Noi figli dell’era moderna siamo abituati, vuoi per la distanza storica, vuoi per la solennità con cui ci viene proposto fin dalle scuole elementari, a vedere il mondo antico come austero e severo, fatto di uomini morigerati senza macchia e di irremovibile serietà. Ma anche gli antichi avevano un loro senso della goliardia, ed è su questo dettaglio che fa leva “Olympia Kyklos“, l’ultima opera della mangaka Mari Yamazaki, già autrice del bizzarro “Thermae Romae” e del più serio “Plinivs“. Ma se quest’ultimi erano ambientati rispettivamente nella Roma adrianea e in quella neroniana-flavia, gli eventi di Olympia Kyklos prendono luogo nella Grecia del V secolo a.C.
Olympia Kyklos, scritto con evidenti fini promozionali in vista delle prossime Olimpiadi di Tokyo (che a causa del COVID-19 sono state rinviate all’estate del 2021) è arrivato questo mese in Italia edito da Star Comics, mentre nella Terra del Sol Levante i quattro volumi che compongono l’opera sono usciti tra il 2018 e il 2019. Dal manga (fumetto) è stato tratto un anime (cartone animato), Bessatsu Olympia Kyklos, in Italia disponibile sulla piattaforma VVVVID. Entrambi raccontano le strampalate avventure del greco Demetrios, un ceramista e ceramografo in erba che si ritrova, per una serie di peripezie, a competere in competizioni ginniche. Nascostosi in un otre per sfuggire a una società che lo vede come un patetico buono a nulla (tanto da meritarsi il soprannome di “Demediocre”) Demetrios si ritrova catapultato, a causa di un fulmine, nella Tokyo del 1964, in un Giappone che si prepara a ospitare i Giochi della XVIII Olimpiade. Grazie a questi ripetuti viaggi nel tempo, Demetrios apprenderà nuove discipline che sfrutterà per tentare di conquistare la fiducia dei suoi compaesani e il cuore della sua amata. Proprio come il precedente Thermae Romae, dove l’ingegnere Lucius Modestus faceva avanti e indietro tra la Roma antica e il Giappone contemporaneo per trovare “soluzioni moderne per problemi antichi“, anche qui si ripete il medesimo canovaccio, con l’unica differenza che stavolta sono i Giochi Olimpici, e non le terme, il filo conduttore della narrazione.
Se il fumetto presenta delle situazioni strampalate e comiche, l’anime è un vero concentrato di demenzialità e genialità: dalla sigla, una buffissima parodia dell’Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini corredata da animazioni in stop-motion di ceramiche greche a figure rosse e nere, fino al brano dei titoli di coda, cantata dall’aedo Anieros che di volta in volta tratta, in chiave umoristica e con vette di trash, i temi salienti della cultura greca.

Olympia Kyklos è formato da 24 cortometraggi animati della durata di cinque minuti ciascuno che raccontano le disavventure del povero Demetrios (doppiato da Daisuke Ono), proiettato avanti e indietro nel tempo per affrontare le situazioni più disparate. Il primo aspetto che balza inevitabilmente all’occhio, dal punto di vista dei contenuti, è il marcato umorismo nonsense, imprevedibile e quasi delirante, che mescola suggestioni di ogni genere e provenienza senza mai risultare stucchevole. Il risultato è probabilmente uno dei lavori più folli, geniali e genuinamente divertenti degli ultimi anni, un trionfo della commedia che fa sorridere per i suoi espedienti assurdi. Basti pensare al fatto che persino un delfino è un ceramista migliore di Demetrios. Dal punto di vista visivo non passa inosservato invece lo stile con cui è animato Olympia Kyklos: le parti in Grecia sono infatti rese in claymation (animazione in stop-motion con figurine in plastilina; per capirci lo stile di Pingu e Wallace e Gromit) forse per parodiare la solennità della statuaria greca, mentre le vicende ambientate in Giappone sono disegnate a mano con una tecnica che strizza l’occhio all’animazione nipponica della prima metà del secolo scorso.
Tuttavia, pur nella sua demenzialità e “ignoranza”, Olympia Kyklos riesce a trasmettere i sommi valori della civiltà greca, quella dello sport in primis, dato il tema, ma anche quelli dell’aretè (l’onore) ma soprattutto della storia. A modo suo, con leggerezza e ironia, l’opera di Yamazaki si impone anche come opera didascalica, che riesce a insegnare al lettore le usanze e le curiosità della civiltà greca e il valore intrinseco e panellenico delle Olimpiadi. Bastino come esempio una lucida esegesi sull’ekecheiría (la tregua olimpica che interrompeva ogni guerra nel corso dei giochi), una maliziosa spiegazione che viene fornita sull’uso del kynodesme (un laccio che gli atleti, che si esibivano nudi, stringevano intorno al pene per non mettere in mostra il prepuzio), un buffo confronto tra gli apparecchi tecnologici dell’età moderna (la ruota dentata, la serratura a cilindro e la porta automatica) e i loro antesignani antichi e una comparazione tra il pro-wrestling (noto in Giappone come puroresu) e il pancrazio. Non mancano, inoltre, rivisitazioni moderne di pratiche antiche, come ad esempio un tutorial per preparare il brodo nero spartano (Melas Zomos) in versione programma di cucina televisivo, e viceversa trasposizioni in salsa antica di pratiche moderne (come ad esempio degli opliti che usano i loro scudi come cartelloni pubblicitari). E ancora, numerose sono in tutta la serie citazioni e riferimenti alla storia e alla letteratura greca, dalle commedie di Aristofane alle ricette di Archestrato, passando per gli Apophtegmata Laconica di Plutarco e il Battaglione Sacro di Tebe di cui tramandano diversi storiografi.
Divertente ma al contempo interessante, educativo ma anche esilarante, Olympia Kyklos è la prova che passato e presente sono in continuo dialogo: l’antico con il moderno e il moderno con l’antico. E il fatto che questo insegnamento provenga da un’autrice giapponese ci dimostra che l’eredità che ci è stata data in dono dagli antichi è un bene universale. E, come ci insegna Olympia Kyklos con la sua comicità che a volte sfora nel trash, i valori e i dettami della cultura greca possono essere spiegati anche attraverso l’umorismo, ironizzando su quelle usanze antiche che possono sembrare insolite per noi moderni, ma soprattutto mostrandoci quanto è rimasto di quel mondo di cui oggi leggiamo sui libri di storia.
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