Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella sera di domenica 26 aprile 2020, si è nuovamente rivolto alla nazione, con un discorso lungo (45 minuti) e paternalistico che ha verosimilmente provocato in decine di milioni di persone l’impressione di un governo “nasometrico” ed umorale dell’emergenza Covid-19.
L’attesa per questa sortita del Premier era enorme, anche perché, dall’ultimo “discorso alla Nazione”, ovvero dalla precedente conferenza stampa di venerdì 10 aprile, si erano andate accumulando dichiarazioni, voci, indiscrezioni, soprattutto in relazione alla tante volte evocata “Task Force” presieduta da Vittorio Colao.
Questa Task Force ha operato nella più assoluta segretezza (con il surreale coordinamento di Colao dalla sua casa di Londra), fatta salva qualche testata giornalistica privilegiata che ha avuto accesso, da qualche giorno, al documento di sintesi elaborato che è stato (sarebbe stato) alla base delle decisioni finali assunte ieri dal Premier.
In sintesi, questa è la gestazione del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri annunciato ieri sera: elaborazione del parere della Task Force, anche alla luce dei pareri del Comitato Tecnico Scientifico, confronto con le Regioni e gli Enti Locali e con i sindacati, nell’economia di una non ben definita “Cabina di Regia” alla quale hanno partecipato alcuni ministri, in primis Roberto Speranza… Rielaborazione redazionale e decretazione.
Confronto con il Parlamento, ancora una volta, inesistente.
E poi – va lamentato – non si è trattato di una vera e propria “conferenza stampa”, ma di un semplice monologo, perché le poche risposte alle domande predisposte sono apparse pre-confezionate.
Le reazioni delle parti politiche non si sono fatte attendere ed emerge dissenso anche all’interno della stessa maggioranza: la renziana titolare del dicastero delle Politiche Agricole Teresa Bellanova si rende interprete delle critiche di Italia Viva con un’intervista a piena pagina su “la Repubblica” di oggi, accusando il Premier di “poco coraggio”, lamentando il ritardo nell’apertura delle attività commerciali, l’assenza di una soluzione alternativa al rimandare a settembre la riapertura delle scuole, l’assenza di sensibilità rispetto alle persone fragili, con particolare attenzione a disabili e autistici…
Le scuole riapriranno a settembre: perché l’Italia in controtendenza?!
Il discorso di Conte si è caratterizzato per toni autocelebrativi e narcisistici, teorizzando un presunto “modello Italia” che potrà emergere – semmai – soltanto dopo che, tra qualche mese, sarà possibile, a mente fredda, analizzare comparativamente le varie soluzioni adottate da ogni Paese, e verificare se veramente l’Italia può rappresentare un “benchmark” a livello internazionale.
Il Premier ha annunciato un calendario di “riaperture”, la cui logica interna non appare di agevole comprensione: sicuramente è stata posta la parola “fine” alla estrema incertezza rispetto al tema della riapertura delle “scuole”. Se ancora fino a l’altro ieri, nessuno (nemmeno la Ministro Lucia Azzolina) aveva ancora espresso una parola definitiva in materia, ieri mattina la decisione di rimandare la riapertura a settembre era stata anticipata da una lunga intervista di Conte a “la Repubblica” (una sorta di benedizione per la nuova direzione affidata a Maurizio Molinari dopo il siluramento di Carlo Verdelli nell’economia dei nuovi assetti del gruppo Gedi e di rinnovate sensibilità politiche).
Decisione questa in controtendenza rispetto a quel che sta avvenendo in altri Paesi europei: il 15 aprile, la Danimarca ha fatto da apripista, riaprendo elementari e asili; in Norvegia oggi 27 aprile, tornano a scuola oggi i bambini delle elementari, una settimana dopo la riapertura delle materne; in Germania, le scuole riapriranno dal 3 maggio in modo differenziato tra i Laender (in alcuni sono già rientrati i maturandi); la Francia si prepara a ripartire per chi deve fare la maturità e per le materne e nidi dall’11 maggio; in Lussemburgo, si riapre il 4 maggio, come in Austria; in Grecia, il 10 maggio… In Svezia, le scuole non sono mai state chiuse.
Eppure, parrebbe che fino a pochi giorni fa, le due opzioni fossero ancora prese in seria considerazione dalla Ministro Lucia Azzolina (la quale, forse non a caso, non si esprimeva in modo netto, nemmeno in parlamento), ovvero riaprire dal 18 maggio o riaprire a settembre. Determinante sarebbe stato il parere contrario del Comitato Tecnico Scientifico, ed in particolare di Franco Locatelli, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità (Css), come già avevamo segnalato anche su queste colonne.
Il Presidente del Consiglio ha completamente ignorato la pluralità di appelli di coloro che chiedevano una riapertura delle scuole, seppur con tutta la prudenza del caso, con tutta la gradualità del caso. Tra gli appelli, uno dei più seguiti è stato quello promosso da Sarah Malnerich e Francesca Fiore, fondatrici del dissacrante blog “mammadimerda”, fautrici dell’ingresso dei diritti dell’infanzia nella “agenda governativa” del Covid: “i bambini sono scomparsi dal discorso politico, si è parlato più dei problemi dei runner e dei cani che di loro”.
