Democrazia Futura. L’Affaire Moro: Claudio Signorile rilegge il pamphlet di Leonardo Sciascia

  ICT, Rassegna Stampa
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Claudio Signorile

“Rileggere l’Affaire Moro dopo più di quarant’anni. La denuncia di un copione riuscito che aveva la finalità di cambiare il corso della storia in Italia”. Questa la conclusione che lo storico e parlamentare socialista, già ministro nella Prima Repubblica Claudio Signorile, protagonista all’epoca delle trattative volute dal nuovo corso socialista per salvare la vita dello statista democristiano, trae dalla Rilettura del pamphlet in cui Leonardo Sciascia ricostruiva attraverso un’analisi “a caldo” delle lettere scritte durante la sua prigionia da Aldo Moro.

Leonardo Sciascia

“Nell’agosto del 1978, Sciascia – osserva Signorile – aveva dato un suo giudizio ”storico” sull’assassinio di Moro, diverso dalla sintesi concordata dalle testimonianze dei brigatisti e dal sigillo delle istituzioni. L’Affaire Moro, dice Sciascia, è già scritto: vive in una sua intoccabile perfezione letteraria. La perfetta consequenzialità degli avvenimenti può essere una parte della costruzione immaginata, non della realtà. Tutto accade in letteratura, come una costruzione artificiale. Ma cosa è accaduto in realtà? Quali sono i fatti veri e reali? Sciascia si spinge in un giudizio netto: sembra un percorso già scritto per rendere credibile la matrice rossa”.

Aldo Moro nel covo delle BR

Signorile, dopo aver citato un’emblematica frase di Elias Canetti, dichiara subito che “La morte di Aldo Moro ha come conseguenza che la politica realizza il suo governo, ma non ne completa il progetto; il governo nasce e comincia a morire; la presenza di Moro morto, nella politica si risolve nella sua assenza dal Parlamento e dalle soluzioni concrete di governabilità. In meno di due anni la politica di Moro viene cancellata e il suo progetto rovesciato. Il momento giusto per la sua morte, per chi non vuole la svolta politica e il governo di solidarietà nazionale, è proprio quando questo esito politico sembra realizzarsi. L’assassinio di Moro è un atto politico dalle conseguenze politiche a breve, medio, è lungo termine: non un fatto di cronaca nera”.

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Ho finito di rileggere, dopo più di 40 anni, l’Affaire Moro; ho sottolineato una frase di Leonardo Sciascia: la verità storica non è ciò che avvenne, ma ciò che giudichiamo che avvenne.

Nell’agosto del 1978, Sciascia aveva dato un suo giudizio ”storico” sull’assassinio di Moro, diverso dalla sintesi concordata dalle testimonianze dei brigatisti e dal sigillo delle istituzioni.

L’Affaire Moro, dice Sciascia, è già scritto: vive in una sua intoccabile perfezione letteraria. La perfetta consequenzialità degli avvenimenti può essere una parte della costruzione immaginata, non della realtà. Tutto accade in letteratura, come una costruzione artificiale.

Ma cosa è accaduto in realtà? Quali sono i fatti veri e reali? Sciascia si spinge in un giudizio netto: sembra un percorso già scritto per rendere credibile la matrice rossa.

Le conseguenze politiche dell’assassinio di Aldo Moro

Come epigrafe del suo libro, Sciascia usa una frase di Elias Canetti:” La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto ”al momento giusto”.” Il momento giusto per chi?

La morte di Aldo Moro ha come conseguenza che la politica realizza il suo governo, ma non ne completa il progetto; il governo nasce e comincia a morire; la presenza di Moro morto, nella politica si risolve nella sua assenza dal Parlamento e dalle soluzioni concrete di governabilità. In meno di due anni la politica di Moro viene cancellata e il suo progetto rovesciato.

Il momento giusto per la sua morte, per chi non vuole la svolta politica e il governo di solidarietà nazionale, è proprio quando questo esito politico sembra realizzarsi.

L’assassinio di Moro è un atto politico dalle conseguenze politiche a breve, medio, è lungo termine: non un fatto di cronaca nera.

Gli strumenti e gli attori di un copione già scritto. L’intuizione e l’immedesimazione di Sciascia con Moro prigioniero

Le Brigate Rosse (o meglio una parte di esse) sono strumenti. Gli attori, i veri protagonisti, sono nascosti e vigilano sull’attuazione del copione già scritto, come Sciascia ha lucidamente capito. Siamo ai livelli alti delle decisioni e delle responsabilità.

