I cosiddetti “8 per mille” e “5 per mille” e “2 per mille” sono i meccanismi formali tributari attraverso i quali i contribuenti, in sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, possono effettuare la propria scelta sulla destinazione di una quota della propria Irpef. Tecnicamente, la si definisce una misura di “sussidiarietà fiscale”.
Lo Stato offre al contribuente 3 strumenti simili per sostenere 3ambiti diversi: le confessioni religiose e lo stesso Stato (8 per mille), le organizzazioni no-profit e la ricerca (5 per mille), i partiti politici (2 per mille). Quest’ultima quota è stata aperta erraticamente anche alle associazioni culturali, come andremo a qui analizzare.
Per quanto riguarda specificamente il “5 per mille”, ogni contribuente ha l’opportunità di decidere dove indirizzare questa piccola parte della propria Irpef, a sostegno di realtà che svolgano attività socialmente rilevanti. Si osservi che chi non destina il 5 per mille… non “risparmia” nulla: invece di supportare il “non profit”, lascia integralmente la propria Irpef allo Stato.
“2 per mille” per le associazioni culturali: provvedimento erratico, che quest’anno salta
In particolare, qui ci interessa focalizzare l’attenzione sull’introduzione, con la Legge Finanziaria del dicembre 2015, della chance di destinare un “2 per mille” dell’Irpef alle associazioni culturali: la possibilità di far destinare ai cittadini il 2 per 1.000 alle “associazioni culturali” era stata introdotta per la prima volta dall’articolo 1, comma 985, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Bilancio per l’anno 2016). La decisione – si ricordi – era nata nell’economia di una lontana stagione di annunci di “politica culturale”: si ricorderà il Matteo Renzi Presidente del Consiglio ed il suo slogan “ogni euro destinato in più alla sicurezza stanzieremo un euro in più per la cultura” (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2015, “ilprincipenudo. Contro il terrore un miliardo alla cultura: ecco come sarà ripartito”).
Si è trattato di una iniziativa assolutamente commendevole, un concreto segnale di attenzione istituzionale verso un “universo” ricco, complesso, per lo più fragile, peraltro mai stato finora oggetto di adeguate esplorazioni socio-economiche.
Lo strumento introdotto nel 2016 ha registrato un positivo riscontro da parte dei contribuenti: sono stati distribuiti 11,5 milioni di euro (peraltro a fronte di un “tetto” di spesa fissato nell’ordine di ben 100 milioni di euro) a 1.130 associazioni culturali, con ben 891mila contribuenti che effettuarono la scelta, ma questa iniziativa si è rivelata purtroppo un improprio intervento “una tantum”, dato che questa forma di finanziamento è stata soppressa fin nella dichiarazione dei redditi 2017.
Il decreto legge n. 104 del 14 agosto 2020, il cosiddetto “Decreto Agosto” (all’articolo 97-bis), reintroduceva l’apprezzato meccanismo e la legge di conversione, la n. 126 del 13 ottobre2020, prevedeva quindi che, per l’anno 2021, i contribuenti potessero decidere di destinare una quota del 2 per mille della propria Irpef in favore di un’associazione culturale iscritta nell’apposito elenco istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (l’iscrizione all’elenco era abbastanza agevole, essendo previsto come pre-requisito essenziale il poter dimostrare almeno 5 anni di attività).
Purtroppo, però, la misura non è stata prorogata né rinnovata per l’anno 2022.
Nessuno o quasi se ne è accorto, se non un’associazione settoriale come Fediart (Federazione Italiana Artisti), la quale si è attivata nei confronti in particolare del deputato Michele Nitti del Partito Democratico (co-firmatario assieme a Paolo Lattanzio di una proposta di legge di stabilizzazione del “2 per mille”, vedi l’Atto Camera n. 3196 presentato il 6 luglio 2021), e confidava ottimisticamente nella chance del recupero…
Va segnalato che purtroppo l’universo delle “associazioni culturali” italiane non ha un soggetto realmente rappresentativo, che svolga una sana funzione di “lobbying”, e, in casi come questo, anche decisioni governative, errate e gravi come questa, non sono purtroppo oggetto di alcuna attenzione mediatica.
In effetti, nella modulistica delle dichiarazioni dei redditi pubblicate nel marzo 2022, emergeva un “desolante spazio bianco (in verità rosa)” – come scriveva il confindustriale “Il Sole 24 Ore” del 2 marzo – al posto del “2 per mille” per la cultura…
Questa “intermittenza” dell’azione governativa conferma i tanti deficit della politica culturale italiana, con interventi spesso frammentari e discontinui, in assenza di una strategia organica e sistemica.
