il Mazoni “Uno se il coraggio non l’ha, non se lo può dare”.
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