Secondo il toto-nomine più accreditato, sarebbe imminente la nomina di Giuseppe De Mita (figlio unico del mitico esponente della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita deceduto nel maggio 2022) alla guida di Cinecittà spa, società pubblica controllata al cento per cento dal Ministero dell’Economia e Finanze (Mef), ma i cui diritti di azionista sono affidati al Ministero della Cultura (Mic): quest’oggi 9 maggio si doveva tenere l’assemblea dei soci (ovvero del socio unico), ma alcune carenze documentative avrebbero determinato che venisse dichiarata “deserta”, pur restando comunque aperta.
È quindi verosimile che la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione degli “studios” di Cinecittà sia imminente. E forse la partitocrazia non attenderà l’esito delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Nonostante si tratti di una delle più importanti “macchine culturali” del Paese, nessuno si è posto il quesito: chi dovrà guidare Cinecittà nei prossimi anni?!
Sulla base di quale idea, di quale strategia, di quale prospettiva?
E, soprattutto, con quali criteri verranno scelti, dal Ministero della Cultura e dal Ministero dell’Economia e Finanze, i nuovi amministratori?!
Nessuno ne scrive (fatte salve rarissime eccezioni), pochissimi ne parlano (sussurrando, forse per timore di disturbare il Manovratore), e tacciono (almeno pubblicamente) anche le associazioni del settore (dagli imprenditori di Anica, Apa, Cnc Cinema e Audiovisivo, eccetera, agli autori di Anac, 100autori, Wgi, ecc., e finanche i sindacati…).
La dinamica ha dell’incredibile, ovvero avrebbe dell’incredibile, se l’Italia fosse un Paese normale
Se intorno alla vicenda delle elezioni dei 4 membri del Consiglio di Amministrazione della Rai da parte di Camera e Senato (procedura rimandata al post-elezioni europee), un minimo di attenzione dei media s’è venuta a determinare, anche grazie al ricorso avviato davanti al Tar del Lazio da 4 dei 72 candidati (vedi “Key4biz” del 23 aprile 2024 “Cda Rai, ‘astensionismo’ nelle candidature: soltanto 72 aspiranti consiglieri. Tutti i nomi”), intorno a Cinecittà si registra un silenzio assordante.
Soltanto il quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore”, ieri l’altro martedì 7 maggio, ha prospettato incertezza rispetto al rinnovo di Nicola Maccanico nell’incarico di Amministratore Delegato, e molti si sono domandati il senso di un simile articolo, nel silenzio dei più. Anche perché, da molto tempo, si registra una sorta di unanime consenso sui (presunti) grandiosi successi della gestione di Cinecittà da parte degli amministratori a suo tempo discrezionalmente cooptati dall’allora Ministro, il “dem” Dario Franceschini (che, nella nuova legislatura, appare totalmente – e incredibilmente – assente rispetto alle tematiche della politica culturale). Si ricordi che l’effervescenza di Cinecittà è determinata soprattutto dal ricco flusso di danari pubblici acquisiti attingendo al “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (in origine ben 300 milioni di euro, budget che andato via via ridimensionandosi), ma anche dalla overdose di produzione di opere cinematografiche e audiovisive determinata dall’uso (ed abuso) del “tax credit” (anch’esso in fase di ridimensionamento, alla luce delle decisioni assunte dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano).
Chi cura per l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult questa rubrica “ilprincipenudo” sul quotidiano online “Key4biz” può vantare di essere stato il primo (e l’unico) a segnalare, ormai oltre un anno fa, la nomina, avvenuta, nel silenzio assoluto, di Giuseppe De Mita nel Consiglio di Amministrazione di Cinecittà… Questa nomina avvenne in sostituzione di Goffredo Bettini (uno dei maggiori “ideologhi” del Partito Democratico), che si era dimesso nell’ottobre del 2023.
La notizia della nomina di De Mita passò così sotto silenzio che non fu segnalata nemmeno dalla testata giornalistica edita da Cinecittà stessa, ovvero “Cinecittà News” (diretta da Marcello Giannotti, già a capo della comunicazione della Rai).
