La ‘fase 2’ nel settore media e cultura. Una piccola grande manna in arrivo

  ICT, Rassegna Stampa
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L’annuncio da parte del Governo di interventi economici consistenti, per riavviare l’economia organizzativa e strutturale delle industrie culturali e creative italiane, si scontra con una grande crescente confusione policentrica, tra linee-guida epidemiologiche rigide e decreti applicativi in gestazione.

La ricostruzione del quadro generale non è agevole, perché si assiste al solito “governo policentrico”: per esempio, non si osserva alcuna “strategia” convergente tra soggetti pubblici come Rai e come Cinecittà, o tra i differenti interventi a favore del settore del cinema, dello spettacolo dal vivo, messi in atto dal Governo guidato da Giuseppe Conte ed in particolare dal titolare del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo, Dario Franceschini.

Questo deficit emerge, paradossalmente, anche dal documento unitario che è stato approvato l’altro ieri, mercoledì 27, dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati: si tratta di una risoluzione dedicata alle “Misure di sostegno dell’editoria a contrasto degli effetti dell’epidemia Covid 19”.

La risoluzione unitaria della Commissione Cultura della Camera

Il testo unifica le diverse risoluzioni presentate nei giorni scorsi dai deputati di tutte le forze politiche della 7ª commissione: per la maggioranza: Gianluca Vacca (M5S), Flavia Piccoli Nardelli (Partito Democratico), Michele Anzaldi (Iv); Nicola Fratoianni (Leu); per la minoranza: Daniele Belotti (Lega), Luigi Casciello (Forza Italia), Federico Mollicone (Fratelli d’ Italia).

Nell’emergenza sanitaria, osserva la Commissione Cultura di Montecitorio, “il sistema della stampa ha continuato a svolgere una funzione essenziale di pubblico interesse, assicurando ai cittadini un servizio informativo professionale che, oltre a concorrere all’efficacia delle misure di contenimento del contagio, ha concretamente garantito l’esercizio dei diritti di libertà di cui all’articolo 21 della Costituzione”. Dopo questa attestazione di apprezzamento, la Commissione segnala che “desta viva preoccupazione la condizione delle tante imprese editrici di quotidiani e periodici e imprese radiotelevisive locali, che, a causa della pandemia, hanno visto aggravarsi i preesistenti fattori di crisi e, in assenza di immediati interventi volti a limitare l’impatto della caduta degli investimenti, devono ritenersi esposte a seri rischi di tenuta finanziaria e occupazionale”.

I deputati della Commissione Cultura ricordano come “il settore editoriale è investito da almeno dieci anni da una pesante crisi strutturale che l’emergenza in atto sta aggravando”.

Il problema riguarda sia l’editoria giornalistica, sia quella libraria: secondo l’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (Aie), “già al 20 marzo 2020, gli editori avevano pesantemente rivisto i piani editoriali per il 2020 e ridotto del 25 per cento le novità in uscita, con un calo annuale di 18.600 titoli, corrispondente a 39,3 milioni di copie che non verranno stampate e 2.500 titoli che non saranno tradotti”. Attualmente, la vendita di libri fa segnare già una caduta del 75 per cento (!) delle vendite rispetto al 2019.

La risoluzione unitaria, quindi, impegna il Governo “ad adottare iniziative, fin dai prossimi interventi di sostegno economico delle imprese per l’emergenza epidemiologica da Covid-19, per un significativo rafforzamento delle misure per la stampa, secondo una logica di filiera che consideri in un unico quadro tutti gli operatori del settore e i loro specifici bisogni, escludendo la logica dei ‘contributi a pioggia’ e favorendo per le cooperative editoriali l’utilizzazione degli strumenti introdotti dal decreto “Cura Italia”.

L’Iva al 4 % su tutti i prodotti e servizi culturali: cosa si attende?!

Vengono proposte concrete, certamente valide, ma con formule discretamente aleatorie, come “impegna il Governo a valutare”: non si comprende che esigenza vi sia di “valutare” una auspicabile norma che è semplice e che sicuramente potrebbe contribuire a stimolare la ripresa dei settori, quale sarebbe, per esempio, l’uniformazione dell’Iva al 4 % su tutti i prodotti e servizi culturali, e la detrazione a fini fiscali dei consumi di cultura (libri, dvd, biglietti, giornali e altro).

