I ROSARI IN MANO, LA MADONNA SUL GOMMONE E LA DIGNITÀ DELL’UOMO

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Da un po’ di tempo che la religione cristiana viene usata e strumentalizzata per fini politici, ma in realtà cosa afferma la dottrina sociale cattolica?

Roma – L’uomo rappresenta il cuore e l’anima di tutta la dottrina sociale cattolica, la quale si svolge partendo dal principio che afferma l’intangibile dignità della persona umana; d’altronde è da quest’ultima che ha origine la vita sociale che non può rinunciare a riconoscere l’uomo suo soggetto attivo e responsabile.

E’ a lui che ogni modalità espressiva della società deve essere finalizzata, così come è altrettanto vero che la relazione dell’uomo con Dio trova pieno compimento mediante la Creazione che è “il fondamento di tutti i progetti salvifici di Dio nonché l’inizio della storia della salvezza” . Difatti si parla di mistero di salvezza in quanto la creazione – in prima linea – non ci parla dell’universo ma di noi stessi; l’uomo essendo stato creato da Dio non può sviluppare la sua esistenza senza considerare la sua dipendenza dall’Assoluto.

La chiave di interpretazione per comprendere l’uomo e il mondo, secondo l’antropologia cristiana, si trova fin dai primi tre capitoli del libro della Genesi che – nonostante non sia il primo cronologicamente scritto (risale all’incirca al VI secolo a.C ma la sua datazione precisa è discussa) – costituisce il principio e il fondamento della Bibbia.

In modo particolare, è nell’espressione “E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” , che la Chiesa ha trovato il fulcro per poter esprimere – attraverso numerose encicliche – particolare attenzione alla dignità umana; il primo pensiero di Dio era trovare un amore capace di rispondere al suo amore in quanto – come affermato nella costituzione pastorale Gaudium et spes – “l’essere umano è l’unico capace di conoscere e di amare il Suo Creatore” . Ecco perché così tanta bontà determina l’esigenza etica di obbedire al piano divino poiché l’uomo è chiamato a dominare il creato, e – in nome di Dio – ad essere il segno vivente della Sua presenza nel mondo. Tale dominio ha come fondamento l’imparare a designare le cose in modo da stabilire verso ciascuna di esse un rapporto di responsabilità.

Non a caso – infatti – è proprio la dottrina dell’uomo immagine di Dio a costituire il nucleo centrale dell’antropologia dell’Antico Testamento, mentre nel Nuovo il culmine e il compimento è in Cristo nel quale tutto viene ricapitolato, e in cui tutta la realtà arriva al suo fine. Il cristiano deve partecipare attivamente alla sua trasformazione secondo il modello dell’immagine del Figlio – costituente l’archetipo – al quale è necessario uniformarsi nell’anima e nel corpo e al quale il cristiano è assimilato per mezzo del Battesimo.

Uomo e donna – poi – sono in manifesta relazione complementare poiché solo così realizzano profondamente se stessi; in entrambi – ugualmente – vive lo spirito di Dio Creatore il quale “manifesta nella forma più alta possibile la dignità della donna assumendo Egli stesso la carne umana da Maria Vergine che la Chiesa onora come Maria Madre di Dio” . Questo fondamento ha un valore immenso se si pensa che anche l’allora papa Giovanni Paolo II poté strutturare la teologia del corpo proprio attraverso questo verso – “maschio e femmina li creò” – presente in Genesi; per il fatto che il Verbo di Dio si è fatto carne il corpo è entrato attraverso la porta principale nella teologia rispetto ad una preoccupazione di tipo pastorale – presente ieri e oggi più che mai – derivante dalla cultura contemporanea vedente il corpo ridotto ad una mera funzione estetica – o addirittura sessuale – in una cultura che lo banalizza e lo riduce di valore.

D’altronde la rivoluzione del 1968 partiva dalla premessa che la cultura occidentale dovesse sbarazzarsi da una visione del corpo troppo legata al cristianesimo che lo aveva schiavizzato. Per molti – come per il filosofo ateo francese Michel Onfray – era necessario riconoscere il monismo antropologico per affermare una visione della realtà chiusa alla trascendenza; esiste la realtà materiale e non quella spirituale, pertanto quando le vie dello spirito sono chiuse all’uomo rimane solo il corpo come ultima sponda.

In realtà tutto questo continua oggigiorno a verificarsi e a soggiogare “l’essere umano che sembra non comprendere che andando contro il suo Creatore, in realtà va contro se stesso rinnegando la sua origine e dunque la sua verità” che è racchiusa nel comprendere invece che “tutti portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita umana sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda dell’inviolabilità della dignità umana contro ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere. L’essere ad immagine e somiglianza di Dio indica poi che l’uomo non è chiuso in se stesso, ma ha un riferimento essenziale in Dio”.

Ecco perché quando la Chiesa annunzia il Vangelo attesta all’uomo – in nome di Cristo – la sua dignità e la sua vocazione facendo sì che egli – comprendendo la propria trascendenza – impari ad incontrare l’altro in una rete di relazioni sempre più autentiche; “l’umanità comprende sempre più chiaramente di essere legata da un unico destino richiedente una comune assunzione di responsabilità, ispirata da un umanesimo integrale e solidale” .

D’altronde – per quanto si tenti di confutarlo – il significato profondo dell’esistenza implica interrogativi essenzialmente religiosi; l’apertura a Dio determina la libertà religiosa nonché il fondamento di tutta la dignità della persona umana che avendo Dio come fine ha un valore unico!

Questa nobile e fondamentale attività tende a dare un senso pieno alla vita facendo capire all’uomo che non è solo e che è voluto e amato da Dio, e soprattutto “rappresenta l’espressione più elevata della persona umana, perché è il culmine della sua natura razionale” .