E ciò basti, per comprendere come alcune dinamiche siano mantenute “low profile”, forse proprio per evitare che si accendano i riflettori di una sana critica civile, in stile… Sergio Rizzo. Del noto e qualificato polemista, si segnala un gustoso articolo pubblicato sabato scorso 4 maggio 2024 sul quotidiano “Milano Finanza”, intitolato “Candidati un po’ così. Fratelli, figli, mogli: le liste dei partiti per le elezioni europee sono piene di parenti, oltre che di attempati cavalli di ritorno. Perché in Italia quello per Bruxelles viene sempre visto come un voto di serie B”.
Riproduciamo qui di seguito quel che scrivevamo su queste colonne il 22 marzo 2023 (nell’intervento intitolato “Un De Mita nel cda di Cinecittà, intanto oggi sciopero delle troupe cinematografiche”):
(…) Del “De Mita minore” per così dire, si hanno scarse notizie, anche il web è avaro di informazioni. È stato giovane addetto stampa della Lazio, molti anni fa (1992-1994), a suo tempo cooptato dall’allora Presidente della società biancoceleste Sergio Cragnotti, ed anche Direttore Generale della stessa S. S. Lazio (luglio 2003-ottobre 2004) e poi Direttore Generale dell’Unione Sportiva Avellino Calcio (giugno 2005-giugno 2006). Vent’anni fa, un’edizione romana del “Corriere della Sera” segnalò il suo matrimonio con Lidia Stecchini, a Santa Sabina, testimoni dello sposo Dino Zoff e Marco Mezzaroma (a sua volta Giuseppe De Mita è stato testimone di nozze, nel 2011, della coppia Mara Carfagna-Marco Mezzaroma), con poi 400 invitati all’Excelsior… Altra notizia curiosa: qualche anno prima, il 5 novembre 1998, sempre il “Corriere della Sera” pubblicava una notizia che smentiva che il figlio dell’allora Presidente del Consiglio fosse entrato, scortato, in una base Nato, per effettuare acquisti sotto-costo, a bordo di una Ferrari… Emerge anche dagli archivi la notizia che nel 2008, insieme a Chiara Geronzi e Tommaso Cellini, De Mita uscì definitivamente da un’inchiesta sui presunti illeciti della società di procuratori sportivi Gea World – di cui è stato Direttore Generale dal 2001 al 2003 – condotta dalla Procura di Roma (il Gip accolse la richiesta di archiviazione delle posizioni dei tre indagati).
Nel suo profilo su Linkedin, Giuseppe De Mita (classe 1969) risulta Presidente di Acme Comunicazione dal 2006, “Agenzia di Comunicazione, Provider Ecm del Ministero della Salute” (capitale sociale 10mila euro, ha una quota del 50 %). Ne è partner anche Tommaso Cellini (già Direttore Marketing della Lazio) Si tratta di una “agenzia di comunicazione integrata”, che tra l’altro organizza eventi per soggetti come Daikin, Bmw, Wind, Bnl… In precedenza, è stato Consigliere di Amministrazione di Ubiq srl (The Digital Evolution).
Non risultano specifiche competenze ed esperienze nel settore cinematografico ed audiovisivo (se non per attività consulenziale della sua società Acme per la Fondazione Cinema per Roma e per la Fox).” (…)
Scrivevamo allora: “Ma, forse, per come funzionano certe logiche di “spartizione” italiche, competenze ed esperienze non sono nemmeno necessarie. Non sembra che il Governo intenda manifestare segnali di discontinuità, rispetto a Via Tuscolana. Si attende il parere definitivo del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano (area Fratelli d’Italia), cui spetta la decisione finale: è infatti il Ministero della Cultura ad esercitare i diritti dell’azionista che controlla Cinecittà società per azioni (che è il Ministero dell’Economia e Finanze)”.
Fin qui, quel che scrivevamo oltre un anno fa.
Ora la questione assume una valenza maggiore, perché è in ballo un ruolo non esattamente minore o marginale (se tale si volesse proprio considerare una poltroncina in un cda), nell’economia simbolica del Paese, data la perdurante potenza iconica del “brand” Cinecittà.
Secondo i “bookmaker” più accreditati, Chiara Sbarigia, attualmente Presidente di Cinecittà (con deleghe molto circoscritte) diverrebbe addirittura Amministratore Delegato, ed il testimone di Presidente passerebbe da Nicola Maccanico a giustappunto Giuseppe De Mita.
