La nuova legge sulla Concorrenza in discussione in Parlamento rischia di rivelarsi un boomerang per l’incentivazione di nuove startup innovative e rischia inoltre di incentivare, invece che frenare, la fuga dei cervelli. Il paradosso, che rischia di finire nel mirino del Quirinale che potrebbe eccepire, riguarda l’introduzione di nuove barriere all’ingresso per le startup, laddove la legge sulla Concorrenza per antonomasia dovrebbe favorire e non ostacolare il mercato.
Il nodo del capitale sociale di 20mila euro
Sotto scrutinio potrebbe finire il capitale sociale minimo di 20mila euro introdotto nella bozza per consentire alle startup di iscriversi al registro dedicato. Una mutazione sostanziale della natura stessa di startup, che di fatto implicherebbe la cancellazione del 70% delle startup iscritte oggi nel registro, facendo così tabula rasa della stragrande maggioranza dell’attuale ecosistema italiano.
Se la bozza entrasse in vigore così com’è, secondo gli esperti diventerebbe impossibile costituirsi come startup per dei giovani con una idea imprenditoriale, che si troverebbero fuori dalle condizioni agevolate create proprio per loro, con buona pace delle ambizioni del nostro paese di creare il nuovo unicorno italiano dell’AI, dello Spazio o della cybersecurity. Che non nascerebbe o espatrierebbe alla nascita.
Un danno per le vere startup?
E’ quanto emerge dalla lettura dell’ultima bozza del Ddl, che stando alle voci dovrebbe andare in Cdm domani e che di fatto ridefinisce l’essenza stessa di una startup scollegandola dai principi internazionali. Non più una società in fase embrionale, in fieri, basata su una idea nascente che cerca di emergere e per questo è alla ricerca di finanziatori che ci credano, ma una azienda che sta già in piedi sulle sue gambe, già forte alle sue spalle di un capitale iniziale di 20mila euro. Una società, quindi, che forse non avrebbe bisogno delle condizioni agevolative del registro.
Ma questo non è un controsenso?
Se sei una startup non è affatto detto che tu abbia già dei finanziatori all’atto della tua nascita, ed è appunto per questo che ti rivolgi al mondo dei Business Angel e del venture capital, o alla finanza agevolata riservata alle startup. Se però vieni tagliato fuori a priori dal registro, come fai a metterti in vetrina? Come fai ad attrarre investitori e finanziamenti se non ti si lascia accedere al registro ed offrire loro gli incentivi fiscali?
Il dibattito
Il tema è stato al centro delle discussioni fra il ministro del Mimit Adolfo Urso, estensore delle nuove misure, e gli stakeholder del mondo delle startup. Il Disegno di legge contiene un capitolo intero dedicato alle startup innovative. Una misura che sulla carta vorrebbe favorire lo sviluppo di nuovi player in settori strategici come la cybersecurity, l’Intelligenza Artificiale e lo Spazio per rinnovare il quadro normativo ormai un po’ datato, che risale allo Start up Act del 2012.
In premessa, si legge nella bozza che “la promozione di un contesto normativo stabile e attrattivo per le start up è essenziale per trattenere i talenti locali e attrarne di nuovi, contrastando il fenomeno della “fuga dei cervelli” e contribuendo alla crescita sostenibile del paese”. Il contrario di quanto avverrebbe.
La bozza contiene inoltre un passaggio per incentivare le casse previdenziali ad investire in startup, che in realtà sarebbe invece un disincentivo a farlo.
E’ scomparso invece nell’ultima bozza un passaggio che istituiva una garanzia di SACE per coprire gli investimenti degli enti previdenziali in venture capital, che peraltro in Italia è di gran lunga fanalino di coda nella UE, proprio a causa dell’assenza di questi soggetti.
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