“La violenza sulle donne non è un raptus”, l’importanza del linguaggio per Adriana Pannitteri

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Roma – Secondo i dati del Dossier del Viminale di agosto durante l’emergenza Covid-19 la violenza sulle donne ha continuato a rappresentare un pericoloso fenomeno sociale. Durante il primo lockdown, nel periodo dal 9 marzo al 3 giugno, sono stati infatti registrati 58 omicidi in ambito familiare-affettivo: le donne vittime sono 44 (il 75,9%). Numeri che oltretutto ribadiscono come la minaccia più grande possa spesso annidarsi tra le pareti domestiche.

Padri, fidanzati, mariti, tutti colpevoli di crimini efferati. Come quello a cui s’ispira la giornalista Adriana Pannitteri, nel suo ultimo libro La forza delle donne (Giulio Perrone editore). Dopo Cronaca di un delitto annunciato del 2017, il noto volto del Tg1 torna a parlare di femminicidio con un romanzo in cui protagonista è un’adolescente siciliana, Maria Grazia, che un giorno incontra Veronica, mamma di Giulietta, brutalmente massacrata dal compagno.

Il libro è liberamente ispirato all’omicidio di Giordana Di Stefano, uccisa a Nicolosi con 48 coltellate dall’ex fidanzato, nel 2015. Come mai ha scelto la sua storia?  

Mi ero già ispirata a una storia vera nel precedente romanzo. Per via del mio lavoro, poi, ho conosciuto molte persone che avevano vissuto simili tragedie. Tra queste Vera Squatrito, la madre di Giordana. Abbiamo chiacchierato e le ho chiesto di raccontarmi alcune cose, liberamente rielaborate nel libro. Mi ha colpito moltissimo la sua condizione di mamma-nonna. A lei è toccata, in modo tragico, una responsabilità in più con notevoli conseguenze dal punto di vista psicologico.

In questi anni secondo lei è cambiato qualcosa nella comunicazione di temi come la violenza sulle donne e il femminicidio? 

Noi giornalisti dobbiamo fare ancora uno sforzo, poiché ho l’impressione che a volte rischiamo di essere un po’ arretrati, nonostante le sollecitazioni a modificare il linguaggio. Una tra tutte quella del presidente Mattarella in occasione dello scorso 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Collaboro con un’associazione di psichiatri, Netforpp, con cui abbiamo tenuto corsi di formazione su linguaggio e cronaca e sentiamo parlare ancora di “raptus”. Nei titoli dei giornali continuiamo a leggere frasi come “l’ha uccisa per un raptus”. È impressionante, francamente. Forse è colpa di un retaggio culturale, ma dobbiamo continuare a lavorare sull’uso delle parole.

La forza delle donne è un racconto che affronta l’adolescenza, anzi che vuole rivolgersi agli adolescenti. Perché?  

Ho presentato Cronaca di un delitto annunciato in oltre cinquanta scuole in tutta Italia e mi sono resa conto che i ragazzi hanno voglia di parlare di questi argomenti così difficili. Vogliono discutere, conoscere, affrontare. Magari perché in famiglia hanno situazioni che li mettono a disagio o perché vogliono semplicemente capirne di più. Perciò mi sembrava che un passaggio ulteriore per me fosse scrivere un libro in cui potessero rispecchiarsi. Giulietta è un personaggio che raccoglie tante storie, non solo quella di Giordana Di Stefano. È una ragazza che, come tante altre nella realtà, s’innamora di un coetaneo, illudendosi di aver trovato l’amore della vita e invece si ritrova in una situazione diversa. Insomma, avevo bisogno di parlare ai ragazzi attraverso la storia di una ragazza come loro. Adesso avrei dovuto iniziare la presentazione del libro partendo proprio da Nicolosi, ma questa situazione d’emergenza che stiamo vivendo ha complicato tutto.

La giornalista e scrittrice Adriana Pannitteri (ph. Antonino Torrisi)

Nel libro ha svolto un attento lavoro sul linguaggio. 

Sì, ho scelto un linguaggio semplice, che però è semplice solo in apparenza. È stata una bella sfida seppur difficilissima, che mi ha portata a un lavoro di semplificazione delle parole per poter raccontare la storia, permettendo anche ai giovani di comprenderne la complessità.

La domanda più difficile che un adolescente le ha posto? 

La stessa che mi pongo io in questo libro e nel precedente: quando si compie un gesto così cattivo, è perché si nasce cattivi o si diventa cattivi? È una grande domanda e i ragazzi se la fanno. Dal mio punto di vista, sono assolutamente convinta che non si nasca cattivi ma accade qualcosa nelle mente delle persone che fa sì che si arrivi a compiere un gesto cattivo. Discutendo di questo coi ragazzi, ho notato che s’interrogano molto sul perché si possa arrivare a fare del male a una persona che teoricamente dovresti solo amare.

Che ruolo hanno la scuola e gli insegnanti nella preparazione dei ragazzi a questo tipo di incontri? 

Fondamentale. Ho visto docenti che, ispirandosi al libro, hanno realizzato insieme agli alunni racconti, spettacoli teatrali. Ho trovato insegnanti straordinari, che hanno lavorato oltre l’orario scolastico, con una dedizione e una disponibilità uniche. Ogni volta mi emoziono molto e, devo dirlo, il lavoro che ho fatto nelle scuole è stato probabilmente quello più gratificante. Con i ragazzi hai la possibilità di vivere un vero scambio, culturale ed emotivo. Un confronto sincero, con persone giovanissime che dopo aver letto il libro possono dirti mi è piaciuto oppure no.

In che modo si costruisce la forza delle donne? 

Noi donne sappiamo essere anche grandi nemiche e a volte, soprattutto negli ambienti di lavoro, assistiamo a situazioni dove la nostra forza può essere disgregante e non coagulante. Io, al contrario, penso che possa esistere la possibilità di un’aggregazione tra donne. Nel libro, ad esempio, ho inserito il personaggio di Maria Grazia, il mio alter ego, perché credevo fosse importante creare un legame tra generazioni. Quante cose una ragazza adolescente può imparare da una donna di cinquant’anni, o viceversa? Credo profondamente nella forza delle donne e credo che l’incontro tra generazioni di donne possa quindi essere uno stimolo ulteriore per il cambiamento culturale.

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