Con un bilancio dei tre Summit svoltisi nei giorni scorsi Giampiero Gramaglia apre il fascicolo di Democrazia futura descrivendo come “Di Vertice in Vertice, l’Occidente mostra i muscoli alla Russia sull’Ucraina”.
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Di Vertice in Vertice, l’Occidente mostra i muscoli alla Russia sull’Ucraina. E Mosca reagisce rovesciando piogge di missili su Kiev e diverse altre città ucraine, mentre l’avanzata dei russi prosegue nel Lugansk: prendono le città gemelle di Severodonetsk e Lysychansk . Dopo che il Consiglio europeo di Bruxelles aveva riconosciuto a Ucraina e Moldavia lo statuto di candidati all’adesione all’Ue, il Summit del G7 in Germania s’è chiuso rinnovando l’impegno dei Grandi a rimanere al fianco dell’Ucraina “fin quando sarà necessario” ed a fornirle le armi di cui ha bisogno e ad aiutarla nella ricostruzione; e c’è la volontà di rendersi indipendenti dall’energia della Russia e di sventare una guerra del grano a spese del Terzo Mondo.
A Madrid, l’Alleanza ha varato la nuova versione del suo ‘concetto strategico’, che individua nella Russia “la principale minaccia alla sicurezza atlantica” e che per la prima volta indica la Cina come “fonte di preoccupazione”. Pechino ha già organizzato la sua risposta al gran pavese dei vertici occidentali riunendo virtualmente i leader dei Brics – Cina, Russia, Brasile, SudAfrica e India -: per Xi Jinping, presidente cinese, è stata l’occasione per predicare “l’autentico multilateralismo”, sollecitare l’abbandono della “mentalità da Guerra Fredda” e ribadire d’essere contro “le sanzioni unilaterali”. Vladimir Putin, presidente russo, ha invece denunciato “l’egoismo dell’Occidente”.
Nelle sue varie formazioni, l’Occidente sciorina unità e coesione a sostegno dell’Ucraina, il cui presidente Volodymyr Zelenskyj interviene volta a volta a sollecitare più armi e più aiuti. L’aggressione russa al Paese confinante offre un facile collante all’Unione europea, ai Sette Grandi e all’Alleanza atlantica, che, al Vertice di Madrid, trova una nuova dimensione, con la partecipazione di Giappone e Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda – quanto basta perché la Cina denunci “l’espansionismo” dell’alleanza militare occidentale -. E c’è pure in extremis l’intesa con la Turchia sull’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia.
Dalla Baviera a Madrid, dal G7 alla Nato, i leader dell’Occidente ripropongono di Vertice in Vertice i loro mantra. Se c’è, il partito della trattativa e de ‘la tregua prima’ non fa capolino. Johnson, il ‘falco’, catechizza la ‘colomba’, il presidente francese Emmanuel Macron, che “ogni tentativo” di soluzione negoziata “ora” con la Russia per la pace in Ucraina rischia di prolungare “l’instabilità mondiale”. Non resta quasi traccia della missione congiunta a Kiev del trio europeo Macron – Scholz – Draghi. Il presidente del Consiglio italiano è sulla linea di Joe Biden: le sanzioni “sono essenziali per portare Mosca al tavolo della pace, dobbiamo essere pronti a cogliere gli spazi di trattativa”. Il cancelliere tedesco, però, mette un paletto: “Facciamo il possibile per appoggiare l’Ucraina. Ma evitiamo un conflitto fra Nato e Russia”. E Zelenskyj dà un orizzonte alla pace o, almeno, al termine del conflitto “entro fine anno”. Chi sa se Putin, che va in missione in Tagikistan e Turkmenistan, i suoi primi viaggi all’estero dall’invasione dell’Ucraina, se l’è segnato sull’agenda.
Putin sbaglia mossa e rafforza l’Occidente
Il suo obiettivo era esattamente l’opposto: ridurre la presenza della Nato alle frontiere con la Russia. Ma il risultato ottenuto è sotto gli occhi di tutti: l’invasione dell’Ucraina compatta l’Occidente e rende la Nato più grande e più forte. Il presidente russo ipotizzava la ‘finlandizzazione’ dell’Ucraina; si ritrova la Finlandia – e la Svezia – dentro l’Alleanza.
“L’invasione dell’Ucraina ha provocato almeno un cambiamento importante nell’ordine globale: l’espansione della Nato”, scrive sul Washington Post Adam Taylor. Che cita il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg: “E’ una cattiva notizia specialmente per una persona”, Putin, che “voleva meno Nato” e ora si ritrova “più Nato alle sue frontiere”.