La domanda è: è sano, è naturale, è corretto che nomine così importanti per il sistema culturale nazionale avvengano solo sulla base del criterio dell’“intuitu personae” del Ministro pro tempore?
“Intuitu personae” che è spesso peraltro codeterminato da logiche partitocratiche, o comunque da dinamiche nelle quali quel che prevale non è la valutazione del merito e delle capacità e delle competenze, ma il “capitale relazionale”…
Senza dubbio, il De Mita jr è ricco di “capitale relazionale” (copyright IsICult), una rete che include rapporti di stima e finanche amicizia con Mezzaroma e con il Ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili Andrea Abodi (che è molto vicino alla Premier), con frequentazione dei circoli “giusti” della Capitale (su tutti il Circolo Canottieri Aniene, il cui dominus è il potentissimo Giovanni Malagò, Presidente del Coni); su tutto, prevarrebbe comunque anche un rapporto diretto con la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Se la nomina nel Cda di Cinecittà è passata… sotto silenzio, nei mesi scorsi il nome del De Mita jr è assurto a notiziabilità notevole, perché è stato candidato alla guida della più potente “macchina dello sport” italiano, qual è Sport e Salute, società “in-house” del Ministero dell’Economia e Finanze (la società si occupa della promozione delle attività sportive in Italia, beneficiando di circa 300 milioni di euro l’anno di contributi pubblici, ed è tra l’altro proprietaria dello Stadio Olimpico di Roma e gestisce in concessione il Parco del Foro Italico…).
De Mita: un nome non spendibile per la presidenza di Sport e Salute ed invece spendibile per Cinecittà?
La nomina alla presidenza di Sport e Salute è alla fin fine saltata, come ha scritto il 19 marzo scorso Matteo Pinci sul quotidiano “la Repubblica”: “in estate lo avevano zavorrato la mancanza di alcuni requisiti – pare non fosse laureato, condizione indispensabile per accedere alla presidenza – e poi, soprattutto, i tanti interessi avuti, in un passato troppo recente, nell’ambito della cultura e degli eventi sportivi. Insomma, non era un nome spendibile per la presidenza”.
Dopo lunghe trattative (e conflitti tra le varie “anime” del Governo), nel luglio del 2023 è stato nominato come Ad di Sport e Salute Diego Nepi Molineris (già Dg della società dal 2021) e come Presidente Marco Mezzaroma, molto vicino alla sorella della Premier, Arianna Meloni. Mezzaroma (imprenditore romano, tra l’altro cognato di Claudio Lotito e discendente di una nota famiglia di costruttori, da tempo legata con il mondo dello sport) ha presto il posto dell’ex Presidente Vito Cozzoli.
Naturale sorge il quesito: De Mita non era spendibile – secondo molti osservatori – per Sport e Salute (nonostante in quel contesto il suo emergeva come curriculum discretamente qualificato), ma è invece “spendibile” invece per Cinecittà (non potendo vantare esperienze qualificate in questo settore)?!
Qualcosa non quadra, se non nell’ottica (malata) delle leggende secondo le quali Nerone arrivò a nominare senatore il proprio cavallo o Caligola pare volesse nominare sacerdote e console il suo cavallo…
Il “capitale relazionale” è senza dubbio un elemento fondamentale dell’esistenza umana (e non può essere demonizzato), ma va osservato che esso corre sempre il rischio di degenerare in familismo, nepotismo, amichettismo, clientelismo… ovvero nella prevalenza della “relazione” sul “merito”.
E certamente non si può e non si deve discriminare a priori un candidato che sia “figlio di…” ► ma il capitale relazionale – ereditato o costruito in proprio – dovrebbe sempre essere commisurato alle effettive capacità.
Dopo il flop della candidatura alla presidenza di Sport e Salute, Giuseppe De Mita ha comunque iniziato a lavorare nella società guidata dall’Ad Diego Nepi Molineris, con un contratto di consulente per lo sviluppo di progetti nell’ambito del marketing (che è indubbiamente una sua specifica competenza).
Criteri selettivi meritocratici, analisi comparative dei curricula, trasparenza nei processi decisionali? Nessuna traccia nelle scelte del Governo Meloni, che ri-esercita discrezionalità assoluta
Tante volte – anche su queste colonne – abbiamo auspicato criteri selettivi meritocratici, analisi comparative dei curricula, trasparenza nei processi decisionali: se questi metodi sono validi (rectius: dovrebbero essere validi) per tutte le istituzioni pubbliche e per gli enti e società controllati dallo Stato, ancor più dovrebbero valere per i settori della cultura e dei media, che svolgono una funzione preziosa per il sistema sociale tout-court.
