La risposta della PA al Coronavirus: il caso Fiumicino

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Fiumicino – Sono ormai divenute popolari le conferenze alle 18 della Protezione Civile, quelle serali del Premier Conte, le dirette social dei Presidenti delle Regioni, Fontana, Zaia o De Luca. Stiamo seguendo le parole e le azioni di chi amministra grandi territori, a livello nazionale e regionale.
Ma cosa stanno facendo i piccoli comuni, le pubbliche amministrazioni che ogni giorno affrontano i problemi concreti dei loro cittadini, anche con piccole risorse?
Fiumicino, comune giovane e territorio importante per l’aeroporto, le spiagge, il commercio e la contiguità a Roma, è un caso interessante da analizzare per la sua risposta all’emergenza Coronavirus, passato il secondo mese di lockdown. Nell’intervista al vicesindaco Ezio Di Genesio Pagliuca possiamo conoscere le misure di controllo, di azione e solidarietà intraprese per la cittadinanza nella lotta al Covid-19.

L’aggiornamento della situazione sanitaria a sabato 25 aprile: 22 cittadini positivi, con un calo del numero costante; circa 50 persone restano in vigilanza domiciliare.
Per quanto riguarda il delicato settore aeroportuale, rimane limitatissimo il traffico aereo, con una decina di voli al giorno. Ma l’Aeroporto Internazionale non desta problemi, restando l’unica realtà che non ha avuto conseguenze sanitarie per i profondi controlli effettuati fin da gennaio con i bodyscanner. Le conseguenze delle limitazioni hanno però determinato danni economici molto pesanti, con la messa in cassa integrazioni di centinaia di lavoratori.

Vicesindaco Pagliuca, qualche settimana fa il primo cittadino Montino aveva festeggiato una “comunità coesa, solidale e unita a 28 anni dalla nascita del Comune”; come rimanerlo in un momento del genere? Nella più grave crisi mai vissuta dal dopoguerra…

«Fiumicino, rispetto a Roma, ha mantenuto un legame molto forte tra i cittadini della comunità, differenziandola, nei 14 quartieri diversi ma solidali, come una dimensione più piccola e umana. Questa dimensione a misura d’uomo ci ha poi portato alla separazione dalla capitale. L’indipendenza del 1992 dopo 28 anni ha dimostrato la sua ragion d’essere, altrimenti non avremmo potuto coltivare questa comunità. È stata una scelta faticosa ma che ora si rivela fruttuosa, e lo vediamo in questa crisi lunga e radicale. Fiumicino ha uno spirito di solidarietà comune che spesso si fatica a trovare, soprattutto nelle grandi città».

Quali sono state le iniziative del Comune durante l’emergenza? 

«Sono molte e ognuna con diverse funzioni: i video #iorestoacasamanonmifermo per gli allenamenti a casa con professionisti dello sport; l’infografica Fiumicino Help per raccogliere i numeri per tutte le necessità di assistenza, alimentare e anche psicologica; l’acquisto per circa 100 mila euro di carte di credito del valore di circa 50 euro da destinare alle famiglie con bambini e persone intolleranti o ammalate per l’acquisto di prodotti specifici.
Ma soprattutto la Casa della Partecipazione, uno spazio nel centro di Maccarese dedicato al sistema di confezionamento e distribuzione dei pacchi alimentari donati da produttori e aziende del territorio per le famiglie bisognose, un progetto che si raddoppierà la sua forza per aumentare l’efficienza. Per coprire al meglio la numerosa utenza che si sta rivolgendo ai Servizi sociali per un aiuto in questo momento di emergenza».

Le donazioni a Fiumicino
Le donazioni a Fiumicino

Ma chi sono questi bisognosi? E cos’altro c’è da fare?

«Molti già li conoscevamo, ma poi sono subentrati altri soggetti. Penso a quelli che lavoravano nel settore aeroportuale mandati in cassa integrazione, e tutta la fascia legata al turismo balneare, con quei lavoratori stagionali e la prospettiva di non sapere se ci sarà lavoro quest’anno. Persone anche non abituate a richiedere un aiuto, un elemento psicologico importante da considerare. Nei pacchi che consegniamo c’è tutto, dal cibo ai detersivi. Le cooperative ci aiutano nelle consegne e nella preparazione dei pacchi, e le donazioni dei beni di prima necessità vengono convogliate anche sulle realtà di assistenza laterali, come la Comunità di Sant’Egidio. Cosa c’è da fare? A riguardo il tema è la ripresa delle attività commerciali, qui c’è bisogno di ripartire».

La Casa della Partecipazione
La Casa della Partecipazione

Questa crisi è una ferita ma anche uno spiraglio: abbiamo la possibilità di riscrivere il nostro mondo. Cosa tenerci di questa emergenza e cosa volere per il futuro?

«Il Coronavirus ci ha messi di fronte a noi stessi e alle nostre vite, aiutandoci a conoscerci meglio, a badare alle cose essenziali oltre il superfluo. Come amministrazione abbiamo sempre cercato di dare risposte; il problema era il rischio di default dei Comuni, e abbiamo chiesto, come primo fronte alle esigenze della gente, di essere liberati dai gangheri burocratici e avere le risorse che spesso arrivano tardi. Non possiamo fuggire dal cittadino e alla fine penso che ce la faremo per come stiamo lavorando. Una lezione di questo tempo sarà che solo conoscere le persone ti dà la possibilità di aiutarle».

