Democrazia Futura, presentazione del quarto numero

  ICT, Rassegna Stampa
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Bruno Somalvico

A conclusione delle anticipazioni online su Key4biz del quarto fascicolo di Democrazia futura pubblichiamo una Presentazione del numero seguendo l’ordine del sommario. Potrete ritrovare facilmente i testi già usciti su questo sito nei link indicati nelle 46 note che si trovano a fine testo. Democrazia futura ringrazia Flavio Fabbri e il direttore di Key4biz Raffaele Barberio per la preziosa collaborazione.

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Anche per questo quarto e ultimo fascicolo della prima annata completa di Democrazia futura, abbiamo deciso di mantenere la nostra consueta attenzione sui temi geopolitici e sul futuro dell’Europa e in particolare della Francia alla vigilia del Semestre di presidenza dell’Unione europea che si incrocia con l’elezione del Presidente della Repubblica e le successive elezioni del Parlamento nazionale.

La prima sezione In primo piano del fascicolo L’Europa un anno dopo l’emergenza del Corona Virus fra populismo, incertezze politiche e spinte al rilancio” si apre con un intervento dedicato agli eventi principali sulla scena diplomatica internazionale nell’autunno 2021 del co-fondatore di Democrazia futura Giampiero Gramaglia, direttore responsabile uscente, che ringraziamo per il contributo dato in questo primo anno di avvio della rivista, prosegue la collaborazione dell’ex Direttore dell’Ansa aprendo il quarto fascicolo autunnale del nostro trimestrale. Il Suo pezzo “L’Occidente e il ritorno dei nemici. Un autunno fra illusioni, slalom diplomatici e tensioni con Russia e Cina” è articolato in quattro parti: la  prima dedicata a G20/Cop26/Vertice Usa-Cina: I 15 giorni che illusero il Mondo. Parole parole parole ovvero solo bla bla bla” (1). Nella seconda “Chi di Erdogan ferisce, di Lukashenko perisce” scritta l’11 novembre per il Fatto Quotidiano, cerca di spiegare cosa vi sia “Dietro lo scontro sui migranti fra Unione europea e Bielorurussia”. La terza parte scritta per il Corriere di Saluzzo “Nato-Ucraina-Russia: triangolo della tensione”, cerca di capire le ragioni all’origine delle proteste a Kiev dietro al raduno dei manifestanti intorno allo slogan Difendi l’Ucraina – Stop al Colpo di Stato”. Nella quarta e ultima parte “Usa-Russia-Cina: perché l’Unione europea non riesce a trasformare questo triangolo in un quadrilatero con la Nato” Gramaglia descrive quello che definisce “il Ritorno al nemico, anzi ritorno ai nemici: l’Occidente, e la Nato, che ne è l’alleanza militare, dopo tre decenni di crisi d’identità, seguiti alla fine della Guerra Fredda, sembrano ritrovare una ragione d’essere – e di essere alleati – riscoprendo il nemico, allora l’Urss, oggi la Russia” (2).

Segue un appassionato articolo di Pier Virgilio Dastoli che nella sua veste di Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo sottolinea la necessità di “Discutere per deliberare. Da Porto Alegre (2001) alla Conferenza sul futuro dell’Europa (2021) e oltre” (3). Inauguriamo poi una riflessione sull’importanza o meno di trattati a accordi bilaterali fra singoli Stati nazionali nell’epoca in cui stenta a progredire il processo di integrazione politica in seno all’Unione europea a causa dei meccanismi decisionali a 27 e le cooperazioni rafforzate sembrano costituire una via d’uscita per superare i diritti di veto dei paesi più ostili a questo processo.

Alberto Toscano esamina visto da Parigi il significato dell’accordo italo francese nel suo pezzo Il Trattato del Quirinale inaugura la nuova cooperazione tra Italia e Francia. Per una cooperazione bilaterale rafforzata” (4).

Segue un mini saggio di Gianfranco Pasquino, che, dopo aver analizzato nel numero precedente il sistema elettorale tedesco, alla vigilia delle importanti scadenze elettorali in Francia nel 2022 (elezione del Presidente della Repubblica e successive elezioni Legislative dell’Assemblée Nationale) analizza “Il sistema elettorale maggioritario a doppio turno in collegi uninominali” in un mini saggio “La lezione francese” (5).

Sempre all’Esagono è dedicato il il Punto Europa di Pier Virgilio Dastoli che nel suo pezzo “Il futuro dell’Europa e il ruolo della Francia” punta a stabilire “Cosa ci aspettiamo dal semestre di presidenza francese” (6).

Giampiero Gramaglia prosegue questa prima sezione della prima parte con una rapida carrellata sul quadro politico e diplomatico internazionale e sui grandi appuntamenti previsti: “Accadde Domani: un 2022 fra ansie e tensioni, elezioni e conflitti” (7).

In primo piano si conclude con un’analisi di Pieraugusto Pozzi dedicata agli impatti della trasformazione digitale. Nei suoi “Appunti di geopolitica digitale” (8) il neo segretario di Infocivica esamina il nuovo spazio delle relazioni politiche e delle relazioni tra Stati e [le] questioni nuovissime di sicurezza e sovranità [che esso innesca], per cui “pare appropriato trattare di geopolitica del digitale, o, tout court, di geopolitica digitale, considerato il rilievo di tale trasformazione sul piano politico, economico, sociale, culturale”. Come chiarisce l’occhiello questi appunti si propongono di affrontare “Momento tecnopolare e intelligenza artificiale. Globalismo, nazionalismo, tecno-utopismo”.