Ed invece prevale su tutto silenzio, inerzia, conservazione, riproduzione delle (basse) pratiche del passato. In questo non ci sembra che si possa purtroppo attribuire al Governo guidato da Giorgia Meloni innovazione alcuna.
Ed anche sulla possibile nomina di Giuseppe De Mita a Cinecittà – come abbiamo segnalato – una cappa di silenzio e nebbia, rotta soltanto ieri l’altro del blog controcorrente “Sassate.it” diretto da Guido Paglia (storico militante della destra – attualmente vicino al Ministro della Difesa Guido Crosetto – già a capo delle relazioni esterne e istituzionali della Rai), che simpaticamente ha scritto: “Per governare Cinecittà pare che l’importante sia essere “figli di” con origini familiari nella provincia di Avellino. La battuta circola in queste ore negli storici studi cinematografici di via Tuscolana subito dopo l’indiscrezione secondo la quale all’assemblea del 9 maggio Nicola Maccanico non sarà confermato come Amministratore Delegato e Dg della società (100 % Mef ma sotto l’egida del Ministero della Cultura). Perché la voce ricorrente è che a sostituirlo dovrebbe essere Giuseppe De Mita, che già da alcuni mesi fa parte del CdA. E se Maccanico è nato a Roma, ma suo padre, l’ex-ministro Antonio, era proprio di Avellino, Il figlio di Ciriaco è da sempre legato a Nusco, distante pochi chilometri dal capoluogo sannita. Detto questo, i punti di contatto tra i due “figli di” finiscono qui. Dal momento che mentre Nicola Maccanico, prima di approdare a Cinecittà, aveva almeno lavorato per la Warner Bros. Entertaintment Italia, Giuseppe De Mita ha un passato squisitamente legato al mondo dello sport (capoufficio stampa della Lazio ai tempi di Sergio Cragnotti, poi procuratore di calciatori attualmente consulente marketing di Sport e Salute)”.
Si legge peraltro nel cv di Giuseppe De Mita, pubblicato sul sito web di Cinecittà (nel suo ruolo di membro del Cda): “Sono un manager con significativa esperienza e un solido background nell’ambito delle relazioni esterne e della comunicazione. Facendo leva su una formazione economico-aziendale, ho partecipato e condotto importanti attività imprenditoriali primariamente in ambito sportivo dove ho raggiunto risultati di rilievo. Una profonda cultura gestionale mi ha permesso di contribuire al successo delle aziende che ho lanciato ed insieme ad una spiccata attitudine relazionale rappresenta il valore principale della mia azione professionale”.
Si osserva che nel curriculum è totalmente assente il capitolo dedicato agli studi, e quindi si ha verosimilmente conferma che Giuseppe De Mita non è nemmeno laureato.
De Mita jr nel cv non vanta alcuna competenza ed esperienza nel settore cinema e audiovisivo…
Ciò basti.
Da queste colonne (anche da queste colonne), abbiamo invitato più volte il Ministro Gennaro Sangiuliano a scardinare le logiche del passato (anche recente, gestito dalla “sinistra”), a dimostrare volontà di innovazione tecnocratica e fiducia nel merito.
Non resta da augurarsi che la prospettata nomina di Giuseppe De Mita si dimostri alla fin fine una simpatica fantasticheria della politica più spregiudicata.
Per quanto riguarda il futuro possibile dell’attuale Presidente Chiara Sbarigia (fortemente sostenuta dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni come possibile novella Ad), ci limitiamo a rimarcare che continua ad essere oggettivamente incredibile il suo doppio ruolo, di guida di Cinecittà ed al contempo dell’Associazione dei Produttori Audiovisivi (Apa): se non conflitto d’interesse, vi è certamente inopportunità, considerando che Cinecittà è una società pubblica e l’Apa una “lobby” portatrice di interessi squisitamente privati (che non necessariamente coincidono con l’interesse pubblico).
A parte IsICult / Key4biz, nessuno sembra però essersi accorto di questa – come dire?! – contraddizione.
Né la Sottosegretaria né – ahinoi – lo stesso Ministro.