Il sindaco è il primo responsabile di Protezione Civile. Nel rapporto con il Dipartimento nazionale, come avete lavorato?

«Ci siamo impegnati sul controllo del territorio, utilizzando anche i droni sugli arenili. Con il Dipartimento c’è un rapporto positivo e disponibile, si sono messi nei panni di chi gestisce dei cittadini quotidianamente. Particolare è stato il lavoro per l’Aeroporto e le navi da crociera, con persone bloccate, tra cui molti contagiati messi in quarantena. Ora anche questa situazione è stata superata».

I droni, le scuole a distanza, la digitalizzazione dei servizi al cittadino; sono una vostra risorsa prioritaria il digitale e la tecnologia?

«Noi siamo partiti molto prima a lavorare nel campo tecnologico, per poi essere pronti, come in questa grave crisi. Oggi stiamo sfruttando anche l’occasione per affermare la rivoluzione tecnologica comunale, che vede tutti i documenti e le pratiche del cittadino digitalizzati. Eravamo preparati a recepire questa trasformazione. Inoltre, con la giovane Marzia Mancino, assessore all’informatizzazione, innovazione tecnologica e bilancio, facciamo investimenti importanti sull’innovazione: centinaia di migliaia di euro, per la strumentazione, le macchine, e lo sviluppo dei sistemi e dei programmi. E negli ultimi due anni abbiamo aggiunto alla nostra squadra professionalità ad hoc».

Come sarà la vostra Fase 2? Che estate sarà a Fiumicino? Le spiagge, gli eventi a Fregene.

«La prossima settimana abbiamo organizzato degli incontri con le realtà imprenditoriali per fare un punto della situazione e prendere decisioni. Unica certezza oggi è l’impraticabilità degli eventi questa estate. Per la Fase 2 attendiamo le prossime decisioni, ma speriamo di sapere qualcosa un po’ prima per organizzare tutto il settore economico. Tre punti per ripartire: l’agricoltura che però ha retto bene, l’allevamento e tutto il settore terziario (aeroporto, balneari, turismo). Sarà difficile la gestione del rispetto delle distanze nelle varie attività, perché ognuna è differente: semplice negli hotel, complicata nei bar o in una spiaggia».

Anche in questo periodo sono circolate sul web e sui social pericolose fake news sul Coronavirus. All’interno dell’amministrazione avete un team dedicato alla comunicazione e ai social istituzionali? Che significato ha per voi la comunicazione pubblica?

«Sì, abbiamo una squadra che si occupa della comunicazione e dello sviluppo del canale dei social, ravvisando che oltre la comunicazione standard rappresentata da stampa e comunicati, c’era bisogno di altro. Perciò oltre la rubrica fissa del sindaco su tv e giornali locali, stiamo valutando anche altri canali per permeare gli spazi della vita informativa della cittadinanza».

Da Comune indipendente da 28 anni, come è il rapporto con la Roma del sindaco Raggi e con Ostia?

«Fratelli minori di Roma, anche in questa situazione del Coronavirus, abbiamo preso scelte diverse. Ad esempio la gestione dei buoni pasto e delle risorse della Regione Lazio, diversa da Roma: abbiamo deciso di costruire un vero supermercato cittadino comunale (la Casa della Partecipazione), per mappare meglio e conoscere le persone bisognose affinché vengano trattate in modo efficace secondo la loro storia particolare, mettendo in moto la macchina locale. Con i semplici buoni pasto non avremmo avuto la certezza di rispondere ai bisogni, gestendo solo la consegna di un buono e dimenticandoci del resto. Ostia comune? Ogni comunità ha sua storia e suo vivere. C’è una forte interdipendenza tra le nostre realtà divise solo dal Tevere. Fosse per me direi agli ostiensi, fatelo domani mattina. Tuttavia ci sono dinamiche sociali e psicologiche che tendono su un’altra strada. Per noi è stato un successo, da ex ultima provincia dell’impero. Sento e percepisco che a Ostia non c’è sentimento comune di distaccarsi, come era invece per noi. Comunque sono convinto che il sistema dei municipi romani così grandi non possa reggere, per i troppo pochi poteri rispetto alla responsabilità verso una comunità. Noi riusciamo a rispondere alle esigenze, anche grazie alle risorse economiche che abbiamo in gestione autonoma. D’obbligo sarebbe ripensare la forma istituzionale di Roma Capitale, se non si vuole essere indipendenti».

Nella sua biografia sui social lei hai scritto: “Lavoro per lasciare il mondo un po’ meglio di come l’ho trovato”. A che punto è?

«Solo all’inizio, un umile inizio. Ho la fortuna di poter lasciare un segno positivo, mettendoci passione, impegno e tutta la mia vita. Il giudizio poi lo daranno gli altri, a seconda della loro percezione, sperando che non sotterri la realtà quando uno lavora bene. Io cerco di metterci davvero il cuore, empatia, davanti ai problemi della gente, come se fossero le persone a cui vogliamo bene. Questo dovremmo fare, conoscere le persone, unica soluzione per risolvere i problemi. La vicinanza apparente dei social che mette paura e diffidenza va abbandonata».

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