Anche questa volta la prima parte di questo fascicolo contiene una seconda sezione dedicata per la terza volta a quello che avevamo definito nei numeri precedenti l’”Effetto Draghi”, questa volta contraddistinguendone l’operato degli ultimi mesi come Prove tecniche di monarchia repubblicana, ma forse, alla luce della rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale e della conferma dell’ex Presidente dell BCE a Palazzo Chigi avremmo dovuto parlare di “diarchia repubblicana”.

In apertura Gianfranco Pasquino torna sull’ipotesi di “Draghi presidente. Da Palazzo Chigi al Quirinale a quali condizioni” (9) in un articolo in cui sottolinea come recita l’occhiello –  il rischio che emerga in occasione dell’“elezione per il Colle […] la tentazione di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica senza uno specifico progetto costituzionale di superamento della democrazia parlamentare”.

Marco Severini prosegue il  difficile esercizio di scrivere la storia del presente analizzando “Il secondo semestre del governo Draghi. Aspetti, problemi e direzioni di marcia per un Paese che cerca di cambiare” (10) aggiungendo un post scriptum “Obtorto Colle. Considerazione sulle conferme di Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi” (11).

Stefano Rolando torna di nuovo sul governo Draghi alla vigilia delle elezioni del Presidente della Repubblica in un pezzo “Finita è l’emergenza, odo augelli fare festa…” (12), evidenziando quelle che nell’occhiello sono definite “Preoccupazioni legittime sulle sorti della nostra democrazia”.

Questa seconda sezione prosegue affrontando più specificamente il tema Media e politica fra partiti pigliatutti, gattopardismi e crescita degli astensionisti.

Michele Mezza dedica un lungo pezzo articolato in tre parti  a quella che chiama “La Mediamorfosi nel caso italiano” (13) ovvero come si posizionano “prodotti e produttori alle corse della Rete”. La prima parte prendendo spunto dall’attualità di questi giorni, racconta “Cosa nasconde il tentativo di scalata di TIM da parte del fondo KKR“. Nella seconda parte il giornalista nolano osserva “Come il Covid-19 ha ridisegnato il panorama nazionale della carta stampata”. Mezza affronta infine nella terza parte e ultima parte le traiettorie distinte nonché “I percorsi diversi compiuti da Mediaset che si internazionalizza e da una Rai che rimane restia a cambiare”.

Questa seconda sezione In Primo piano dedicata a Draghi e alla politica interna prosegue con un pezzo di Massimo De Angelis di denuncia de “Lo stato pessimo dell’informazione e l’autunno della democrazia in Italia” (14) intravedendo – come recita l’occhiello – “Dietro la campagna fuori i partiti dalla Rai la volontà di realizzare uno spostamento di potere. Democrazia versus populismo, europeismo versus sovranismo: due dilemmi entrambi farlocchi”.

Stefano Rolando raccoglie infine “Quattro scritti” dedicati ai rapporti fra “Politica e istituzioni” pubblicati su vari siti alla vigilia, durante e dopo il voto per l’elezione del Presidente della repubblica in un articolo “Giro di boa al Quirinale: fattori di crisi (molti) e opportunità (si vedrà)”. Nel primo “Dalla ideologia al puro posizionamento. Cioè dai vincoli ideali al pattinaggio artistico” (15), Rolando analizza “La trasformazione strutturale dei partiti alla base del tutto possibile sotto gli occhi degli italiani”, ”ovvero la predisposizione culturale e comportamentale alla vendita. Cioè il problema centrale e ossessivo di collocarsi, nel sistema della visibilità che si è trasformata da istituzionale a mediatica, in un continuo cambiamento di “posizione” per mantenere almeno un filo di coerenza tra pubblico fidelizzato e pubblico da conquistare”. Nel secondo pezzo, “Quirinale. Meditazione finale. Commento a urne aperte sulla rielezione di Sergio Mattarella” (16), Rolando vede “Un’Italia più povera politicamente approda ad un porto sicuro, ma come i battelli dei migranti naufraghi. Comincia con qualche elemento di sicurezza e molti fattori di rischio la campagna elettorale”. Nel terzo pezzo, “Quirinale. The Day after” (17) osserva come “la pacificazione della rielezione di Sergio Mattarella apre interrogativi politici e sociali di sistema. La nuova agenda potrebbe cominciare con una sorta di lezione civica dello stesso Capo dello Stato che, potrebbe dire tanto alla politica quanto alla società italiana: “E’ arrivato il momento in cui non mi chiediate cosa posso fare io per voi, ma vi chiediate cosa potete fare voi per l’ltalia”. Nel quarto ed ultimo pezzo “Rigenerare il patto sulle dignità essenziali” (18), commentando “Il discorso di Sergio Mattarella in Parlamento”, Rolando constata che “Sergio Mattarella detta le condizioni per ristabilire un equilibrio tra politica e società. Credibile l’idea che il presidente abbia bisogno di tutti i suoi prossimi sette anni per vedere come la cosa andrà a finire”.