Comunque va riconosciuto che almeno il curriculum di Chiara Sbarigia, raffrontato a quello di Giuseppe De Mita, è senza dubbio “attinente” al settore, per quanto abbia sviluppato quasi tutta la propria attività professionale soltanto nell’ambito di giustappunto l’Apa (è entrata in Apa – allora Apt, Associazione Produttori Televisivi – nel 1994, divenendone Direttrice Generale nel 2013, per poi essere nominata alla guida di Cinecittà nell’aprile 2021).
Per quanto riguarda l’attuale Ad Nicola Maccanico (che può certamente vantare un solido cv nel settore, tra Warner e Sky Italia), parrebbe che, se dovesse lasciare il ruolo a Cinecittà, si aprirebbero per lui le porte di RaiCinema (al posto di Paolo Del Brocco) o di Amazon Prime Italia…
Nasce l’“Associazione Articolo Quinto”, per promuovere la corretta applicazione in Italia del Regolamento “Emfa” (European Media Freedom Act): per un servizio pubblico mediale indipendente
Su tutt’altro fronte (Rai), ma con esigenze che non sono alla fin fine molto distanti da quelle fin qui auspicate (battaglia per la trasparenza e la meritocrazia, lotta per dare miglior senso alla “res publica”…), si segnala la nascita dell’“Associazione Articolo Quinto”, promossa e presieduta da Stefano Balassone, già dirigente Rai (è stato anche nel cda dal 1998 al 2002) ed apprezzato mediologo (nonché docente universitario e giornalista attualmente collaboratore del quotidiano “Domani”).
Queste le premesse: il 17 aprile 2024, dopo 24 giorni dall’approvazione, il Regolamento Emfa (European Media Freedom Act) è stato pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” della Unione Europea.
Il Regolamento, come il “Pnrr”, non richiede di essere “recepito” da parte dei Parlamenti nazionali e prevede un termine temporale, in questo caso di 15 mesi (a partire dal 21° giorno dalla pubblicazione), affinché ogni Stato adegui le norme del settore.
Per l’Italia, ciò significa rivedere ovvero rimodulare ovvero aggiornare entro l’8 agosto del prossimo 2025 il “Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici” (il cosiddetto “Tusma”), anche nella parte relativa all’ordinamento del “Servizio Pubblico”.
L’articolo 5 del Regolamento “Emfa” prevede infatti che, come condizione per l’uso di pubblico denaro, il Servizio Pubblico sia “indipendente” (cioè non dipenda né dal Governo, né dal Parlamento, né da qualsiasi altra istituzione) e, inoltre, che il finanziamento debba essere garantito per evitare “ricatti” finanziari ovvero pressioni politiche improprie.
Scrivono i promotori: “la Rai per contro e sempre stata dipendente: dal Dopoguerra al 1975 è dipesa solo dal Governo; in seguito, e tuttora, da Governo e Parlamento; i ricatti finanziari l’accompagnano, fin dalle origini, costanti. L’arrivo del Regolamento Ue offre la sponda di legge fin qui assente per: 1) rivisitare e irrobustire il senso della missione di “Servizio Pubblico” esteso alle dinamiche interattive della Rete; 2) risolvere con proposte funzionali l’ossimoro fra proprietà pubblica e indipendenza dell’impresa; 3) migliorare la bilancia del ‘soft power’ (il prestigio culturale e informativo) dell’Italia, fattore critico per il successo di ogni filiera produttiva”.
L’obiettivo: “un Servizio Pubblico Indipendente è un obiettivo strategico e di comune interesse al di là di ogni differenza d’opinione politica e culturale. E richiede, in coerenza, un processo “costituente”.
“Articolo Quinto”: un’associazione della società civile per l’attuazione dell’art 5 dell’“European Media Freedom Act”
Per questo, il 18 aprile 2024 è stata costituita “Articolo Quinto”: per l’attuazione dell’art 5 dell’“European Media Freedom Act”.
Un’associazione – per così dire – “mono uso” che, attraverso gli associati, cercherà di spiegare nel profondo del Paese la centralità della questione. E se alla scadenza dell’8 agosto 2025 nulla (o peggio) dovesse essere accaduto, potrà ricorrere alle vie legali (il Tar, il Giudice Civile) grazie al “tesoretto” accumulato con le quote associative (100 euro “una tantum” per ogni persona fisica, o persona giuridica “no profit”).
