BRASILE NEL BARATRO

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Oltre 800.000 casi e quasi 41.000 morti. Questi i dati sulla pandemia di Covid-19 in Brasile, aggiornati a giovedì 11 giugno 2020. Così, fra il rischio di un golpe, le proteste montanti e il numero di contagiati in costante aumento, il Brasile di Bolsonaro sembra sprofondare nel baratro.

I dati del ministero della Sanità riportati dai media locali parlano di 30.412 nuovi casi accertati in 24 ore per un totale di 802.828 dall’inizio della crisi e di 1.239 decessi in più, che portano il bilancio a 40.919 morti. Le autorità sanitarie confermano che sono invece 345.595 i pazienti Covid-19 guariti. Secondo la Johns Hopkins University, il Brasile è il secondo Paese al mondo per numero di casi confermati, dopo gli Stati Uniti, e il terzo per il triste bilancio dei decessi, dopo Stati Uniti e Regno Unito.

EPA/RAPHAEL ALVES

In generale l’America Latina tutta sta vivendo una situazione drammatica: oltre 1,5 milioni di malati di Covid-19, che ora rischiano di alimentare una catastrofe alimentare. Più della metà di contagiati si trovano proprio nel Brasile di Jair Bolsonaro. In America Latina, la pandemia «può riportarci indietro di 13 anni», ha evidenziato con preoccupazione Alicia Barcena, segretaria generale della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi. «Dobbiamo capire come possiamo evitare che la crisi sanitaria diventi una crisi alimentare», ha aggiunto.

Le proteste contro il presidente Bolsonaro

Intanto il Presidente brasiliano deve fare i conti con un’ondata di proteste che sta toccando diverse località del Paese, contro la sua gestione della crisi legata al Covid-19, giudicata inefficace o addirittura scellerata.

Il Presidente, infatti, ha sminuito finché ha potuto l’entità dell’epidemia che intanto continua a mietere vittime e a infettare centinaia di migliaia di persone in tutto il Brasile.

Jair Bolsonaro ha cercato in tutti i modi di combattere le carenze e le falle del sistema nella gestione dell’emergenza sanitaria. Prima c’è stato lo scontro con i governatori di San Paolo e Rio de Janeiro che premevano per il lockdown mentre il presidente banalizzava il virus e le misure di sicurezza, tuonando per la riapertura e il ritorno al lavoro. A questo sono seguiti i raduni con i suoi fan ogni domenica davanti al palazzo dell’Alvorada a Brasilia, senza mascherina, abbracciando e baciando tutti indistintamente, fino ad arrivare all’ingresso trionfante nella piazza in sella ad un cavallo. Poi la sostituzione di due ministri della Salute, entrambi medici e poco allineati, con un generale della logistica, tanto obbediente da arrivare ad oscurare i dati ufficiali del Covid-19. Infine i militari che venivano piazzati al vertice del Funai e dell’Ibama, le due strutture dello Stato che si occupano di indigeni e dell’Amazzonia.

Manifestazioni contro il governo, come quella della scorsa settimana, svoltasi a San Paolo, sono previste nei prossimi giorni. A coordinarle organizzazioni politiche informali di stampo popolare, come il movimento “Somos Democracia“, che ha da poco redatto un vero e proprio manifesto, “Estamos Juntos” (siamo insieme), già firmato da 300mila persone.

Il nostro obiettivo è quello di dimostrare fisicamente che la maggioranza della popolazione è contro il governo“, ha spiegato Danilo Passaro, uno degli attivisti di Somos Democracia. Il recente sondaggio pubblicato dall’Istituto Datafolha, secondo cui solo il 33% degli intervistati sostiene il Presidente, sembra dare ragione a Passaro.

Anche la Corte suprema contro Bolsonaro

Oltre alle manifestazioni e alla pandemia, ora Bolsonaro deve tener conto anche della decisione della Corte suprema del Brasile che, proprio in questi giorni, ha deciso che il governo dovrà diffondere i dati cumulativi relativi alla diffusione di Covid-19, a differenza di quanto stabilito dal presidente Jair Bolsonaro nei giorni scorsi.

“Bisogna ristabilire completamente la diffusione quotidiana dei dati epidemiologici sulla pandemia”, ha spiegato in una nota diffusa alla stampa il giudice supremo Alexandre de Moraes che ha, inoltre, evidenziato come il provvedimento preso dal presidente e dal ministro ad interim della Sanità, il generale Eduardo Pazuello, renda impossibile “azioni di monitoraggio e controllo e un’adeguata politica di prevenzione”.

