Il triste miraggio dell’uguaglianza di genere nel mondo e in Italia

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Nel 2021, l’essere umano è giunto a straordinari traguardi in ogni ambito, progredendo e mettendo in dubbio luoghi comuni a favore di conoscenze scientifiche ed oggettive, ma ancora non è del tutto possibile parlare di uguaglianza di genere. Nessun paese ha raggiunto tale parità. Secondo un’indagine condotta dalle Nazioni Unite, circa il 90% della popolazione detiene pregiudizi sulle donne in relazione ad almeno uno di questi ambiti: politica, economia, educazione, violenza sessuale e/o diritti riproduttivi.

Secondo il pensiero comune, gli uomini sono leader politici migliori, infatti la presenza femminile in politica è ancora molto ridotta rispetto a quella maschile. Le donne sono capi di stato e di governo solo in 20 paesi del mondo.
Nonostante le nuove barriere sociali alla partecipazione e alla leadership delle donne nate con la diffusione del COVID-19, la maggior parte dei paesi che hanno avuto più successo nel contenere la pandemia sono guidati da donne.
Oltre ad avere meno riconoscimenti occupazionali e maggiori difficoltà ad accedere a posizioni di rilievo, secondo quanto riporta l’UN Women, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile, le donne guadagnano, in media, circa il 23% in meno rispetto agli uomini.

Il progresso verso la parità rallenta. Fonte: Tackling social norms – A game changer for gender inequalities, 2020

SUL FRONTE ISTRUZIONE

Sebbene l’istruzione femminile sia la chiave per lo sviluppo sociale, politico ed economico, i dati UNICEF, rivelano che, tra i 760 milioni di adulti analfabeti, le donne sono il 63%. Gli ostacoli alla scolarizzazione femminile nascono da discriminazioni e pregiudizi radicati in numerose culture. Escludere bambine e ragazze dal sistema educativo le espone a matrimoni e gravidanze precoci e ad un maggiore rischio di contagio da HIV. Inoltre, i paesi in cui si registra una percentuale più alta di bambine private dell’istruzione sono quelli che riversano in una condizione di povertà estrema da cui faticano ad uscire: l’Asia meridionale, l’Africa subsahariana e molte zone dell’Estremo Oriente. L’istruzione rappresenta il miglior mezzo per il raggiungimento della parità tra sessi e per contrastare il triste fenomeno delle spose bambine(circa 33.000 ogni giorno).

LA VIOLENZA SESSUALE

Franca Viola, ragazza italiana, aveva di 17 anni quando il 26 dicembre del 1965, fu rapita dal suo ex fidanzato Filippo Melodia. Solo dopo 7 giorni di violenze e abusi la ragazza fu rintracciata e liberata dalla polizia. Franca rifiutò quello che allora era la norma: il matrimonio riparatore. Piuttosto che sposare il suo sequestratore e stupratore, decise di dichiararsi “svergognata” e andare contro una società patriarcale, arcaica e bigotta, nonché contro la Mafia, di cui Melodia faceva parte. Dopo mesi di insulti e minacce, Franca Viola vinse, Melodia e i suoi complici vennero condannati a 11 anni di carcere, ma solo dopo altri 15 anni, nel 1981, il matrimonio riparatore e il diritto d’onore furono eliminati dal codice penale.

«Io non sono di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto. L’onore lo perde chi fa certe cose, non chi le subisce». Queste parole, pronunciate da Franca Viola durante quello storico processo, considerate quasi blasfeme nell’Italia degli anni ‘60, sono tuttora potentissime e attuali.

Ad oggi, pur non esistendo più il matrimonio riparatore, le vittime di una stupro vengono colpevolizzate. Per una gonna troppo corta, dell’intimo provocante, per la scelta di percorrere una strada da sole. Perché, in fondo si sa, è sempre la donna a cercarsela.

In Irlanda, nel 2018, uno stupratore è stato assolto perché la vittima indossava un tanga verde; nel 2019, ad Ancona, due uomini accusati di violenza sessuale sono stati assolti, perché per i giudici la ragazza era troppo mascolina; nel 2020 c’è ancora chi sostiene che numerose accuse di stupro e violenza sessuale rivolte al famoso produttore americano Harvey Weinstein siano in realtà inventate o ingigantite dalle vittime.

I DIRITTI RIPRODUTTIVI

Oltre 200 milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali per ragioni culturali o sociali, nel rispetto di ideali di bellezza o purezza. Questa pratica brutale, effettuata in circa 30 paesi del Medio Oriente e dell’Africa, rappresenta una delle innumerevoli forme di mortificazione e svilimento delle donne attraverso il controllo del loro corpo. E parlando di controllo del corpo, non si può non citare il tema dell’aborto, tanto discusso da sempre e ancora considerato un tabù anche in Italia, dove sono presenti sempre più manifesti di Pro Vita e Famiglia.

Anche la maternità, tematica tanto personale quanto stereotipata, rientra tra i parametri con cui si misura la femminilità di una donna, piuttosto che essere concepita come ciò che è: una scelta come le altre. Nonostante l’evidente progresso nel dare spazio al punto di vista della donna su tematiche che la riguardano in prima persona, ad oggi c’è chi sgrana gli occhi davanti ad una donna che ha priorità diverse dalla famiglia.

Per la Giornata Internazionale dei Diritti della Donna, l’8 marzo, non regalateci mimose, ma rispetto.

Smettetela di etichettarci, di giudicarci in base al nostro aspetto fisico, a ciò che indossiamo, alla nostra vita sessuale e alle nostre scelte; sposarci e diventare madri non ci renderà più donne; smettetela di colpevolizzarci o di mettere in dubbio le nostre parole se subiamo qualsiasi forma di violenza.

«In una società che da lungo tempo ormai ha imposto alla donna la parità dei doveri, che non le ha risparmiato nessuna durezza nella lotta per il pane, nella lotta per la vita e per il lavoro, in una società che ha fatto conoscere alla donna tutti quei pesi di responsabilità e di sofferenza prima riservati normalmente solo agli uomini (…) chiediamo un riconoscimento meritato e la giusta l’affermazione dei nostri diritti (…) non vogliamo che le donne italiane aspirino ad una assurda identità con l’uomo; vogliamo semplicemente che esse abbiano la possibilità di espandere le proprie forze, tutte le loro energie». Questo l’intervento dell’onorevole italiana Teresa Mattei sull’emancipazione femminile, svolto durante i lavori dell’Assemblea costituente, il 18 marzo 1947.

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