Rosa Maria di Giorgi (Pd) chiede la re-introduzione della norma, il Ministro Dario Franceschini è a favore, ma a distanza di un mese e più nulla di operativo è stato messo in atto
Il 10 maggio scorso, un manipolo di intrepidi parlamentari del Partito Democratico, prima firmataria Rosa Maria di Giorgi, hanno presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 3-02952), ovvero una “interrogazione a risposta immediata” intitolata “Iniziative volte a rendere strutturale la misura della destinazione del 2 per mille dell’Irpef a favore delle associazioni culturali”. Co-firmatari Flavia Nardelli Piccoli, Michele Nitti, Patrizia Prestipino, Paolo Lattanzio, Andrea Rossi, Matteo Orfini, Lucia Ciampi, Marina Berlinghieri, Beatrice Lorenzin, Emanuele Fiano.
La prima firmataria ha illustrato la propria interrogazione in aula l’11 maggio, ed è interessante la risposta del titolare del Ministero della Cultura Dario Franceschini, durante il cosiddetto “question time”: “l’onorevole Di Giorgi sottolinea un tema assolutamente reale: il 2 per mille è una misura molto apprezzabile, che ha aiutato centinaia di associazioni. Lei ha ricordato i numeri: nel 2016, 1.130 associazioni per circa 10 milioni di euro; nel 2021, 3.029 associazioni. Quando la norma è stata introdotta non aveva carattere strutturale – questo giustifica le interruzioni – e si può anche capire che una misura prima viene introdotta in via sperimentale e si vede come funziona e poi si decide se renderla strutturale, coperture permettendo”.
Viene naturale commentare: “scusi, egregio Ministro, ma è evidente che i ‘numeri’ del 2016 rendevano evidente il buon successo dell’iniziativa, per quanto… sperimentale. Perché stata staccata la spina l’anno dopo e la norma è stata riavviata soltanto nel corso del 2020? E perché è stata… ribloccata per il 2022? Qual è la logica (di politica culturale) che determina questi “go & stop” e “stop & go”?!”.
Insiste il Ministro Franceschini: “condivido assolutamente che è una misura importante e aiuta associazioni che faticano a vivere, che hanno sempre meno risorse dai comuni per via dei bilanci difficili degli enti locali. Quindi è una misura di assoluta giustizia e utilità sociale e quindi io personalmente –naturalmente non dipende da me, ma da una decisione collegiale – la proporrò, in sede di predisposizione del bilancio da parte del Consiglio dei Ministri del Governo. Poi ci sarà il passaggio parlamentare, quindi se non funzionasse nel primo passaggio – ma io lavorerò perché funzioni – ci sarà il passaggio parlamentare ed io sosterrò qualsiasi iniziativa punti a reintrodurla, questa volta in via strutturale”.
Ad oggi, nessuna conseguenza pratica – nell’immediato (intendiamo) – dell’impegno assunto dal Ministro.
Eppure va dato atto a Dario Franceschini di aver voluto lui stesso la riattivazione della norma l’anno scorso: si rimanda a “Key4biz” del 28 giugno 2021, “Franceschini rispolvera il ‘2×1000’ Irpef per le associazioni culturali: perché nessuno ne parla?”. Un paio di giorni prima il Ministero aveva anche promosso una specifica campagna di promozione dell’iniziativa, denominata “#destinazionecultura” (e fu anche prodotto uno spot). Sul sito della Presidenza del Consiglio, campeggia ancora l’elenco delle 3.057 associazioni culturali ammesse.
Immaginiamo che nei prossimi giorni l’Agenzia delle Entrate pubblicherà gli elenchi dei beneficiari del “2 per mille” 2021(sulla carta, si tratta di 3.057 associazioni, se tutte quelle iscritte nell’elenco andranno a beneficiare del sostegno), con l’importo destinato ad ognuna di esse, dato che una settimana fa ha pubblicato l’elenco dei beneficiari del “5 per mille” 2021…
Secondo alcuni, la norma verrà re-introdotta nella Legge di Bilancio 2023, ma, per quest’anno, essa… salta!
Incredibile, ma vero.
In effetti, sul “Modello 730” che è disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate la “scelta per la destinazione del due per mille dell’Irpef” è oggi destinata soltanto ai “partiti politici” (ci riferiamo al “Modello 730/2022 Redditi 2021”, pagina 8).
La chance del “2 per mille” della propria Irpef in favore di una associazione culturale quest’anno è svanita.
Dato che non siamo soltanto giornalisti investigativi, ma anche ricercatori specializzati, abbiamo ritenuto di contattare la “fonte primaria” ed il Capo Ufficio Comunicazione e Stampa dell’Agenzia delle Entrate Sergio Mazzei ci ha – con grande cortesia ed estrema accuratezza – confermato che, ad oggi, il “2 per mille” per le associazioni culturali non è assolutamente previsto.