Subito dopo la delibera della Corte, il sito web governativo dedicato al coronavirus ha aggiornato i dati e sono tornati di nuovo disponibili i numeri dei contagi e dei decessi quotidiani, sia quelli totali da inizio epidemia che quelli relativi a ciascuna regione dello Stato.

Il verdetto della Corte suprema è arrivato dopo giorni di dure polemiche nei confronti del governo Bolsonaro. L’accusa più importante mossa dall’opinione pubblica e da alcuni membri molto noti delle istituzioni – come il ministro del Tribunale federale supremo, Gilmar Mendes – è che il presidente avesse deciso di nascondere i dati per minimizzare gli effetti della pandemia nel paese. Un gesto paragonabile a quello di regimi di stampo totalitario o dittatoriale.

EPA/SEBASTIAO MOREIRA

Il ministro della Sanità Pazuello, durante una riunione del gabinetto trasmessa in diretta tv, si è difeso dicendo che non vi era alcuna intenzione di manipolare numeri e statistiche, ma semplicemente la volontà di non mostrare più dati che non vengono considerati rappresentativi dell’intero quadro epidemiologico. Il presidente, sulla stessa lunghezza d’onda, ha rincarato la dose accusando i media di diffondere panico irrazionale nella popolazione.

Il timore di un golpe militare

Come se non bastasse, il Presidente brasiliano deve fare i conti anche con le quattro inchieste che riguardano i suoi due figli, le catastrofiche previsioni sull’economia del Paese e la paura di un golpe militare sostenuto dall’estrema destra.

A ipotizzare lo scenario più tragico è stato il New York Times che, in un lungo articolo, ha elencato la serie di fattori che potrebbero portare ad una svolta autoritaria nel Paese. Un quadro preoccupante che ha spinto l’ambasciatore brasiliano negli Usa a replicare con una lunga lettera nella quale ha invece elencato le cose buone fatte dal governo Bolsonaro, escludendo qualsiasi tentativo di golpe.

Nonostante i tentativi del governo e del Presidente stesso di scongiurare questa ipotesi, il rischio di una deriva autoritaria che rimetta ordine nel caos del Paese è reale. E, dopo tutto, non sarebbe la prima volta nella storia travagliata del Brasile.

Più volte, negli ultimi mesi, figure di spicco nella scena politica, come il generale Augusto Heleno, il vero braccio destro del presidente, consigliere per la Sicurezza, si sono esposti con avvertenze minacciose, smentite in un secondo momento. Soltanto un mese fa, quando la Corte Suprema ha disposto l’apertura di un’altra inchiesta, stavolta contro l’enorme quantità di fake news immesse dal cosiddetto “Ufficio dell’odio“, ovvero la potente macchina della propaganda pilotata dal figlio di Bolsonaro, Carlos, durante la campagna elettorale del 2018, Heleno ha parlato di “conseguenze imprevedibili per la stabilità nazionale”, subito sostenuto dal ministro della Difesa Fernando Azevedo e Silva, un altro generale. I tre hanno evocato così un vero e proprio colpo di Stato che, pochi giorni dopo, è stato però rettificato “perché frainteso”.

A spinger per un intervento è soprattutto la corrente della destra più estrema, supportata e fomentata dalle uscite dell’altro figlio di Bolsonaro, Eduardo, il quale ha recentemente confidato ad un noto blogger brasiliano cosa pensava sul tema del momento, ovvero il rischio di una deriva autoritaria. “Non è più un’opinione sul se”, aveva detto, “ma su quando ciò accadrà”. Aggiungendo, inoltre, che sarebbe stata “incombente una rottura” nel sistema democratico brasiliano.

Molti osservatori sono convinti della concretezza di questo plumbeo scenario futuro. Il Covid-19 ha infatti accelerato un declino già in corso. Nella profonda spaccatura che si è venuta a creare si inseriscono gruppi di ispirazione nazista. Da 40 siti apparsi nel 2018, la rete adesso deve fare i conti con ben 240 portali su cui campeggiano effigi e simboli hitleriani. Non è un caso che alle ultime manifestazioni di San Paolo contro il lockdown si sono viste sfilare bandiere di stampo nazista. Fernando Henrique Cardoso, l’ex presidente esiliato ai tempi del colpo di Stato dei generali, resta convinto che il rischio di una replica per il momento non sussiste, anche se, spiega che potrebbe essere “il presidente in persona” a “cercare poteri straordinari”. I tempi, rispetto al secolo scorso, sono cambiati e adesso il presidente non ha più bisogno di nascondersi dietro un golpe militare per scogliere il Congresso e assumere pieni poteri. Tutto dipende dalla piega che prenderanno le cose e da quanta crisi e povertà porterà con sé quest’emergenza sanitaria senza precedenti nella storia del mondo.

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