La Commissione “impegna il Governo” anche “ad accelerare il processo di riforma organica del sistema della contribuzione diretta alle imprese editrici” e ad “valutare” (ancora…) l’opportunità di ridurre per il 2020 di almeno il 5 per cento i parametri per l’accesso ai contributi diretti all’editoria cartacea, “relativamente al rapporto tra diffusione e venduto, e di rideterminare, in attesa della riforma del sistema della contribuzione diretta, i termini per la regolarità dei pagamenti da rendicontare, compresi gli adempimenti tributari e contributivi, in modo tale da tutelare gli editori piccoli e indipendenti”.

Si invita inoltre il governo “ad adottare iniziative per assicurare la tempestiva destinazione al Fondo per il Pluralismo e l’Innovazione dell’Informazione della quota del gettito del canone della Rai prevista a legislazione vigente, pari a 86 milioni di euro nel 2019, di cui il 50 per cento destinato alle misure per l’editoria”. E qui, francamente, non si comprende proprio perché i soldi che il cittadino deve pagare per il semplice possesso dell’apparecchio televisivo – dato per scontato che se ne fruisca attraverso la rete elettrica – debbano essere destinati ad utilizzazioni altre: il canone dovrebbe essere destinato tutto alla Rai Radiotelevisione Italiana spa, che finisce per ricevere soltanto quattro quinti del flusso della tassa-canone (perché???).

Stupisce piuttosto che la Commissione non abbia ritenuto di segnalare o raccomandare o anche soltanto auspicare che il Governo intervenga per consentire alla Rai di superare le sabbie mobili nelle quali si trova: basti ricordare, in questo caso, gli “spiccioli” che sono stati destinati da Viale Mazzini per il canale internazionale ed il canale istituzionale. Una sorta di presa in giro, rispetto alle previsioni del “Contratto di Servizio”. Nessuno però sembra lamentarsene, e la deriva inerziale continua… incluso l’accantonamento del mitico “Piano Industriale” e le voci che danno l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini in uscita, giunto a saturazione per la difficoltà ad operare, a causa di maggioranze variabili nel Cda.

Il recepimento della Direttiva sul diritto d’autore: anche questa a rischio stagnazione

Ci sono poi molti altri… suggerimenti (queste risoluzioni non hanno alcun carattere vincolante per l’Esecutivo, e finiscono per divenire simpatici auspici): il Governo si dovrebbe impegnare “ad adottare iniziative normative, con urgenza, per il recepimento della Direttiva Europea 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale”, ed anche qui non si riesce a comprendere il ritardo nella procedura, anche se si ha coscienza che questa è una delle “contraddizioni interne” della attuale maggioranza, con i grillini non granché convinti e le altre forze della maggioranza – Pd in primis – che sono favorevoli. Intanto il tempo passa, e la Società Italiana Autori Editori ha messo in atto una campagna di sensibilizzazione, a partire dal 6 maggio scorso, con un appello promosso dal Presidente Giulio Rapetti Mogol.

E che dire dell’impegno che il Governo dovrebbe assumere “affinché sia evitata nel mercato radiotelevisivo la pratica scorretta del dumping”?!

E, ancora, del valutare (ancora…) l’introduzione “per l’anno 2020 di un credito d’imposta del 50 per cento per le spese sostenute dalle imprese radiofoniche per l’utilizzo di energia elettrica”.

Il Governo viene impegnato a “garantire, a partire dal prossimo anno scolastico, la piena attuazione della misura per la promozione della lettura introdotta con l’ultima legge di bilancio, che riconosce alle istituzioni scolastiche pubbliche e paritarie, di ogni ordine e grado, un contributo per l’acquisto di abbonamenti a giornali e riviste di settore, nonché della misura che ha inserito i quotidiani tra i prodotti culturali acquistabili dai ragazzi con la ‘18App’, nonché a implementare la realizzazione dei progetti scolastici previsti dalla medesima misura della legge di bilancio 2020, al fine di avviare un ampio percorso di educazione all’uso critico dei mass media”.

Sostegno “congruo” a librerie e piccoli editori: ovvero? Congruo “quanto”?!

La commissione Cultura impegna l’esecutivo “ad adottare iniziative di sostegno specifiche, per le librerie e per i piccoli editori, prevedendo incentivi alle librerie a fondo perduto, facilitazioni per l’accesso al credito, e ampliamento del tax credit e quindi ad adottare, nel primo provvedimento utile, misure straordinarie volte all’istituzione di un fondo dedicato alla filiera editoriale libraria con congrua dotazione”. Come si quantifica una dotazione… “congrua”, sulla base di quali indicatori, di grazia?!

E, in merito al fenomeno della “pirateria editoriale”, la Commissione impegna il Governo “a promuovere un’iniziativa normativa idonea a dotare il nostro ordinamento di più adeguati strumenti per la difesa della proprietà intellettuale e dei contenuti editoriali”.