Cosa potrebbe modificare l’assetto attuale?! Un decreto legge del Governo, che re-introduca immediatamente la norma.
Si pone comunque un problema operativo, però, perché dal 31 maggio scorso (quindi da 17 giorni) i contribuenti possono aver già inviato il Modello “730” (cosiddetto “Ordinario”), che potrà essere trasmesso /all’Agenzia delle Entrate, al Caf o ad un commercialista) fino al 30 settembre (mentre per il Modello “Redditi” la scadenza è il 30 giugno 2022 per la presentazione tramite ufficio postale e il 30 novembre 2022 per via telematica). Nulla impedisce però che una nuova norma possa prevedere una comunicazione “ex post” da parte del contribuente. Non risulta ci siano precedenti, ma, volendo, la procedura non è impossibile, e si potrebbe consentire al contribuente di destinare il “2 per mille” anche alle associazioni culturali.
Il Ministro Dario Franceschini riterrà di intervenire tempestivamente?! Migliaia di associazioni se lo augurano e grande e diffusa sarebbe la gratitudine da parte di decine di migliaia di organizzatori culturali e di lavoratori culturali (per lo più costretti in condizioni di precariato estremo)…
“5 per mille” 2021: assegnati 507 milioni di euro a quasi 73mila enti, la gran parte del settore “volontariato”, ma c’è una mina vagante…
Su fronte altro, ma in verità “parallelo” ed in qualche modo interagente, va segnalato che una settimana fa l’Agenzia delle Entrate (AdE) ha pubblicato gli elenchi dei beneficiari del “5 per mille” 2021, con gli importi destinati dagli italiani. L’AdE ha rivelato ciò in un comunicato stampa del 9 giugno 2022: sono quasi 73mila gli enti coinvolti, per 507milioni di euro, sotto il “tetto” fissato da quest’anno a 525 milioni di euro.
La Legge Finanziaria 2006 ha introdotto, in una logica di sussidiarietà, su iniziativa dell’allora Ministro Giulio Tremonti (Forza Italia), la possibilità per il contribuente di devolvere il 5 per mille della propria imposta sul reddito a soggetti che operano in settori di riconosciuto interesse pubblico e per finalità di utilità sociale. Nel corso degli anni, la dotazione necessaria subisce andamenti altalenanti: nel 2010, la Legge di Stabilità 2011 riduce la copertura da 400 milioni di euro a 100 milioni soltanto; nel 2013, il Governo guidato da Matteo Renzi, con la Legge di Stabilità 2015, stabilizza la dotazione, con una copertura fissata a 500 milioni di euro; nel 2019, torna ad esplodere la questione del “tetto”, e la Finanziaria 2020 autorizza una spesa di 510 milioni per il 2020, 520 milioni per il 2021 e 525 milioni annui a decorrere dal 2022…
Per l’esattezza, si tratta, per l’anno 2021, di 72.738 enti, suddivisi per categoria: anche quest’anno, in cima alla classifica si trovano gli enti del “volontariato” (52.162), seguiti da “associazioni sportive dilettantistiche” (11.854), enti impegnati nella “ricerca scientifica” (528), enti che operano nel settore della “sanità” (106), enti dei “beni culturali e paesaggistici” (146) ed enti gestori delle “aree protette” (24). Nell’elenco figurano anche 7.918 Comuni, a cui sono destinati 14,9 milioni di euro. In testa, come settore, si conferma il “volontariato”, destinatario di oltre 331 milioni. Il secondo settore è la “ricerca sanitaria”, premiata con oltre 76 milioni di euro, mentre al terzo posto si trova la “ricerca scientifica”, al quale saranno destinati nel complesso 66,2 milioni di euro; seguono i Comuni (14,9 milioni di euro), le “associazioni sportive dilettantistiche” (15,4 milioni), gli enti per la tutela dei “beni culturali e paesaggistici” (circa 2 milioni), e gli enti gestori delle “aree protette” (609 mila euro).
“Vita” ha calcolato che il totale del contributo del “5 per mille” dal 2006 al 2020 è superiore a ben 6,5 miliardi di euro.
Questo meccanismo del “5 per mille” è però sotto osservazione ovvero sotto… minaccia: come scrive il sempre appassionato Stefano Arduini, direttore del mensile e del portale del Terzo Settore “Vita”, la situazione è critica (e confusa).
In effetti il senatore leghista Gianfranco Rufa ha proposto che questa destinazione del “5 per mille” venisse estesa anche al sostegno delle Forze dell’Ordine e ai familiari dei caduti in servizio (obiettivi senza dubbio apprezzabili in sé, ma le cui risorse vanno trovate altrove, con una norma “ad hoc”). La proposta è stata approvata al Senato il 9 giugno 2021, con il voto favorevole dei principali gruppi parlamentari e l’astensione dei gruppi del Pd e Leu. Il 6 aprile 2022 il testo di legge è stato incardinato in Commissione Bilancio della Camera, con relatore l’onorevole Laura Cestari (Lega).