La settimana dei tre Vertici, Ue, G7 e Nato, alza una “cortina di ferro” tra la Russia e l’Occidente: la frase del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov trova riscontro nella carrellata di battute che chiudono l’incontro di Madrid, dove emerge la convinzione che il conflitto in Ucraina si protrarrà per tutto l’anno e fino al 2023 e dove non si ritrova una parola per stringere i tempi d’una tregua, anche solo per sventare una ‘guerra del grano’.
Di tono diverso le affermazioni di Papa Francesco: la guerra in Ucraina richiede “conversione”, dice a una delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico. Una “conversione” per “capire che conquiste, espansioni e imperialismi non hanno nulla a che vedere con il Regno che Gesù annuncia, con il Signore della Pasqua che nel Getsemani chiese ai discepoli … di rimettere nel fodero la spada ‘perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno’”.
La nuova cortina di ferro dall’Europa all’Asia
Ma la nuova cortina di ferro coinvolge anche la Cina: Pechino è seconda dopo Mosca nella lista delle sfide alla sicurezza dell’Occidente. “Non dobbiamo mostrare cedimenti – dice Johnson -, ma è bene ricordare l’enorme peso delle relazioni economiche con la Cina”.
Pechino esprime “forte preoccupazione e una protesta risoluta” per la sua collocazione nel rinnovato Strategic Concept dell’Alleanza atlantica. E replica che la Nato è la vera “sfida sistemica alla pace e alla stabilità mondiale: dice di essere un’organizzazione difensiva regionale, ma in realtà … estende i suoi tentacoli all’Asia-Pacifico, nel tentativo di esportare la mentalità della Guerra Fredda, quando è un’area di pace e stabilità, di cooperazione e di sviluppo” – il riferimento è alla presenza a Madrid di Australia e Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud, ndr -.
Ai Vertici dell’Occidente, Cina e Russia reagiscono col Vertice dei Brics e con iniziative regionali, che coinvolgono Paesi che non hanno aderito, ad esempio, alle sanzioni anti-russe dopo l’invasione dell’Ucraina. All’incontro dei leader dei Paesi del Mar Caspio, il presidente iraniano Ebrahim Raisi manifesta l’intenzione di sviluppare e rafforzare un “rapporto strategico” con la Russia, indicando come terreni di collaborazione il campo energetico e il campo finanziario “mantenendosi indipendenti dal sistema occidentale”.
Parlando a San Pietroburgo, Putin afferma: “La Russia è aperta al dialogo sulla stabilità strategica mondiale, il disarmo e il commercio” e vuole “rendere il mondo più democratico”, affermazione che, però, mal si concilia con l’aggressione all’Ucraina; “L’ordine mondiale multipolare sta evolvendo in senso globale e il processo non può essere invertito”.
Le conclusioni del Vertice di Madrid
“Quando le democrazie si uniscono, non c’è nulla che non possano realizzare”. Detta come se fosse un assioma, la frase Biden sintetizza il messaggio della carrellata di Vertici di questi giorni, Ue, G7, Nato: democrazie all’opera insieme, contro l’aggressività militare della Russia in Ucraina e la spinta egemonica economica e commerciale della Cina ovunque nel Mondo. Biden annuncia investimenti nelle infrastrutture per 600 miliardi di dollari da qui al 2027 – un terzo ce lo mettono gli Usa – e spiega: “Bisogna sviluppare tecnologie sicure in modo che le nostre informazioni online non vengano utilizzate dagli autocrati” e “colmare il divario nelle infrastrutture a livello globale”.
E il presidente degli Stati Uniti e i suoi partner sono disposti a chiudere un occhio se il ‘campo largo’ delle democrazie occidentali è inquinato da qualche autocrazia potenzialmente ‘doppiogiochista’ – Turchia o Egitto – o da qualche regime adagiato in un oscurantismo medievale – l’Arabia saudita -.
Incontrando il padrone di casa del G7, il tedesco Scholz, Biden spiega: “Dobbiamo restare insieme, nel G7 e nella Nato”: Putin “spera che ci dividiamo”, ma “non è accaduto e non accadrà”.
“Questo è stato un Vertice storico – dice il presidente Usa Joe Biden, a lavori di Madrid conclusi -. Prima che la guerra iniziasse, avevo avvertito Putin che l’alleanza sarebbe diventata più forte e più unita e infatti è successo… Il mondo è cambiato e la Nato è pure cambiata… Difenderemo ogni centimetro del territorio alleato…”.
A riprova di questa loro determinazione, gli Stati Uniti rafforzano la presenza militare in tutta Europa: dalla Gran Bretagna alla Spagna, dalla Germania all’Italia, soprattutto all’Est, Polonia e Baltici, Bulgaria e Romania. E’ cosa fatta il più importante rafforzamento delle capacità operative Nato dalla fine della Guerra Fredda: le forze di pronto intervento (‘rapid deployment forces’) supereranno la soglia delle 300 mila unità.