Il copione della fermezza e del tetragono rigore, scritto dai protagonisti nascosti e vigilanti, viene realizzato in buona fede dai molti che partecipano al dramma di quei giorni, inconsapevoli delle conseguenze.

Sono i giorni del grande alibi; della deresponsabilizzazione.

L’altra parte del copione, sui carcerieri e le loro decisioni, serve a coprire e depistare dalle reali responsabilità. Fuori da ogni copione è il prigioniero, costretto fisicamente, ma libero nella sua mente e nella sua coscienza. E lo dimostra nelle lettere, nei comportamenti, nei giudizi, nelle proposte.

Sciascia si immedesima con Moro prigioniero.

Ne intuisce la tensione per le mancate risposte; il vedere le cose correre verso la morte; l’impegno a tenere il pensiero aperto alla vita. Capisce il dramma della sentenza dichiarata; condivide il tempo per convivere nella nuova condizione: essere graziato o essere ucciso. Ripete che è un copione scritto, per gli altri: non per il prigioniero.

Il paradosso della fermezza: decriminalizzare le BR e responsabilizzare la DC

Ma fa parte di questo copione, anche l’apertura delle BR alla trattativa ? È un artificio anche questo colpo di teatro, o si apre un reale dissenso?

La valutazione di Sciascia è netta: sulla uccisione di Moro si vuole decriminalizzare le BR da un lato, e responsabilizzare la DC dall’altro.

Quindi non ci sarebbero margini di trattativa vera; di modifica della sentenza. La indecisione che si manifesta fra il comunicato 6 ed il comunicato 7 non apre nuovi scenari.

Il PSI rompe il fronte statolatrico su segni prima generici, poi più precisi. Il PSI sa di una dicotomia in corso nelle BR, nella quale inserirsi. Ma Moro viene ucciso, secondo le indicazioni del copione; e la stessa telefonata finale di annuncio della esecuzione della sentenza, viene effettuata come se non ci fosse alcun rischio di essere intercettati e catturati.

Come se ci si sentisse protetti.

Questa considerazione finale, di una riflessione assai penetrante, mi portò a cercarlo per capire le ragioni di questa sua convinzione.

Il mio incontro a Recalmuto con Sciascia: la lungimiranza delle sue riflessioni e conclusioni

Ci eravamo già incontrati: la prima volta a casa sua, a Racalmuto, dove ero andato a trovarlo con Anselmo Guarraci, uomo di punta della sinistra socialista siciliana. Erano passate poche settimane dalla svolta del Midas e dai cambiamenti nel PSI, e Anselmo aveva combinato questo incontro che doveva servire a spiegare finalità e contenuti del nuovo corso socialista, ad uno di quelli che consideravamo riferimento critico importante nella nostra cultura. Sciascia non era partiticizzato, ma era pieno di curiosità politica e spirito libertario.

Quell’incontro servì ad aprire un rapporto non intenso come quello con I radicali, ma di reciproca attenzione e rispetto.

Dell’Affaire Moro parlammo, quindi, senza riserve, in piena fiducia. Naturalmente non dirò nulla di quella conversazione che riguardi Sciascia; ma dirò, a 40 anni di distanza, le mie Impressioni. Innanzi tutto, compresi che le conclusioni alle quali era giunto erano in assoluta buona fede e diretta espressione di una lettura dei fatti conosciuti. Non c’erano informazioni riservate o documentazioni aggiuntive. Né una volontà eretica ad ogni costo.

Oggi è più facile riconoscere una lungimiranza nelle sue riflessioni: allora non fu così. Sciascia venne attaccato duramente per le sue posizioni ed anche per la sua comprensione per le posizioni dei socialisti.

Dopo l’uccisione di Aldo Moro, con lo strascico di polemiche che ne era seguito, avevo spento la luce, interrompendo ogni comunicazione su questa tragedia. Avevo visto ben chiaro il volto di Medusa della politica, e lo rifiutavo.

Ma oggi posso dire che la teoria del copione scritto da alcuni, e recitato da altri, con diverso grado di consapevolezza e responsabilità, funziona. Era un copione che aveva la finalità di cambiare il corso della storia nel nostro Paese. E ci è riuscito:

la storia è stata cambiata.

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