Come dire?! Bello, tutto molto bello, ma, al di delle (belle) intenzioni, con quali risorse e con quali strumenti?!

Con quale gerarchizzazione degli auspicati interventi della mano pubblica?!

I settori dell’editoria giornalistica e libraria, del cinema e dello spettacolo da vivo, sono forse “in sofferenza” allo stesso modo, per le stesse concause? No.

Manca completamente un approccio di analisi approfondita e di studio accurato delle politiche culturali e delle economie mediali del nostro Paese: fino a quando si farà ancora riferimento a ricerche fragili come il rapporto annuale di Symbola, si continuerà a lavorare in modo nasometrico.

La risoluzione unitaria adottata dalla VII Commissione il 27 maggio si conclude con l’impegno al Governo di “ad adottare ogni iniziativa utile a limitare l’impatto delle perdite per il sistema editoriale derivanti dall’emergenza sanitaria, a sostenere l’informazione professionale e di qualità e a garantire la tenuta occupazionale e finanziaria di un settore economico cruciale per la qualità della democrazia”.

Ancora una volta, deficit di respiro sistemico e strategico

Con tutto il rispetto dei parlamentari che hanno deciso di condividere ed approvare questo testo “unitario”, sia consentito osservare che esso interviene su alcuni punti, ma senza alcun respiro sistemico e strategico.

Sarebbe invece proprio necessario un energico impulso di rigenerazione a 360 gradi, “approfittando” della pandemia (e della profonda crisi che essa ha apportato anche al settore), per una riflessione critica su come lo Stato italiano interviene a favore del sistema culturale.

Questa riflessione non c’è, e non c’è anche perché lo stato dell’arte delle conoscenze, delle analisi valutative resta terribilmente arretrato.

Se debole è stato finora il risultato della valutazione di impatto della Legge Cinema e Audiovisivo, in Italia è inesistente (ribadiamo: inesistente) una cultura della valutazione degli interventi pubblici nel settore dello spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza…), dell’editoria, della fonografia, della multimedialità…

Esistono “fondi” (anzi, ne nascono di nuovi, più o meno emergenziali), si osservano “interventi” (talvolta anche economicamente notevoli), senza che nessuno sembri porsi il problema: diamo 10 o 100 o 1.000… bene, ma quali risultati ci attendiamo, in termini di impatto economico, sociale, culturale?! E questo intervento rientra in una strategia di sistema per la cultura italiana?

Il 30 aprile, il Ministro Dario Franceschini ha annunciato ad autori, artisti, associazioni, in una inedita “video-conferenza” e “call” telematica, le iniziative assunte dal Governo: dai 130 milioni di euro previsti con il “Cura Italia” ai decreti firmati con 20 milioni di euro per i settori non finanziati dal “Fondo Unico per lo Spettacolo” (Fus), dai 13 milioni di euro dalla “copia privata” per i redditi più bassi, ai 5 milioni per lo spettacolo viaggiante…

Estemporanee decisioni politiche e rare valutazioni di impatto

Anche in questo caso, naturale sorge il quesito: è cosa “buona e giusta” interrompere, di fatto, la positiva esperienza triennale dei bandi per la “copia privata” destinati alla creatività giovanile “under 35”?!

La Siae, attraverso i bandi “Sillumina” e poi “Per Chi Crea” ha concretamente sostenuto migliaia di progetti, nell’arco di 3 anni, che, a questo punto, sembra non abbiano chance di essere rifinanziati per il 2020/2021, se quei proventi del 10 % della copia privata verrà destinato ad altra utilizzazione (come dire?! anch’essa, senza dubbio, importante nella sua funzione assistenziale emergenziale, ma sganciata da una logica di medio periodo). Peraltro, queste iniziative sono state oggetto – “rara avis” in Italia – giustappunto di una valutazione di impatto (affidata da Siae ad IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale) che ha consentito di apprezzare le ricadute socio-economiche dell’intervento.

In questi giorni, si è chiuso il termine per la presentazione delle offerte per il bando Mibact per la “valutazione di impatto” della Legge Cinema e Audiovisivo (strumento cognitivo saggiamente voluto dal Ministro artefice della riforma del settore, a fine 2016, Dario Franceschini), e tra pochi mesi si dovrebbe disporre delle analisi relative all’anno 2019 (si tratta di circa 400 milioni di euro l’anno previsti dalla legge): non resta da augurarsi che venga realizzata una fotografia / radiografia più evoluta rispetto a quella dell’anno scorso, che conteneva – tra l’altro – alcuni errori marchiani ai limiti dell’incredibile (vedi “Key4biz” del 3 marzo 2020, “Nicola Borrelli torna a guidare la Direzione Cinema ed Audiovisivo”, ed era tutta incentrata su un approccio “economicista”, allorquando valutazioni di questo tipo debbono affrontare anche tematiche sensibili come l’estensione del pluralismo espressivo, l’arricchimento dell’offerta, il sostegno degli autori e della produzione indipendente…

Ce la faranno i cinema e teatri a riaprire, dal 15 giugno?