Roberto Amen conclude questa seconda sessione In primo piano  scrivendo un “Commento a caldo dopo la rielezione al Quirinale di Sergio Mattarella” e chiedendosi se la crisi interna agli schieramenti e ai singoli partiti manifestatasi durante gli otto scrutini necessari produrrà “Danni collaterali o [un] semplice riassetto del sistema politico?” (19).

Nella Seconda parte di questo fascicolo il Focus di approfondimento è dedicato al recepimento delle Direttive e dei Regolamenti europei da parte del legislatore in Italia: Dal Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) al Testo Unico dei servizi di media audiovisivi (Tusma): un’occasione mancata.

Erik Lambert e Giacomo Mazzone, introducono il Focus con un articolo di fondo “Dal TUSMAR al TUSMA. La riforma del Testo Unico, ovvero come procedere verso il futuro guardando all’indietro” (20). Per i curatori del Focus abbiamo a che fare con “Una revisione “a minima” con alcuni  comprensibili discostamenti dal dettato europeo” “Il nuovo Testo Unico dei servizi di media audiovisivi – TUSMA  in estrema sintesi – concludono Lambert e Mazzone – rischia di passare alla storia come un’occasione irrimediabilmente persa per fare quella indispensabile riforma del sistema audiovisivo italiano imposta dalla trasformazione digitale in atto. Una rinuncia che ha però consentito al governo Draghi di rimuovere alcune mine (come la sentenza della Corte di Giustizia), che avrebbero potuto provocare un dibattito molto difficile per l’attuale maggioranza”. Il Focus entra poi nel vivo con l’analisi dei limiti dell’intervento di Riforma.

Inizia l’Avvocato Francesco Posteraro, già Commissario Agcom, esperto di diritto costituzionale, esaminando la problematica relativa a “La tutela del pluralismo nel nuovo Testo Unico dei servizi di media digitali” (21). Per il giurista “Non potrà esservi un vero level playing field nel quale la competizione fra gli operatori garantisca il pluralismo delle fonti di informazione fino a quando le piattaforme digitali continueranno a non essere soggette a responsabilità editoriale. L’esonero da responsabilità previsto per gli ISP dalla direttiva sul commercio elettronico (n. 31 del 2000) – esonero limitato, ma non cancellato dalle più recenti iniziative europee -conclude Posteraro – sembra ormai non più rispondente al ruolo e alla portata attuali delle grandi piattaforme, le quali esercitano sulle scelte e sugli orientamenti del pubblico un’influenza certo non minore di quella propria dei media tradizionali”.

Mihaela Gavrila Docente di Entertainment and Television Studies presso l’Università La Sapienza di Roma. Componente Comitato Media e Minori fornisce il proprio contributo al Focus di approfondimento con un testo “Contro il disimpegno morale: Il Testo Unico e oltre, verso una nuova centralità dei minori“ (22) nel quale la sociologa a “Guardare oltre il TUSMA con (relativo) ottimismo.  Alleanze per sconfiggere i fiori del male: “L’impegno condiviso dovrebbe andare nella direzione di una decisa strategia che ci permetta di considerare l’audiovisivo uno spazio sicuro di “coabitazione” tra valori, generazioni, sensibilità”.

Il Focus di approfondimento dedicato al nuovo Testo Unico dei servizi di medi audiovisivi prosegue con un intervento di Rosario Alfredo Donato, Direttore Generale Confindustria Radio Televisioni, che si sofferma sul tema de Le imprese radiofoniche alla ricerca di un approccio di sistema a prova di futuro” (23): Donato osserva poi come “è stata disposta all’ Art. 5 Lettera d) la previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività radiofoniche rispettivamente in ambito nazionale e in ambito locale, quando le stesse sono esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possano essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per fornitore di servizi media radiofonici digitali, inclusi i concessionari, in ambito nazionale e in ambito locale. Anche in questo caso – conclude Donato – bisogna chiedersi se tale disposizione non rischi, limitando lo sviluppo dimensionale degli operatori e il miglioramento della qualità dei contenuti radiofonici, di impedire alle imprese italiane di poter stare al passo con i tempi/l’evoluzione e di poter competere con i giganti del web, che anche nel settore della radiofonia stanno facendo pesare la loro forza economica globale”.  

Due giovani giuristi italiani, Giovanni De Gregorio e Marco Bassini affrontano poi il tema “Video-sharing platforms: il quadro di recepimento italiano” ovvero “La regolamentazione delle piattaforme di condivisione video nel nuovo Testo Unico” (24): “con l’inclusione delle video-sharing platforms nel terreno regolamentato – osservano – si è voluto ridurre il gap regolamentare e prevedere che determinate regole che avevano senz’altro senso anche per i prestatori di servizi di condivisione video fossero loro estese. È pero fondamentale mantenere ferma la distinzione tra le due categorie in questione, che resiste anche alle modifiche di cui si discute in questa sede” aggiungono De Gregorio e Bassini che concludono sottolineando “che l’effettività delle misure discusse dipenderà in larga parte dalla capacità delle autorità nazionali di predisporre meccanismi di enforcement che permettano di tutelare le posizioni di utenti e piattaforme”.