Ormai “sudditi” del “sovrano” Conte?!
Quel che ha infastidito molti è l’atteggiamento ed il linguaggio di Conte, domenica sera: cortese e pacato, ma con l’utilizzazione di espressioni infelici come “noi permettiamo” ovvero “noi consentiamo” ovvero “noi non…”, “noi non…” e finanche “noi vietiamo”.
Formule non esattamente consone ad una semantica democratica.
Merita attenzione, in argomento, l’intervento di uno scatenato Nicola Porro, efficacemente intitolato “Siamo diventati sudditi del sovrano Conte”, in una sorta di “edizione straordinaria” della sua rubrica “Zuppa di Porro” su “il Giornale”.
E merita essere ascoltato – anche soltanto per la vivacità retorica – l’intervento eccentrico di una parlamentare eterodossa, già esponente del Movimento 5 Stelle ed attualmente iscritta al Gruppo Mistro della Camera, Sara Cunial, che ha sostenuto con veemenza che i provvedimenti governativi “sono incostituzionali”, ed ha simbolicamente strappato i Dpcm nel suo intervento in Aula venerdì scorso, concludendo sarcasticamente “ed ora scaricatevi le vostre app”.
Ed anche un saggio certamente non di simpatie destrorse come Sabino Cassese ha sostenuto oggi sulle colonne del quotidiano “il Tempo” che è stata “violata la nostra libertà”, accusando il Governo di aver agito in maniera confusa e contro alcuni principi base della nostra Costituzione, sospendendo da quasi due mesi alcune libertà essenziali. “Si è consentito alle Regioni di dettare ordini che sono di competenza solo dello Stato”, accusa ancora il professore emerito della Scuola Normale di Pisa.
Secondo alcuni ambienti di Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio ha deciso di ri-prendere in mano il bandolo di una matassa che si stava andando complicando assai, dato che la scadenza di domenica 3 maggio era imminente e che grande confusione aleggiava ovunque.
I più si attendevano però, da giorni, una pubblica sortita del Presidente della Task Force Vittorio Colao, ma parrebbe che il documento elaborato dai 17 super-esperti (integrati dal Capo Dipartimento Angelo Borrelli e dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri) non abbia provocato grande entusiasmo nel Premier (“quattro paginette buttate lì…”, avrebbe confidato al suo staff), e quindi egli abbia deciso di intervenire in prima persona.
Il Premier, in particolare, avrebbe rigettato la proposta della Task Force che puntava a non far uscire dall’isolamento le persone dai 60 anni in su.
Che il Premier fosse, domenica sera, sotto tensione lo si è compreso da alcuni errori: basti osservare, in particolare, il lapsus col quale ha sostenuto che la pubblica amministrazione ha reagito con efficacia allo stress di “11 mila” istanze (tra cassa integrazione e redditi assistenziali di varia natura), allorquando certamente intendeva “11 milioni”… E che dire di imprecisioni come l’uso dell’espressione “immediate vicinanze”, allorquando essa non è stata mai utilizzata nei decreti (restando peraltro giuridicamente indefinito il concetto di “vicinanze”…).
Da osservare anche la totale assenza di riferimenti, nel discorso di Conte, rispetto alla “app” Immuni per il tracciamento: curiosa rimozione, in verità, che potrebbe confermare che forse anche il Presidente del Consiglio nutre perplessità sulla controversa applicazione…
Non entreremo qui nel merito del “calendario” deciso, anche perché sarà necessaria una analisi accurata del testo del decreto, per acquisire una comprensione approfondita della logica gerarchica sottostante (dando per scontato che vi sia…).
Autoreferenzialità e narcisismo, tecnocrazia sanitaria ed economica
Quel che non è piaciuto a molti è l’atteggiamento autoreferenziale ed ottimista ad oltranza: in sostanza, “siamo stati bravi, abbiamo fatto il meglio, abbiamo coscienza di una qualche criticità, ma suvvia la supereremo comunque grazie alle nostre capacità di buon governo, basate sempre sul parere degli scienziati…”. Più volte il Premier ha infatti utilizzato la parola “scienziati”, che evidentemente preferisce a quella di “esperti” e di “tecnici”, anche se il Comitato Tecnico Scientifico del Dipartimento della Protezione Civile è stato evocato, come se esso fosse il “Garante” assoluto di una presunta oggettività scientifica.
Si conferma il rischio di una pseudo “tecnocrazia sanitaria” che continuerà a governare il Paese nelle prossime settimane, affiancata da una pseudo “tecnocrazia economica”, nella oscillazione tra Comitato Tecnico Scientifico e Task Force.