Scriveva Arduini una settimana fa: “lo diciamo ad alta voce: il pdl Rufa va cancellato. Ogni altra soluzione sarebbe una rapina nei confronti del mondo del sociale e del Terzo Settore di cui i parlamentari che hanno dato e daranno disco verde a questa aberrazione ne porteranno la responsabilità”. Oggi stesso il Direttore di “Vita” scrive, in un articolo intitolato “5 per mille: il testo Rufa non va in Aula, ma la maggioranza non sa cosa fare”: “la proposta di legge, dopo lo stop in Commissione, sarà congelata per almeno due settimane. Quello che succederà dopo non è dato sapersi. Nella maggioranza, ci sono tre posizioni diverse: la Lega favorevole all’azzoppamento del 5 per mille; Italia Viva, Forza Italia e 5 Stelle, propensi alla soppressione; nel mezzo, il Pd, che cerca una mediazione su un emendamento che comunque aprirebbe crepe profonde su una norma utilizzata ogni anno da 16 milioni di contribuenti”. Il congelamento dell’iter non garantisce che la proposta di Rufa non venga ripresa, ma è senza dubbio un successo della mobilitazione promossa da “Vita”, dal Forum del Terzo Settore e da migliaia di associazioni, per scongiurare “una grave minaccia alle attività a beneficio di tutta la collettività svolte dal Terzo settore, che per gran parte sono possibili esclusivamente grazie alle donazioni del 5 per mille”, come ha dichiarato Vanessa Pallucchi, Portavoce del Forum Nazionale Terzo Settore. Tra i soggetti che hanno manifestato la propria contrarietà alla proposta di legge Rufa, si segnalano Emergency, Fai, Save the Children, Airc, Aism, Telethon, Lega del Filo d’Oro, ActionAid, e tanti altri.
Anche questa vicenda è sintomatica di un deficit di “vision” strategica e di lungo respiro.
Sul “5 per mille”, si rimanda all’utile dossier pubblicato nell’edizione di giugno della versione cartacea di “Vita”.
Sulle “contraddizioni interne” del Governo su tematiche simili, si rimanda al recente “dietro-front riguardo alla destinazione a favore della creatività giovanile della quota del 10 % della cosiddetta “copia privata” affidata a Siae (Società Italiana Autori Editori): vedi “Key4biz” del 10 giugno 2022, “Mic, ritirato bando “10 % della copia privata” per la creatività giovanile (se ne riparlerà nel 2023)”. Va segnalato che di questa curiosa vicenda, non ha scritto 1 riga una nessuno, se non questo quotidiano online. Eppure anche quel meccanismo riguarda migliaia e migliaia di associazioni culturali…
Il meccanismo del “2 per mille” per le associazioni culturali andrebbe studiato, approfondito, analizzato, nella sua preziosità: è importante osservare che nell’elenco sono iscritte oltre 3mila associazioni, a fronte dei 73mila soggetti del “5 per mille”. Già soltanto questi due dati (3 mila “vs” 73mila) dovrebbe stimolare una riflessione seria di “politica culturale”. Su questi temi ed in particolare sul ruolo delle “associazioni culturali” nel sistema culturale nazionale, si rimanda anche al nostro intervento su queste colonne: vedi “Key4biz” del 12 agosto 2021, “Le associazioni culturali in un limbo amministrativo. E si rinnovano anomale assegnazioni delle risorse pubbliche”.
Un’altra domanda sorge naturale: ma perché nel “perimetro” del “5 per mille” sono state introdotte anche le “associazioni sportive dilettantesche”, e non sono state incluse invece le “associazioni culturali”?! E poi… perché una percentuale del “5 per mille” per le “asd” e del “2 per mille” alle “culturali”? Bislacche dinamiche del Legislatore e del Governo…
Impressiona anche che sul “2 per mille” per le associazioni culturali si registri un silenzio tombale (nemmeno una voce di protesta da parte della storica Arci, tra le varie “associazioni di associazioni”) ed è veramente preoccupante, anzi inquietante, perché, se è vero che le istituzioni si dimostrano deficitarie ed insensibili (e comunque erratiche), i partiti assenti (fatta salva l’eccezione del Pd e quel che resta di Rifondazione Comunista), è non meno vero che “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”…
Clicca qui, per il dossier speciale del mensile / portale “Vita”dedicato al “5 per mille”: “Un 5×1000 mai visto”, pubblicato il 9 giugno 2022.
https://www.key4biz.it/cultura-saltato-il-2xmille-a-bocca-asciutta-oltre-3mila-associazioni/407708/