Per parte sua Luciano Flussi, Consigliere Federmanager Roma, già Direttore Generale RAI Pubblicità, che approfondisce della “Riforma del Tusmar, l’incremento della flessibilità in materia di pubblicità”, osservando nella fattispecie “Le ripercussioni sulle risorse destinate al finanziamento della Rai” (25). Se mettiamo insieme gli effetti derivanti dal nuovo Testo Unico, con quelli di aver un canone significativamente inferiore sia a quello dei principali Paesi Europei, sia del valore medio che mette insieme i Grandi Paesi e quelli meno grandi, il quadro che ne esce – osserva Flussi –  è che la dimensione complessiva del finanziamento di Rai risulta di gran lunga più contenuta rispetto a quello dei Paesi con cui, a buon diritto, dovremmo poterci confrontare”,  concludendo: “spingendo verso il basso i ricavi di Rai, oramai sempre più a ridosso della soglia dei 2 miliardi, ciò che si mette a rischio non è unicamente la sua sostenibilità, ma anche la sostenibilità dell’intera filiera della produzione audiovisiva italiana di cui, l’Azienda pubblica, rappresenta il principale volano di sviluppo”.

Il focus di approfondimento promosso da Democrazia futura si avvia a conclusione con un’analisi di Erik Lambert che nel suo pezzo “I turbamenti dei produttori indipendenti. Le vere questioni di cui non si parla, ovvero il dibattito assente nella riforma del Testo Unico” (26) si chiede se “I diritti secondari riservati ai produttori indipendenti nel nuovo mercato globale hanno ancora senso?” Poiché “non corrisponde più alla situazione in cui si trovano oggi i produttori italiani ed europei che intavolano trattative con le grandi piattaforme internazionali (e, per estensione, anche con i broadcaster nazionali e i loro consorzi paneuropei). In questo nuovo scenario, la nozione di diritti secondari è fortemente limitata, visto che le piattaforme internazionali hanno bisogno di diritti globali come uso primario. Inoltre, queste piattaforme con sede negli Stati Uniti, sono tentate di applicare le abitudini contrattuali che conoscono in patria, che spesso si traducono in un trasferimento di quasi tutti i diritti, inclusi quelli di proprietà intellettuale, al committente”. Ne conclude che “Il “curioso incidente” della modifica-che-poi-non-ha-modificato-più-di-tanto questa definizione nel nuovo TUSMA non fa che evidenziare l’urgente necessità di ripensare il ruolo dei produttori indipendenti, e il sostegno che lo Stato può dare loro, per tenere conto dei cambiamenti in corso e di quelli che stanno già avvenendo in tutto il mondo, incluso in Italia dove molte delle maggiori compagnie italiane di produzione “indipendenti”, di fatto non sono più in mano italiane”.

Il curatore del Focus sul nuovo Testo Unico Giacomo Mazzone, nel suo pezzo “Dal miracolo di Ferragosto al miracolo di Natale: rimpannucciato il vestito alla vecchia Gasparri?” (27) si chiede ironicamente nel titolo, osservando fra l’altro come “questa riforma frettolosa ed abborracciata, tutta tesa a regolare alcuni conti col passato non abbia consentito di metter mano a quella riforma in senso digitale, oramai indifferibile per il sistema audiovisivo italiano. Una colpa questa – conclude – che il legislatore – ma anche il Governo e soprattutto il paese – pagheranno a caro prezzo, perché ogni giorno in più trascorso nel mondo analogico, renderà le aziende italiane dei media tutte sempre più deboli nel mercato europeo e globale, favorendone (almeno per quelle in private) il passaggio del controllo in mani straniere. Nelle mani di aziende di quei paesi che la trasformazione digitale l’hanno capita e stanno cercando di orientarla a loro favore, e che trovano invece nell’Italia dei Guelfi e dei Ghibellini ancora impegnati in battaglie fratricide di retroguardia, facile terreno di conquista”.

La terza parte di questo fascicolo Dibattiti e Confronti a più voci contiene tre sezioni. 

La prima sezione di questa terza parte avvia A più voci un nuovo Dibattito-confronto su La variante Panpatia, ovvero sull’impatto sociale esercitato dalla pandemia.

Michele Mezza partendo dal libro scritto insieme al virologo Andrea Crisanti Caccia al virus, uscito nel giugno 2021. Il pezzo intitolato “La variante Panpatia. Modelli sociali e poteri computazionali nella caccia al virus” (28) si propone di “misurare la torsione che questa inedita epidemia sta imponendo alle nostre relazioni, modificando la stessa identità e struttura della democrazia […]. “La proposta che suggerisce il libro è sintetizzabile nello slogan innanzitutto vaccini, ma non solo vaccini. Un modo p   er dire che oggi è indispensabile elaborare strategie di sorveglianza territoriale e di welfare sanitario che integrino la difesa vaccinale con procedure quali il testing di massa, il tracciamento georeferenziato, il sequenziamento di tutti i tamponi fatti. Senza queste misure saremo ancora vulnerabili e ci costringeremo ad una dipendenza pericolosa da vaccini ancora non completamente stabili”.

Segue l’avvio del dibattito-confronto con Cinque domande a proposito della variante panpatia formulate dallo stesso Michele Mezza. RispondonoCecilia Clementel-Jones, psichiatra e psicoterapeuta Alessandro Genovesi, sindacalista, segretario generale FILEA CGIL, Giampiero Moscato, giornalista, direttore di Cantierebologna.com e Pieraugusto Pozzi, ingegnere autore di ricerche, saggi e rapporti sulla grande trasformazione digitale (29).