Nel discorso del Premier, si sono affastellate questioni delicate e questioni meno delicate, dall’assistenza alle categorie sociali più fragili (che non ha beneficiato di alcuna significativa attenzione) alla ripresa delle attività sportive e turistiche. Basti notare come, a fronte delle conseguenze della perdurante chiusura delle scuole, Giuseppe Conte abbia invocato l’opportunità di stimolare reti di sostegno sociale. Belle parole, ma concretamente?!
Senza mettere il dito nella piega delle tante contraddizioni logiche e burocratiche dei nuovi provvedimenti: dal 4 maggio, per esempio, parenti e familiari potranno uscire dalle proprie abitazioni per incontrarsi (alla buon ora!), ma non si potranno organizzare feste di sorta (“party”, ha precisato più volte il Premier, ed inevitabile l’eco dello slogan “No Martini, no party” reso celebre da George Clooney), e comunque i fidanzati – secondo questi un po’ surreali decreti – non potrebbero incontrarsi, non essendo… “congiunti”, ovvero non avendo un legame riconosciuto dalla legge!
Nel decreto firmato dal Presidente del Consiglio ieri sera, si legge, come ultimo punto delle premesse, “Visti i verbali n. 57 del 22 aprile 2020 e n. 59 del 24-25 aprile 2020 del Comitato Tecnico Scientifico”… Sarà interessante leggere questi verbali, quanto prima, se quel che il Capo Dipartimento Angelo Borrelli ha preannunciato si concretizzerà: ad una nostra domanda, giovedì scorso, ha infatti risposto confermando l’intenzione di renderli di pubblico dominio, al netto di elementi particolarmente sensibili (vedi “Key4biz” del 24 aprile 2020, “Colao non comunica, ma Borrelli assicura: “comunicherà”. Come e quando? Da Londra da dove guida la task force?“).
Il crash con la Chiesa Cattolica
Una delle questioni più controverse emerse dall’ultima sortita del Premier è stata sollevata dalla Conferenza Episcopale Italiana che, poco dopo la sortita di Conte, è intervenuta con una presa di posizione netta e dura: il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato domenica sera “esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”. I Vescovi italiani hanno dichiarato che “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
Immediata la reazione dell’esponente del Partito Democratico, il Senatore Andrea Marcucci (capo gruppo a Palazzo Madama), che mixa – in una critica non tanto velata – il sacro ed il profano: “Credo che l’ammonimento della Cei sia corretto. Non poter individuare ipotesi che prevedano il distanziamento sociale, ma permettano le funzioni religiose, sembra incomprensibile. Spero che il Governo ci metta più attenzione. Poi le chiusure di ristoranti e bar possono creare condizioni di non riapertura. C’è il rischio che si disperda un patrimonio nazionale enorme e non più ricreabile”…
Ha commentato efficacemente Alessandro Sallusti sulle colonne de “il Giornale”: “puoi stare a distanza di un metro sul metrò, ma non in chiesa. Che senso ha?! Misteri della scienza e degli Azzeccagarbugli”.
A distanza di un paio di ore dalla fine del discorso di Conte, le agenzie stampa battono una sorta di… autocritica di Palazzo Chigi: “La Presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”. Ah, bene, un parziale “U-turn”, allora, o comunque una marcia indietro.
Stato confusionale acuto.
Confusione confermata dalla suggestiva immagine del Presidente della Repubblica che si reca a rendere omaggio alla Liberazione, indossando la mascherina nel suo tributo davanti all’Altare della Patria, in perfetta solitudine: ma la mascherina, ad oggi, non è obbligatoria (conferma il Ministero della Sanità), ed è semmai soltanto raccomandata, se non in caso di impossibilità a mantenere la distanza “di sicurezza”… Che messaggio simbolico ha voluto trasmettere al Paese Sergio Mattarella?!
Disattenzione totale sulle conseguenze psico-sociali di provvedimenti così draconiani
E, ancora una volta, una estrema disattenzione, anzi una totale disattenzione, rispetto alle conseguenze psico-sociali che questi provvedimenti draconiani stanno determinando nel tessuto immateriale e spirituale del nostro Paese. Terribili possono essere gli effetti di queste dinamiche carsiche, nel medio-lungo periodo, per la salute – intesa in senso lato – dell’Italia.
Un dettaglio, apparentemente marginale, ma in verità forse significativo: se il “governo” del nostro Paese – per quanto riguarda l’emergenza Coronavirus, che assorbe attualmente gran parte del “decision making” nazionale – è stato sostanzialmente affidato ormai al Comitato Tecnico Scientifico del Dipartimento della Protezione Civile, sarà del tutto casuale che la disattenzione verso le conseguenze psico-sociali di provvedimenti così rigidi e repressivi sia stata determinata da un organismo formato da 20 esperti e tecnici (venti), tutti ma proprio tutti… maschi?! Forse una qualche anima femminile all’interno del Comitato Tecnico Scientifico avrebbe potuto arricchire in modo proficuo e dialettico il dibattito interno, apportando sensibilità che sembra siano state ignorate (i bambini e le categorie sociali più fragili).
Intanto, attendiamo di leggere i verbali del Cts…