Hegel ne esaltava la valenza affermando che “è il punto di partenza e arrivo di tutto, da cui tutto prende il suo inizio e a cui tutto ritorna” ; gli antropologici invece ci informano che l’uomo ha – in tal senso – sviluppato un’intensa attività sin dall’età paleolitica. L’homo religiosus è in piedi con le braccia tese sulle rocce della Valcamonica a testimonianza che non c’è mai stata nessuna società senza religione; tutti esistiamo prima in Dio che in noi stessi e per questo motivo la creatura ragionevole si deve ricollegare “affinché tutti i fiumi ritornino alla sorgente dalla quale sono sgorgati” . E’ la religione naturale la via di salvezza poiché è espressione dell’accettazione di Dio, del rispondere a Lui positivamente contro la via della perdizione vissuta da autori quali Lucrezio “la religione è fonte di tutti i mali”; Marx “è l’oppio del popolo”; Nietzsche “è una ferrea tana di errori”; Sigmund Freud “non è l’uomo a essere stato fatto a immagine di Dio, ma è Dio a essere semplicemente un’immagine proiettata dall’uomo”.

Ad avvalorare la concezione dell’uomo come soggetto autonomo auto-costituentesi – scisso da qualsiasi rapporto con Dio – è stata la scienza moderna; essa ha infatti minato fortemente la teologia dell’imago Dei tanto da respingere la nozione di un riferimento oggettivo nel mondo che collochi l’uomo con riferimento ad un Dio senza proprietà — ovvero impersonale — proposto da alcune versioni della teologia negativa. La concezione di un universo che progredisce grazie alla scienza moderna si è sostituita all’idea classica di un cosmo fatto a immagine divina tanto che alla fine l’ateismo è risultato essere un presupposto necessario. In merito, Padre Battista Mondin nel libro Il problema di Dio sostiene siano cinque gli atteggiamenti finalizzati a rifiutarLo; l’ignoranza, l’indifferenza religiosa, l’agnosticismo, la secolarizzazione e l’ateismo.

Considerando gli elementi predominanti presenti in quanto espresso sino ad ora, è utile sintetizzare la spiegazione che egli fornisce in merito agli ultimi due atteggiamenti; la secolarizzazione esclude la religione per assicurare maggiore autonomia alle altre attività umane; questo termine è stato introdotto nel 1648 con la Pace di Vestfalia con senso prettamente giuridico indicante il passaggio di proprietà dal dominio della Chiesa all’uso dello Stato per scopi profani. E’ Gogarten a dare al termine una connotazione teologica ben definita; “secolarizzazione designa la maturità dell’uomo nell’essere responsabile della propria vita” . Mentre l’ateismo – diventato negli anni 60/70 un fenomeno allarmante trascinato dalla cultura marxista sino a coinvolgere tutto il mondo occidentale distaccatosi paurosamente dalla pratica religiosa – esclude quest’ultima categoricamente poiché considerata insensata o addirittura dannosa.

Ovviamente dinanzi a tanta irragionevolezza il Magistero non è mai rimasto in silenzio; soprattutto partendo dal Concilio Vaticano II si è espresso fortemente sul significato dell’esistenza umana alla luce della dottrina dell’imago Dei poiché non è possibile costruire un’etica sociale se manca la giusta visione della dignità della persona umana.

Oltre agli scritti già menzionati, è opportuno ricordare anche la lettera enciclica Redemptor hominis nella quale l’allora papa Giovanni Paolo II ha sviluppato il sodalizio dato tra l’uomo e Cristo per via dell’Incarnazione nonché della redenzione; nella Gaudium et spes il fondamento è dato dalla ragione suprema della speciale dignità umana manifesta nell’unione con Dio che fa sì che l’uomo sia aperto alla trascendenza e che – pertanto – l’ateismo costituisca una piena contraddizione rispetto alla dignità della persona che difatti trova pienezza solo in Cristo, tanto da affermare “in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. Questa dichiarazione – si inserisce in una continuità con S. Agostino e S. Tommaso – enuncia come per risolvere il mistero dell’uomo occorra guardare al mistero del Verbo Incarnato che non riguarda l’uomo dal di fuori ma con l’incarnazione diventa chiaramente intrinseco alla nostra natura chiamata – infatti – ad essere conforme a Lui.

“È risorgendo che Cristo rivela l’uomo all’uomo” (Gaudium et spes), perché – citando il Dostoevskij – “l’uomo è un mistero che bisogna risolvere; io studio questo mistero perché voglio essere uomo” …

E’ ancora Giovanni Paolo II nella stesura Pacem in terris ad affermare che “ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili” . Dio solo è Signore della vita e della morte, e il rispetto dovuto all’inviolabilità e all’integrità della vita fisica ha il suo vertice nel comandamento amerai il tuo prossimo come te stesso.

Infine, un’ulteriore interessante riflessione giunge anche attraverso il documento – post concilio Vaticano II – Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa; esso enuncia che il Magistero propone a tutti gli uomini un umanesimo integrale e solidale, all’altezza del disegno d’amore di Dio sulla storia, che può essere realizzato se i singoli uomini e donne e le loro comunità sapranno coltivare – con il necessario aiuto della grazia divina – le virtù morali e sociali in se stessi per poi diffonderle nella società affinché nessuno dimentichi che “La Chiesa vede nell’uomo, in ogni uomo, l’immagine vivente di Dio stesso”. La Chiesa – infatti – lo richiama costantemente alla sua altissima vocazione perché ne sia sempre più consapevole e degno, e invita a riconoscere in chiunque un fratello per il quale Cristo è morto, fratello in cui è totalmente presente la struttura trinitaria del Dio cristiano.

                                                                                                                        Emanuele Cheloni

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