Il metodo di fondo che Articolo Quinto intende perseguire sarà:
- il passaparola e il micro-seminario presso circoli culturali, di mestiere o di passione, biblioteche comunali, dopolavoro, sezioni politiche d’ogni orientamento, qualsiasi altra occasione si presenti;
- l’azione su mass media e sulla rete, per sensibilizzare il maggior numero di persone in una riflessione collettiva su quella che ancora oggi, e ancora più in futuro, è la principale risorsa per disporre di “soft power” informativo e narrativo proiettabile nel globo. Una risorsa che è inammissibile distruggere lasciando rovine alle generazioni che verranno.
Le adesioni all’associazione già si contano nell’ordine delle decine: nell’arco di poche settimane, scrivono i promotori, “i soci sono affluiti nuovi, numerosi con la presenza di persone d’ogni ramo del lavoro e del sapere. Ben al di là del circolo ristretto dei professionisti di faccende Rai. Il tema del resto è netto ed accomunante al di là delle differenze culturali, politiche, generazionali con particolare riguardo alle fasce di adolescenti e adulti-giovani che dalla vecchia tv hanno da tempo divorziato. Fra i soci non figurano, né figureranno, esponenti di Partito perché i Partiti hanno, se vogliono, il loro da fare in Parlamento. A espressioni della società, come Articolo Quinto, sta la sfida di costruire iniziative e pensieri chiari e motivati su un tema talmente in primo piano da rivelare il modo stesso di concepire la Nazione”.
Non resta che augurare all’Associazione Articolo Quinto il miglior successo, anche per contribuire a rompere quella enorme cappa di silenzio che purtroppo caratterizza ancora la società civile italiana su tematiche che sono invece assolutamente strategiche anche per lo sviluppo della democrazia.
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Art. 5 dell’“Emfa – European Media Freedom Act”
(estratto da Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 17 aprile 2024)
“Regolamento (Ue) 2024/1083 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 aprile 2024, che istituisce un quadro comune per i servizi di media nell’ambito del mercato interno e che modifica la direttiva 2010/13/Ue (Regolamento Europeo sulla Libertà dei Media)”
Articolo 5
Garanzie per il funzionamento indipendente dei fornitori di media di servizio pubblico
- Gli Stati membri provvedono affinché i fornitori di media di servizio pubblico siano indipendenti dal punto di vista editoriale e funzionale e forniscano in modo imparziale una pluralità di informazioni e opinioni al loro pubblico, conformemente alla loro missione di servizio pubblico definita a livello nazionale in linea con il protocollo n. 29.
- Gli Stati membri provvedono affinché le procedure per la nomina e il licenziamento del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico siano finalizzate a garantire l’indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico.
Il direttore o i membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico sono nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale. La durata del loro mandato è sufficiente a garantire l’effettiva indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico.
Le decisioni in merito al licenziamento del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico prima della fine del loro mandato sono debitamente giustificate, possono essere adottate solo in via eccezionale qualora essi non soddisfino più le condizioni richieste per l’esercizio delle loro funzioni conformemente a criteri stabiliti in anticipo a livello nazionale, sono preventivamente notificate alle persone interessate e prevedono la possibilità di un ricorso giurisdizionale.
- Gli Stati membri provvedono affinché le procedure di finanziamento dei fornitori di media di servizio pubblico si basino su criteri trasparenti e oggettivi stabiliti in anticipo. Tali procedure di finanziamento garantiscono che i fornitori di media di servizio pubblico dispongano di risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili corrispondenti all’adempimento della loro missione di servizio pubblico e alla capacità di sviluppo nell’ambito di tale missione. Tali risorse finanziarie sono tali da salvaguardare l’indipendenza editoriale dei fornitori di media di servizio pubblico.
- Gli Stati membri designano una o più autorità o organismi indipendenti o istituiscono meccanismi liberi da influenze politiche da parte dei governi al fine di monitorare l’applicazione dei paragrafi 1, 2 e 3. I risultati di tale monitoraggio sono resi pubblici.
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.
https://www.key4biz.it/de-mita-jr-alla-presidenza-di-cinecitta-e-nasce-articolo-quinto-per-una-rai-che-sia-piu-servizio-pubblico/489795/