Rispondendo alle osservazioni di Crisanti sull’inadeguatezza che l’istituto regionale ha mostrato nella drammatica emergenza della pandemia e alla domanda di Mezza su come il governo centrale debba “far valere quella caratteristica che identifica lo stato secondo Carl Schmitt che è proprio il potere di proclamare lo stato di emergenza”, Cecilia Clementel-Jones osserva come “Anche regioni come il Veneto che inizialmente hanno vinto questa sfida nelle successive ondate hanno retto a fatica. E’ mancata una regia centrale: autonomia non vuol dire arrangiatevi, ma una regia centrale diventa impossibile se il coordinamento viene interpretato come imposizione. La crescente complessità degli ospedali e la frammentazione delle competenze mediche e paramediche rendono difficile controllare le variabili in gioco. La medicina di base deve essere rafforzata in tutte le regioni”.

Per Alessandro Genovesi “I limiti della riforma costituzionale italiana, del titolo V, della degenerazione stessa dell’istituzione Regione (e delle classi dirigenti/consiglieri regionali), con la Sanità che rappresenta l’80 per cento della capacità di spesa (e dalla programmazione al governo del consenso), sono stati evidenti […] Mai come oggi si pone il tema quindi di tornare ad un governo centralizzato nazionale delle politiche sanitarie e socio sanitarie (condizione anche per un miglior coordinamento internazionale, europeo e non solo)”.

Giampiero Moscato invece ritiene “che non basti più nemmeno il potere di un singolo Stato. Piuttosto servirebbe una strategia comune a livello mondiale, differenziando ovviamente le misure su aree geografiche e meteorologiche e secondo le situazioni demografiche, garantendo la vaccinazione anche alle popolazioni meno attrezzate”.

Quanto a Pieraugusto Pozzi osserva che “alla teoria dello stato di eccezione di Carl Schmitt sembra farsi preferire, per capire ciò che accade nel diluvio digitale al quale siamo soggetti, la parafrasi di Byung-chul Han, ovvero “sovrano è chi dispone della macchina del fango (shitstorm)”. Che testimonia una situazione nella quale la sfiducia sociale che deriva anche da una comunicazione non governabile, è fenomeno molto più rilevante della fiducia provvisoria nelle misure che vengono di volta in volta assunte dal potere politico

La seconda sessione di questa terza parte prosegue il confronto avviato nei fascicoli precedenti su Effetti della trasformazione digitale e del Covid 19 sull’industria dell’immaginario e sulle (tele)comunicazioni con tre nuovi contributi.

In apertura abbiamo un mini saggio di Guido Barlozzetti, “Per una mediologia esistenziale. L’evento tra comunicazione e vita” (30). A cavallo fra la mediologia e la fenomenologia, tra Marshall Mac Luhan e l’esistenzialismo di Martin Heidegger, il noto conduttore televisivo e scrittore di Orvieto sottolinea nella premessa “Tra il rito e l’inaspettato” come “Appartiene al linguaggio più comune dire di qualcosa che sta per accadere con una forza tale da estrarre dalla normalità di ogni giorno, che è “un evento”. Vi si esprime un’attesa, il bisogno di qualcosa che ecceda la routine e coinvolga tutti. Qualcosa insomma che sta in mezzo tra la realtà di un accadimento e la percezione che se ne ha. […] Ognuno di questi accadimenti è anticipato e si realizza già nell’aspettativa che se ne ha, quale che ne sarà il risultato: “evento” è già il fatto che stiamo lì, tutti, più o meno, in attesa con tutta la tensione che nasce dalla certezza che si verificherà – un vero e proprio countdown – e dall’incertezza di quale ne sarà lo svolgimento effettivo e l’esito”.

Su un altro registro Carlo Rognoni analizza a caldo in un articolo scritto a fine ottobre 2021 per Democrazia futura la scelta voluta da Carlo Fuortes di superare il vecchio modello interno al servizio pubblico giudicando “Le direzioni di genere Rai, un deciso passo avanti nella riforma dell’assetto organizzativo interno” (31) pur sottolineando nell’occhiello “I nodi che rimangono da affrontare e i compiti di indirizzo del Parlamento”. Fra le altre cose Rognoni si chiede: “Da un punto di vista strategico una Rai che voglia essere un servizio pubblico che parla anche ai giovani deve avere in mente chi sono oggi i suoi concorrenti. Netflix? Amazon prime?Ora si da il caso che per essere competitivi sul mercato delle serie, delle fiction, del cinema, è indispensabile per un servizio pubblico che abbia anche l’ambizione di essere all’avanguardia in Europa poter disporre di molte più risorse di oggi. Come mai devo andare su Netflix per vedere “gialli” norvegesi o danesi”. Possibile che una società americana sia più sensibile di un servizio pubblico europeo a serie scandinave o del centro o dell’Est Europa?”. 