In questo scenario di interventi policentrici, crescente confusione, deserto di conoscenza, si deve poi assistere all’intervento – spesso irrazionale – di soggetti “estranei” al settore, come il Comitato Tecnico Scientifico (Cts) del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ovvero della Conferenza Stato-Regioni, che cercano di “regolare” la ripresa delle attività del settore senza un adeguato confronto dialettico con gli operatori.

Abbiamo già denunciato su queste colonne (vedi “Key4biz” del 12 maggio 2020, “Fase 2, quando e come riapriranno cinema e teatri”) l’assurdità di imporre vincoli rigidi, come i 200 spettatori in luoghi chiusi e 1.000 spettatori all’aperto, ovvero l’obbligo per i teatranti di indossare la mascherina. A nulla sono finora servite le proteste (peraltro non particolarmente vivaci) delle associazioni di settore, ed il termine del 15 giugno (data probabilmente uscita da un lancio di dadi, più che dalla sfera di cristallo degli “esperti”) resta un’ipotesi rispetto alla quale molti imprenditori nutrono dubbi, sia per la riduzione del potenziale di incassi sia per i costi necessari per mettere in atto alcuni processi di precauzione sanitaria (sanificazione). Anzi, pochi giorni fa, lunedì 25 maggio, la Conferenza delle Regioni ha aggiornato e integrato le “Linee Guida delle attività produttive” per riaprire in sicurezza alcuni settori produttivi (sono state approvate le linee per le riaperture di cure termali e centri benessere, guide turistiche e professioni montagna, e sono state aggiornate quelle per ristorazione, strutture turistiche ricettive e all’aria aperta, piscine e rifugi alpini). Per teatro e cinema e musica e danza, si conferma sostanzialmente quanto già definito. Si legge: “i posti a sedere dovranno prevedere una seduta ed un distanziamento minimo, tra uno spettatore e l’altro, sia frontalmente che lateralmente, di almeno 1 metro. Per nuclei familiari e conviventi, vi è la possibilità di sedere accanto, garantendo la distanza fra loro e gli altri spettatori di 1 m, nonché possibilità di ridurre il distanziamento sociale di 1 metro in presenza di divisori in plexiglass, anche rimovibili, da installare tra un nucleo di spettatori ed un altro”. Da non crederci, veramente. L’obbligo di mascherina per gli artisti non viene esplicitato: si legge soltanto che “l’eventuale interazione tra artisti e pubblico deve garantire il rispetto delle raccomandazioni igienico-comportamentali ed in particolare il distanziamento tra artisti e pubblico di almeno 2 metri”. E quindi – grazie agli dèi – attori e ballerini senza mascherina?! Non ne saremmo proprio sicuri…

Il 29 maggio è stato reso di pubblico dominio l’“Atto di indirizzo” di Istituto Luce Cinecittà per il triennio 2020-2023: torneremo sulla questione, ma non ci sembra di poter osservare un salto di qualità (strategica). Ed infatti si legge che esso è stato redatto… “ricalcando l’atto di indirizzo del triennio precedente”. Ciò basti. E qualcuno ha mai pensato che forse sarebbe opportuna una “valutazione di impatto” del ruolo di Luce Cinecittà nell’economia complessiva del sistema audiovisivo italiano? Pare proprio di no. Conservazione inerziale (assenza di innovazione), sopravvivenza dell’esistente (apparati inclusi).

Il rischio di ingolfamento dell’Ufficio Legislativo Mibact, nella gestazione di tanti decreti

Altra criticità va identificata nella quantità di decreti e regolamenti che sono in gestazione, che corrono il rischio di intasare l’Ufficio Legislativo del Mibact, a seguito del Decreto Legge cosiddetto “Rilancio”. Si corre il rischio di una… “emergenza burocratica”, insomma.

Per il settore turismo e cultura, si attendono oltre 15 provvedimenti attuativi (tra decreti ministeriali, provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate, adeguamenti statutari), che dovrebbero concretizzarsi nell’arco dei prossimi 180 giorni. Infatti, molte misure contenute del “Decreto Legge” Rilancio varato dal governo per far fronte alla crisi generata dalle misure di contenimento della diffusione del Covid-19 hanno necessità ora di decreti attuativi per entrare effettivamente in vigore. Nel Dl, sono individuati ben 103 provvedimenti attuativi: 1 Dpr, 5 Dpcm, 71 decreti ministeriali, 26 atti di altra natura.