Biden prosegue: “”Non so come finirà, ma non finirà con la sconfitta dell’Ucraina … Sosterremo Kiev per tutto il tempo che serve e, a giorni, manderemo nuove armi all’Ucraina per 800 milioni… La Russia ha perso 15 anni di sviluppo della sua economia – il Pil a maggio è sceso del 4,3%, ndr – e ha accusato il primo default in cento anni, hanno difficoltà nella produzione del petrolio ed anche nel settore militare”.
La Russia “minaccia” l’Europa e la Nato e “l’ordine internazionale”, afferma Scholz. “Di fronte alla sua politica aggressiva, la Nato rafforza le sue capacità di difesa, soprattutto per quanto riguardo la sicurezza dei suoi membri sul fianco orientale”. Scholz aggiunge: “L’imperialismo è quello che fa Putin, non la Nato”, definendo “ridicole” le accuse del leader russo. “La Nato è un’alleanza difensiva e non minaccia nessuno”.
Johnson sostiene che i Paesi della Nato e del G7 capiscono che se Putin vince la guerra in Ucraina vi sarebbero conseguenze disastrose nel Mondo. “La libertà ha un prezzo e vale la pena di pagarlo: se Putin vince, si troverebbe nella posizione di colpire altri Paesi dell’area ex sovietica” e questo porterebbe maggior caos e maggiore instabilità economica.
L’ultima parte del Vertice atlantico è stata dedicata “alle questioni di sicurezza in Medio Oriente, Nord Africa e Sahel: i rischi che provengono da quell’area hanno un impatto su tutti gli alleati – nota il segretario generale Jens Stoltenberg a lavori conclusi -. Abbiamo ribadito che il terrorismo è una delle minacce principali alla nostra sicurezza. Inoltre, abbiamo approvato un pacchetto di aiuti per Mauritania e Tunisia”.
L’Ucraina (anche) come foglia di fico
L’Ucraina serve pure da foglia di fico alle carenze di decisione su altri fronti. Ad esempio, il Vertice dell’Ue ha riconosciuto a Ucraina e Moldavia lo statuto di Paesi candidati all’adesione all’Unione, ma ha lasciato in sospeso ogni altra questione: così, nulla si fatto sul prezzo del gas o su analoghi provvedimenti a sostegno delle economia dei 27 e a contrasto dell’inflazione; e nulla sul futuro dell’Unione, salvo il lancio informale di un’Unione politica europea tanto vaga quanto indefinita – una sorta di ‘camera di compensazione’ dove accogliere i Paesi in lista d’attesa per l’adesione: una sala d’aspetto confortevole, ma sostanzialmente vuota -.
Il G7 ha messo la sordina alla questione climatica, nonostante la siccità ne sottolinei l’urgenza. I leader dei Grandi mettono al bando l’oro di Mosca ed elaborano un piano aggressivo e mai attuato finora per manipolare i prezzi del gas: un’ammissione che le sanzioni non hanno finora intaccato i ricavi della Russia dall’export d’energia. Non è però chiaro quando il piano sarà pronto e diventerà operativo.
L’invito a Finlandia e Svezia e la ‘questione curda’
La Nato a Madrid ha formalmente invitato Finlandia e Svezia a entrare nell’Alleanza Atlantica: “L’ingresso renderà questi Paesi più sicuri, la Nato più forte e l’area euro-atlantica più sicura”, recita la dichiarazione finale. Draghi nota che così “aumenta la presenza dell’Europa” nell’organizzazione atlantica.
Mosca ribatte: se la Nato spiegherà truppe e infrastrutture in Finlandia e Svezia, la Russia farà altrettanto. “Svezia e Finlandia vogliono unirsi alla Nato? Che lo facciano!”, dice Putin in tv. “Ma devono capire che prima non c’era alcuna minaccia, mentre ora dovremo rispondere in modo simile e creare eguali minacce per i territori da cui vengono minacce nei nostri confronti”.
Il sì all’allargamento nordico dell’Alleanza atlantica non è però indolore, per il campo occidentale, là dove si hanno a cuore i diritti umani. Ankara ha infatti ottenuto che Helsinki e Stoccolma esamino le richieste di estradizione turche di 33 membri del partito curdo Pkk e/o affiliati alla rete Feto, cui si attribuisce il fallito golpe del 2016.
Non tutti nella Nato condividono il sacrificio dei curdi – l’ennesimo tradimento di una etnia usata contro Saddam o l’Isis, ma poi abbandonata a se stessa – sull’altare dell’allargamento dell’Alleanza. A Stoccolma c’è chi annuncia battaglia; e le magistrature finlandese e svedese non sono subordinate al potere politico. La partita potrebbe non essere chiusa.
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