Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui..
“È importante capire, almeno in parte, a cosa si riferiscono le valutazioni gonfiate delle cose legate all’intelligenza artificiale: riguardano la differenza tra lavori e non-lavori”. L’ha detto qualche giorno fa Jerry Holkins, scrittore americano che, oltre ad aver creato il webcomic Penny Arcade – da più di venticinque anni tra i più letti al mondo – analizza senza mai mandarle a dire l’attuale cultura informatica. La lapidaria frase era il commento di una vignetta (sua e del collega Mike Krahulik) sulle dichiarazioni di Mira Murati, la giovanissima e potentissima CTO di OpenAI, che hanno fatto alzare più d’un sopracciglio: la Murati, infatti, ha detto che “alcuni lavori creativi scompariranno, ma forse non avrebbero mai dovuto esistere”, scatenando le prevedibili reazioni di chi crede che il suo lavoro sia a rischio e non percepisce, diciamo così, la sincera empatia di chi sta per lasciarlo a casa. L’impietosa parafrasi di Penny Arcade delle parole della CTO è stata “stiamo costruendo una gigantesca fossa comune di lavori”. Comunque la si voglia vedere, è chiaro che si tratta di un tema caldo, anche considerando come l’addestramento delle AI non paia improntato a principi di massima trasparenza, e che quindi in realtà il lavoro dei creativi umani venga già sfruttato per essere copiato e sostituito.
Chi si salva e chi no
Lavori e non-lavori, dunque. La scure dell’IA generativa, secondo le previsioni di molti, dividerà in due (e sta già dividendo) la forza lavoro del futuro. Da una parte chi si salva, e anzi potrà migliorare la sua produttività sfruttando gli strumenti messi a disposizione dalle ultime tecnologie. Dall’altra chi invece dovrà reinventarsi una professionalità perché quello che fa non serve più, o comunque può essere imitato più o meno bene da una macchina. E a chi oggi appare ancora scettico – soltanto i contenuti di qualità medio-bassa, per dirne una, potrebbero essere replicati da Gemini o ChatGPT – va ricordato il (pochissimo) tempo necessario per passare dagli assistenti vocali, impermeabili ai nostri disperati tentativi di elaborare le frasi nell’unica sintassi da loro interpretabile, alla situazione odierna, iper-percettiva e con capacità interpretative impressionanti della nostra volontà, anche quando non ce l’abbiamo chiara neppure noi. C’è poi da considerare la naturalezza dell’interazione, che non avviene più solo attraverso i prompt testuali ma sempre più spesso in via audio, grazie alle app sviluppate per gli smartphone da OpenAI e dalle altre società (accessibili in pochi secondi con una qualsiasi connessione Internet, come quelle messe a confronto da SOSTariffe.it).
Obiettivo personalizzazione
Del primo gruppo, i lavori che rimarranno, sembrano far parte le professioni del marketing, che stanno già ricevendo un grande aiuto dall’IA generativa nello svolgimento delle proprie mansioni. Un rapporto di McKinsey dello scorso dicembre – How generative AI can boost consumer marketing – aveva analizzato come la grande innovazione di questi anni potesse tradursi in una comunicazione più efficace e innovativa, automatizzando i processi, migliorando la personalizzazione e accelerando la generazione di idee originali.
Michaels, ad esempio, il più grande fornitore del Nord America di arte, artigianato, cornici, decorazioni floreali e murali e articoli per produttori e decoratori domestici fai-da-te, ormai utilizza l’IA generativa per personalizzare il 95% delle email e dei messaggi ai clienti: il risultato è stato un aumento del tasso di clic delle campagne SMS del 41% e delle email del 25%. Il servizio di styling personale USA Stitch Fix fa ricorso a tecniche simili per interpretare i feedback dei clienti e offrire raccomandazioni sui prodotti, L’Oreal analizza milioni di commenti online per identificare nuove opportunità di innovazione, Kellogg’s esamina le ricette più di moda per vedere in quali di esse sono inclusi (o possono essere inclusi) i cereali e così via.
Le campagne che una volta richiedevano mesi per essere progettate ora possono essere lanciate in settimane o giorni, con personalizzazione su larga scala e test automatizzati. Lo sviluppo dei siti web e le attività di servizio clienti, spesso considerati dei colli di bottiglia che rallentano l’adozione di soluzioni innovative, possono migliorare notevolmente l’engagement e la soddisfazione dei clienti. Così, le aziende stanno iniziando a sfruttare i modelli di IA disponibili pubblicamente. Il passo successivo sarà differenziarsi integrando questi modelli con i propri dati e sistemi, portando a una personalizzazione senza precedenti. Naturalmente è necessario che gli sforzi siano in linea con gli obiettivi, concentrandosi dapprima su due o tre casi d’uso invece di incorporare troppe iniziative di IA generativa tutte insieme, ed è altrettanto fondamentale mitigare i rischi delle cosiddette “allucinazioni”, oltre al bias e alla violazione della privacy dei dati e alla violazione dei diritti d’autore, come si diceva più sopra sempre in agguato quando si parla di strumenti come i chatbot basati sull’IA.
Anche in Italia la pubblicità fa il boom grazie all’IA
Risultati positivi in questo senso arrivano anche dall’Italia, come ha mostrato l’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano in occasione del convegno “L’evoluzione dell’Internet advertising: Attention Metrics e AI nell’era privacy oriented”. In particolare, sui 10,2 miliardi di euro raggiunti del 2023 dal mercato pubblicitario italiano (comprensivo di raccolta su tv, stampa, internet media, radio e out of home), Internet ha consolidato la prima posizione con una quota del 48% e un incremento del 9%; seguono tv (35% e +2%), out of home (7% e +13%), stampa (6% e -2%) e radio (4% e +8%). Il valore del solo settore Internet arriverà nel 2024 a 5,4 miliardi di euro, 500 milioni in più rispetto al valore consuntivo di fine 2023.
Secondo Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Internet Media,«il panorama pubblicitario, in particolare l’Internet advertising, sta vivendo una profonda trasformazione in questi anni legata all’evoluzione tecnologica, ai cambiamenti derivanti dai temi della privacy e del tracciamento dell’utente e allo sviluppo di nuovi strumenti e metriche di misurazione, come il tema dell’attenzione. Tali dinamiche, tra cui in primis l’Intelligenza Artificiale, incideranno in modo rilevante sulle strategie degli operatori del settore e sugli equilibri di mercato dei prossimi anni».
Dietro la crescita, quindi, l’inserimento sempre più prepotente degli strumenti dell’intelligenza artificiale nelle strategie di marketing; se fino all’anno scorso, infatti, tali tecniche venivano impiegate principalmente per l’analisi e la gestione dei dati, nonché per la comprensione dei testi, oggi le opportunità per il settore sono aumentate in maniera significativa, anche se parallelamente sono aumentati i rischi in materia di privacy e diritti d’autore, anche a causa della grande attenzione degli organi di governance verso un settore tanto promettente quanto – ormai lo si è capito – insidioso.
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