Lo studio pubblicato su Nature che allerta tutti: le correnti nord atlantiche stanno rallentando rapidamente
Negli ultimi anni, alcuni scienziati avevano già pre-allertato la comunità mondiale degli studiosi del clima sulla possibilità di un imminente collasso della Corrente del Golfo e delle correnti nord atlantiche, due importantissimi meccanismi climatici per l’emisfero settentrionale del pianeta, in particolare per i due continenti che si affacciano sull’Oceano Atlantico, Stati Uniti ed Europa, con importanti conseguenze anche per l’Africa equatoriale e le regioni asiatiche influenzate dai monsoni.
Ora, grazie ad un nuovo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature e firmato da Peter Ditlevsen (Istituto Niels Bohr) e Susanne Ditlevsen (Istituto di scienze matematiche) dell’Università di Copenaghen, si hanno ulteriori nuovi dati su cui riflettere e da cui partire per sviluppare nuove strategie di mitigazione dei cambiamenti climatici.
Gli oceani coprono praticamente più del 75% della superficie terrestre, quindi sono fattori determinanti per la comprensione dei processi che influenzano e modificano i diversi sistemi climatici che compongono il meccanismo climatico generale del nostro pianeta (a tutt’oggi non del tutto conosciuto).
Lo studio dal titolo “Warning of a forthcoming collapse of the Atlantic meridional overturning circulation” prova a fare qualche passo in avanti in tal senso, indicando nuovi possibili scenari futuri per il clima in transizione di quest’epoca, focalizzando l’analisi sul Nord Atlantico e i cambiamenti in corso, se non innescati direttamente, comunque fortemente influenzati dal surriscaldamento globale in atto legato agli alti livelli di concentrazioni di gas serra in atmosfera.
Che succede se si blocca la Corrente del Golfo?
Il surriscaldamento globale e l’effetto serra prodotto dagli inquinanti che ogni minuto emettiamo in atmosfera, in maniera massiccia dalla metà del XVIII secolo ad oggi, stanno sciogliendo i grandi ghiacciai terrestri e della calotta artica, facendo scivolare ingenti masse di acqua dolce fredde direttamente nell’Oceano Atlantico settentrionale.
Questo va ad alterare in maniera pesante le temperature di superficie e di profondità delle acque, facendo cambiare bruscamente la densità e la salinità delle stesse, con l’effetto finale di rallentare/bloccare la famosa Corrente del Golfo e le connesse correnti nord atlantiche, che di fatto regolano gli scambi termici tra oceano e atmosfera soprattutto nel Nord Europa.
Correnti che assicurano temperature oceaniche miti tra Groenlandia meridionale, Islanda, Scozia e Norvegia, che di fatto impediscono che l’Oceano dell’Atlantico settentrionale ghiacci completamente durante l’inverno.
L’ultima volta che le correnti atlantiche sono collassate, circa 13 mila anni fa, l’emisfero Nord del pianeta è sprofondato in un lungo periodo freddo, con avanzata dei ghiacci, diminuzione sensibile della temperatura media ed estremizzazione dei fenomeni meteorologici (tempeste violente sul Nord Europa, siccità al contrario nel Sahel africano e lungo le regioni monsoniche dell’Asia meridionale, dall’India alla Cina del Sud, che poi sono anche le più popolose al mondo).
Come funzionano le correnti nord atlantiche e come varia l’AMOC
Per misurare la variazione di queste correnti nel tempo, gli scienziati utilizzano l’indice AMOC (Atlantic meridional overturning circulation), cioè “Capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”, che ci da velocità e massa dell’acqua spostata e temperatura media della stessa.
Si tratta di un meccanismo genearle, caratterizzato da un percorso caldo dell’acqua di superficie verso Nord (anche di una temperatura di 10-15°C più alta delle acque circostanti) e di uno freddo verso Sud più in profondità.
L’AMOC serve a rimescolare le acque, una specie di nastro trasportatore di ossigeno e nutrienti. Senza questo meccanismo avremmo livelli dei mari più alti sulle coste orientali degli Stati Uniti, variazioni drastiche nelle precipitazioni in Amazzonia, come anche alle medie latitudini e ai Tropici.
Secondo gli studiosi danesi, ci sarebbero prove evidenti di un raffreddamento delle acque atlantiche a Sud della Groenlandia. Un fenomeno non di oggi, ma che è sotto osservazione da anni. Se con il passare del tempo questo troverà conferma, è possibile ipotizzare un rallentamento/blocco delle correnti atlantiche settentrionali, molto probabilmente entro la fine di questo secolo.
Scenari estremi a metà del secolo, ma prime avvisaglie possibili già dal 2025
Ci sono però degli scenari anche più estremi e negativi. Lo studio, infatti, a partire da correlazioni statistiche degli ultimi 150 anni (che non sono molti per approfondire la conoscenza di questi complessi e ancora misteriosi meccanismi terrestri), ha ipotizzato un collasso definitivo della corrente del Golfo tra il 2025 ed il 2095, con una probabilità del 95% e un dato temporale mediano abbastanza attendibile fissato attorno al 2057.
Levke Caesar, studioso del clima dell’Università di Brema in Germania, ha suggerito di fare molta attenzione al modo in cui si analizzano i dati relativi all’AMOC, perché potrebbero essere non abbastanza affidabili.
Allo stesso tempo, però, non ha dubbi sull’impatto che il surriscaldamento globale ha e avrà sulla circolazione termoalina degli oceani, motivo per cui invita nuovamente tutti a ragionare seriamente sulla necessità di accelerare il contrasto ai cambiamenti climatici e soprattutto a ridurre sensibilmente le emissioni di gas serra, se non vogliamo ritrovarci all’improvviso ben oltre il fatidico punto di non ritorno. Dopo il quale, intervenire e risolvere i problemi diventerebbe a dir poco difficile.
https://www.key4biz.it/correnti-nord-atlantiche-verso-il-collasso-primi-segnali-gia-dal-2025-clima-estremo-per-leuropa-lo-studio/455271/