Infine Piero De Chiara al momento della chiusura di questo fascicolo torna a poco più di tre mesi dalla sua approvazione su “Il rinnovamento del modello organizzativo interno alla Rai”, cercando di valutare i benefici del passaggio “Dalle direzioni di Rete alle dieci direzioni dei Generi”(32). Per De Chiara “La moltiplicazione e ibridazione dei generi è uno dei fenomeni più rilevanti dell’attuale fase della industria dell’immaginario. La possibilità di raccogliere e incrociare dati puntuali di visione consente di esplorare comportamenti del pubblico e correlazioni che non possono essere sondate con rilevazioni campionarie e nazionali quali Auditel. Grazie all’uso di algoritmi su scala planetaria si possono utilizzare già migliaia di categorie di genere diversi “. De Chiara tenta poi una disamina degli “Obiettivi e Indici di performance chiave (KPI) da assegnare ad ogni singola direzione di genere” prima di invitare il nuovo vertice aziendale ad andare “Oltre il risanamento del bilancio della Rai. L’impegno per un indice di coesione sociale nell’epoca della calcolabilità della sfida nel mercato della comunicazione”. “La scala del confronto consiglia un’impresa europea; ma, finché non c’è – conclude De Chiara – dobbiamo contare su un’impresa nazionale. Se non la Rai o quale altra?

Nella terza sessione di questa terza parte prosegue il Dibattito a più voci su Gli effetti prodotti dalla grande trasformazione digitale avviato nel numero estivo con alcuni professori universitari, giornalisti ed esperti di settore. Rispondono nel quinto blocco (33) Cecilia Clementel-Jones, psichiatra e psicoterapeuta, Massimo De Angelis, scrittore e giornalista e Angelo Luvison ingegnere elettronico, già docente di Teoria dell’Informazione e della Trasmissione all’Università di Torino e nel sesto blocco (34) Raffaele Barberio, giornalista direttore di Key4biz, Guido Barlozzetti, giornalista ed esperto di comunicazione, e Fausto Colombo, docente del corso di Teoria della comunicazione dei media e di Media e politica presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica. Con accenti diversi questi sei esperti analizzano le problematiche evidenziate negli interrogativi loro sottoposti condividendo le riflessioni dell’introduzione del Piccolo dizionario della Grande Trasformazione digitale ma esprimendo punti di vista specifici approdando a considerazioni e soluzioni diverse. 

Per Cecilia Clementel-Jones “Ogni svolta tecnologica tende a magnificarsi, se cambiamento sociale storicamente rilevante si verificherà si vedrà a posteriori (pensiamo alle ferrovie) e io penso che la direzione del cambiamento non è predeterminata dalla tecnologia ma dalla risposta sociale e culturale che essa evoca, diversa in classi diverse e in regioni geografiche culturalmente omogenee (per intenderci: la reazione della Cina ai social media si sta differenziando da quella occidentale). E’ possibile che una svolta epocale sia determinata da altre cause che metteranno l’informatica in secondo piano”.

Per Massimo De Angelis “quella del digitale più che una promessa è una ideologia. Che nasconde non solo volontà di potenza ma di comando. È intrinsecamente autoritaria. Ci ordina di essere tutti uguali, tutti corretti, tutti transessuali o disponibili ad esserlo […]  l’ideologia di Google, Facebook &co. detesta il conflitto e pretende armonia, inclusione e quant’altro. In tal senso più che una grande utopia mi sembra una grande distopia. Stiamo però assistendo, forse, a una prima frattura. Con l’espulsione di Donald Trump dal consorzio digitale è cominciata l’epoca del ban, del bandire. Prevedo che si svilupperà. Crescerà il numero di coloro che penseranno e diranno che come solo certe vite sono degne di essere vissute, così solo certi individui sono degni di essere digitalmente sociali. Gli altri dovranno essere considerati non persone. Ecco che allora il postmoderno rischia di assomigliare molto all’antico: a una separazione dell’umanità tra signori (relativamente pochi, come vagheggiava Adolf Hitler) e servi (la moltitudine di cui parla anche Toni Negri). A quel punto, come in tanti film distopici, la civiltà farà fatica a riconoscersi e qualcosa di grandioso avverrà comunque”. 

Secondo Angelo Luvison, in materia di educazione “le contaminazioni tra le cosiddette liberal arts o humanities  (scienze umanistiche), proprie degli studi di matrice filosofico-letteraria, e gli insegnamenti basati su discipline scientifiche di ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sono aumentate: si pensi, per esempio, alle reti. Esse costituiscono in concreto un attualissimo esempio di tema interdisciplinare; infatti, a seconda della tipologia, possono essere classificate in: elettriche, di trasporto, di telecomunicazioni, relazionali e sociali, biologiche, neurali, epidemiologiche, ecc. Questo discorso focalizza l’intersezione tra discipline STEM e discipline umanistiche. Purtroppo il settore STEM, benché (o forse proprio per questo) produttore di conoscenze concrete, utili e reali, è ancora considerato un sapere “minore” da una parte influente dell’élite culturale italiana. Viceversa, solo ponti fra le due culture – tecnoscienza e humanities – possono consentire di superare la frammentarietà, soprattutto italiana, che finora le ha caratterizzate”.

Raffaele Barberioin merito alla domanda sulla “riduzione e frammentazione della sfera pubblica destinato a segnare la storia nei prossimi decenni” crede che “ sia un fenomeno irreversibile. La rete, i social, la possibilità di far correre le opinioni, dà uguali opportunità a tutti, il che non è un punto di vantaggio, dal momento che elimina qualunque filtro di autorevolezza e reputazione. Il colto e l’incolto, l’esperto e l’impostore hanno tutti gli stessi strumenti di rete e a nulla valgono le differenze di capacità trasmissiva che la televisione ha nei confronti della rete: pubblico di massa della televisione contro pubblico segmentato della rete”. 

