Dopo un anno e 2 mesi di detenzione, la Corte d’Assise del Cairo ha prolungato di altri 45 giorni la reclusione di Patrick Zaki, respingendo inoltre la richiesta, da parte degli avvocati del giovane, di cambiare giudici.
Durante l’ultimo incontro con i familiari, il ragazzo è apparso molto provato dalla detenzione, sebbene avesse ringraziato tutti coloro che lo stanno sostenendo ed avesse dato alla fidanzata una copia del libro “Cent’anni di solitudine”, con al suo interno la scritta: “Sto ancora resistendo, grazie a tutti per il vostro sostegno”.
Il 14 aprile il Senato, con 208 voti a favore, nessun contrario e 33 astenuti, ha approvato l’atto di indirizzo per riconoscere la cittadinanza italiana a Zaki.
Tra i favorevoli in aula vi era anche la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta dell’Olocausto, che ha così commentato la sua presenza: «Ho fatto questo viaggio perché ci sono delle occasioni in cui uno deve vincere le forze che non sono sempre brillantissime. Ricordo cosa sono i giorni passati dentro la cella, quando non si sa se preferire la porta chiusa o che si apra e qualcuno entri e ti faccia o ti dica qualcosa che ti possa far soffrire ancora di più. C’è qualcosa nella storia di Patrick Zaki che prende in modo particolare, ed è ricordare quando un innocente è in prigione. Questo l’ho provato anch’io e sarò sempre presente, almeno spiritualmente, quando si parla di libertà».
La triste vicenda di Patrick Zaki, ripetutasi più e più volte in Egitto, è molto simile alle storie di Ahmed Samir e di Sanaa Seif.
Ahmed Samir, ricercatore e studente di Antropologia in Erasmus presso l’Università centrale europea di Vienna, come Zaki, è stato arrestato e torturato al suo rientro in Egitto, a febbraio, per aver criticato su Facebook le autorità egiziane. Durante l’ultima udienza è stato reso noto che il giovane ventinovenne è indagato anche per terrorismo.
Sanaa Seif, sorella di Alaa Abdelfattah, difensore dei diritti umani e prigioniero di coscienza, è stata rapita a giugno e condannata, a marzo, ad un anno e mezzo di carcere con le accuse, anche questa volta false, di diffusione di fake news, incitamento al terrorismo ed uso improprio dei social.
Visto il modus operandi da parte dell’Egitto nei confronti di attivisti, sostenitori dei diritti umani e di coloro che si mostrano contrari ad alcune direttive del governo, sarebbe opportuno che l’Italia considerasse di interrompere i rapporti con il governo repressivo di Al-Sisi, con il quale continua invece ad avere rapporti commerciali ed in particolare di vendita di armi.
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