Per quanto riguarda specificamente i settori del turismo e della cultura bisognerà attendere almeno 15 decreti ministeriali, un provvedimento dell’AdE per dare attuazione alle disposizioni contenute nel decreto e l’adeguamento delle norme che riguardano l’Enit.

Ognuno dei 10 articoli del “Dl Rilancio” che riguarda due settori tra i più colpiti dalla crisi prevede almeno un decreto attuativo. Ci sono poi anche altri decreti che riguardano misure comuni a molti settori, e che in parte possono interessare anche la cultura e il turismo…

Il passaggio dalla “teoria” alla “pratica” sarà complesso e complicato, ed anche la tempistica di effettivo intervento non rientra esattamente nel “breve periodo” (così intendendo sei mesi o un anno)…

Per quanto riguarda specificamente la cultura, possono essere identificati almeno quattro aree di intervento:

– “Librerie, musei non statali, spettacoli”: nello stato di previsione del Mibact, è istituito un “Fondo Emergenze” imprese e istituzioni culturali, con una dotazione di 210 milioni di euro per l’anno 2020, destinato al sostegno delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, nonché dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura. Il Fondo è destinato altresì al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, in seguito all’emergenza Covid, di spettacoli, fiere, congressi e mostre. Con uno o più decreti del Mibact, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sono stabilite le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse, tenendo conto dell’impatto economico negativo nei settori conseguente all’adozione delle misure di contenimento del Covid-19. Ci si domanda con quale strumentazione tecnica sarà possibile “valutare” effettivamente l’impatto economico della pandemia, dato che le conseguenze non si misurano soltanto sui minori ricavi, ma sull’effetto “crash” che si è venuto a determinare lungo tutte le filiere di settore…

– “Cinema ed audiovisivo”: il titolare del Mibact può adottare, limitatamente agli stanziamenti relativi all’anno 2020, uno o più decreti per il sostegno al settore del cinema attraverso il “tax credit”.

– “Fondo Cultura”: il “Dl Rilancio” ha previsto un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2020, finalizzato alla promozione di investimenti e altri interventi per la tutela, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale. Con decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono stabilite modalità e condizioni di funzionamento del fondo.

– “Sostegno di artisti, interpreti, esecutori”: entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, i Commissari liquidatori dell’Imaie (Istituto Mutualistico per la Tutela degli Artisti Interpreti ed Esecutori) depositano il bilancio finale di liquidazione, comprensivo anche dell’ultimo piano di riparto. Approvato il bilancio finale, le somme corrispondenti al residuo attivo, comprese le somme relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del Mibact, e ripartite in favore degli artisti, interpreti ed esecutori, secondo le modalità definite con decreto ministeriale, anche qui – come da formula ormai rituale – “tenendo conto dell’impatto economico conseguente all’adozione delle misure di contenimento del Covid-19”.

Imminente aumento delle tariffe per la “copia privata”: ma esiste una “vision” sistemica e strategica della questione?

La questione “Imaie” ci porta immediatamente anche al dossier “Siae” così come al più generale tema della gestione del diritto d’autore, e di dinamiche annesse e connesse, come quelle della controversa “copia privata”. Ieri si è tenuta al Mibact, con lo strumento Zoom – la riunione (convocata d’urgenza con soltanto 48 ore di preavviso) del Comitato Consultivo sul Diritto d’Autore, ai cui lavori è in parte affidato l’aggiornamento delle tariffe. Si ricorda che la bozza di lavoro fatta circolare dal Mibact nei mesi scorsi prevedeva aumenti dei compensi per copia privata soprattutto sui beni più diffusi: per esempio, da 5,20 a 6,90 euro (un incremento del 33 %) su “smartphone” superiori a 128 gigabyte e sui computer di ogni ordine e grado; e poi l’introduzione di nuove categorie come gli “smartwatch” (!) e i “decoder” televisivi con funzione “Pvr”… Sarà interessante comprendere cosa verrà alla fine deciso.

E su questa ultima vicenda, chiudiamo queste annotazioni: anche in questo caso, il Governo ha dedicato la necessaria attenzione di studio, analisi, valutazione, considerando la questione nell’economia complessiva del sistema culturale, e non soltanto dal punto di vista “partigiano” degli autori e degli editori invece da quello dei costruttori di “hardware”?!

La ‘fase 2’ nel settore media e cultura. Una piccola grande manna in arrivo