Concorda su quest’ultimo punto anche Guido Barlozzetti osservando come “Una volta la competenza (e l’appartenenza di classe) e le élite – con il correlato dell’opinione pubblica – che vi si fondavano nascevano dall’analogico dei rapporti sociali e della cultura. Adesso, dopo la società che chiamavamo di massa, siamo nel digitale fluidificante, diveniente in tempo reale… Servono tante Grete, resistenti e… analogiche”.

Fausto Colombo al contrario continua “a pensare che l’istanza libertaria e comunitaria e quella neoliberista e turbocapitalista convivano nella rete da sempre. Il sogno di Berners Lee era una democrazia di scienziati modellata sulle accademie e potenziata dalla rete. Quella dei comunitariani che fanno nascere le prime istanze della rete era il potenziamento dell’individualismo dei pionieri americani combinato con il sogno lisergico. Quella dei teorici e degli imprenditori del primo web era lo sviluppo finalmente senza controllo di un capitalismo libero dai vincoli del welfare e della regulation. Il tutto si è mescolato nelle tre internet di oggi (USA, Europa e Cina) e continua a emergere e affondare”.

La quarta parte del fascicolo si articola nella Rassegna di varia umanità che offre quattro contributi e nelle Rubriche finali.

In apertura abbiamo deciso di pubblicare a pochi mesi dalla scomparsa un Elzeviro di Giovanni Cerami, architetto e urbanista “Decidere insieme per deliberare insieme. Il piano e il ruolo dell’urbanista nella mobilitazione di un’unica e coesa Comunità di cittadini” (35). In questo Intervento per un convegno sul tema delle Smart Cities promosso da Infocivica in collaborazione con la Comunità di Pitagora insieme all’Ordine degli Architetti di Roma e l’Università del Molise, tenutosi otto anni fa a Forlì, il 17 maggio 2013, a tre mesi dall’insediamento del Comitato Interministeriale per le politiche urbane. Cerami considera “molto suggestivo è il ruolo dell’urbanista per il suo dover essere “emozionato” dalla ricchezza dei temi con cui deve confrontarsi, dalle aspettative che vengono riposte nella sua attività, dal complesso dei saperi che deve coinvolgere e con cui deve dialogare: a ciò si aggiunge la consapevolezza di dover essere “emozionante” poiché deve essere in grado di suscitare positive emozioni in chi abita o abiterà i luoghi interessati da quel progetto di futuro alla cui elaborazione ha partecipato”.

Roberto Cresti, curatore di Aerimmobili. Il Meta-futurismo del Gruppo ‘Boccioni’. Macerata 1932-1942, presenta in un breve pezzo per Democrazia futura “Notizie dl XX secolo” (36) questi giovani futuristi marchigiani: “Si trattava di artisti che interpretavano il fascismo come una avventura intellettuale e politica derivante direttamente dalle avanguardie (il che nel caso del futurismo italiano era del tutto vero) e avrebbero voluto estenderne lo spirito al presente. Il riferimento a Boccioni aveva tale significato – chiarisce Cresti –  e si andava a integrare con quella nuova frontiera immaginativa, e, per essi, etico-politica, apertasi con la Aeropittura (1929), che aveva una delle sue capitali a Perugia, ove era attivo Gerardo Dottori […] Per quei giovani, che si chiamavano, per menzionare solo i più noti, Sante Monachesi, Rolando Bravi, Bruno Tano, Arnaldo Bellabarba, Umberto Peschi, Wladimiro Tulli (i quali furono presenti, grazie al supporto dell’ancora attivo Filippo Tommaso Marinetti, in prestigiose rassegne d’arte nazionale e internazionale, dalla Quadriennale di Roma alla Biennale di Venezia), il fascismo era una sorta di destino al quale si sentivano ineluttabilmente collegati e che alimentava le loro facoltà immaginative”.

Pubblichiamo poi come rilettura “Ernst Jünger. Trattato del ribelle, 1951” (37). Venceslav Soroczynski, pseudonimo di un giovane scrittore e critico letterario e cinematografico italiano presenta l’attualità di un libro: “Del saggio, mancano invece i connotati della scientificità, del rigore e della dotazione bibliografica. Eppure, l’obiettivo del libro è tentare di spiegare qualcosa – chiarisce l’autore del pezzo – . Qualcosa che, forse, spiegare non si può, perché affatto primigenio, originario, intimo. Forse, addirittura istintivo: l’atto del divenire liberi”, poi aggiungendo più avanti: “[…] i suggerimenti concreti di Jünger appaiono estremamente rivoluzionari, al limite dell’impraticabile: senza mezzi termini, egli propone, in più passi del libro – talmente tanti che non possiamo pensare a prescrizioni sfuggite alla passione – di fare a meno dei medici, limitare l’uso dei farmaci, non vaccinarsi, stare lontani da industrie farmaceutiche e specialisti, e soprattutto dai “sierologi” definiti “vecchi orchi” che useranno il nostro corpo per ottenere “qualche farmaco miracoloso”. E, ancora, evitare l’inserimento in elenchi tenuti dallo Stato, non confidare nelle macchine, nei moderni sistemi di comunicazione, nell’amministrazione centrale, nei paesi considerati progrediti che, secondo l’Autore, sono i più arretrati”.

Segue un articolo su “Le nobili origini dell’idea di Europa”(38) di Fiorenza Taricone, Ordinaria di Storia delle dottrine politiche all’Università di Cassino e Lazio Meridionale, dedicato – come recita l’occhiello a “Due donne ispiratrici e costruttrici: Ada Rossi e Ursula Hirschmann”. Dopo un breve excursus storico “Dai primi approcci di Kant, Lemonnier, Mazzini e Cattaneo al Manifesto di Ventotene” concepito e scritto ottant’anni fa durante il confino da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, la storica romana ripercorre il percorso di Spinelli “Fra idealismo e pragmatismo” che, nello stesso Manifesto di Ventotene considera che “Per annullare la possibilità di una guerra di tale portata c’è solo il federalismo, che muove verso la disarticolazione dell’unità statuale e tende a una superiore unità, al di sopra dello Stato”, sino al suo impegno prima come Commissario delle Comunità Europee, poi come Presidente della Commissione istituzionale del Parlamento europeo, veste nella quale Spinelli riuscirà a far approvare la sua proposta di Trattato di Unione europea accettata a larga maggioranza il 14 febbraio 1984.

Fra le Rubriche che concludono la quarta e ultima parte il già menzionato Venceslav Soroczynski, inaugura una nuova rubrica di Democrazia futura, Tiro a segno, prendendosela con l’attuale stagione “Giornalismo italiano e analfabetismo funzionale” (39), contrapponendola al “tempo in cui, a parità di schifomondo, qualcosa di bello da leggere sui giornali c’era”. A questo proposito l’autore invita i nostri lettori a leggere o rileggere “I corsivi di Giorgio Manganelli degli anni Sessanta e Settanta raccolti in Mammifero italiano (2007). “Quando vi chiedete il perché della rovina della patria, probabilmente sono numerose e disordinate come frane le ragioni che vi sovverranno” scrive l’autore aggiungendo. “Ai primi posti nella classifica dei colpevoli è però, a mio parere, il giornalismo italiano, la cui parola è ogni giorno più vana, vacua, ipertrofica, banale, attesa, priva di ironia e di sfumatura. Il quotidiano peninsulare è come una prostituta che, oltre a non darci l’ansia da rifiuto, non ci innesca neppure più il richiamo della bellezza. Le testate, soprattutto nella loro versione on-line, meriterebbero delle testate con l’ariete della distruzione, delle fiamme, dello stacco della spina e del taglio della connessione”.

Per la rubrica Avatar Carlo Rognoni ci offre alcuni Consigli di lettura nel pezzo dedicato alla nuova era del “Novacene. Alla conquista prossima ventura del mondo parallelo della cibernetica. Dal mondo subatomico della fisica novecentesca al metaverso di Mark Zuckerberg” (40). Con Novacene. L’età dell’iperintelligenzascritto a 99 anni dal grande James Lovelock l’inventore di Gaia, storia della vita che da quando è apparsa ha agito in modo da modificare il proprio ambiente, cioè la Terra […] l’autore “si riferisce alla nuova epoca geologica in cui stiamo entrando, dopo l’Antropocene. Sarà un’epoca caratterizzata dalla presenza di esseri elettronici intelligenti, i “cyborg”. E noi poveri essere umani che veniamo dalle scimmie che fine faremo? I suoi cyborg saranno prodotti dalla selezione darwiniana ed è questo che li accomunerà alla vita organica”.

Per la rubrica Almanacco d’Italia e degli italiani Silvana Palumbieri, autore e regista di Rai Teche realizzatrice di documentari, nel centenario dalla nascita dello scrittore di Asiago, rievoca la figura di “Mario Rigoni Stern. Le stagioni del recupero” (41). L’articolo racconta “La lunga gestazione de Il sergente nella neve, il romanzo scritto al suo rientro dalla Russia, una volta finita la prigionia a partire dal proprio diario scritto sotto forma di appunti dal ’38 alla ritirata di Russia.

Nella rubrica Riletture Venceslav Soroczynski rilegge Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1957) raccontando le bassezze del genere umano di una capitale provinciale cupa” (42), ovvero descrivendo come recita l’occhiello “Cosa si percepisce rileggendo 65 anni dopo il capolavoro di Carlo Emilio Gadda”. “Sembra che gli abitanti e gli aventi causa di via Merulana duscentodisciannove possano appartenere solo a due categorie: quelli che hanno qualcosa da nascondere e quelli che vogliono dimostrare qualcosa che non hanno. I primi una deviazione, una speranza inaccessibile, un delitto; i secondi una normalità, uno status, un’indimostrabile innocenza. In questo, il romanzo è cupo e incupisce e la Capitale che vi si racconta è più gretta di una provincia sperduta. E come in una provincia si parla dialetto, in via Merulana si compone quel minestrone di lingue che i personaggi usano per arrivare in anticipo al significato, per rendere meglio un’idea, per difendere il proprio corpo e indurre su altri il sospetto. L’uso commisto di romanesco, veneto, molisano, napoletano, greco, latino, nulla toglie alla potenza generale della storia, anzi, identifica gli uomini come se fossero bestie diverse, meglio descritte dalle loro proprie incomprensibili emissioni […] , si scopre la colpa di tutti e il peccato di nessuno. Il pasticciaccio è, dunque, non un reato, ma una classe di viventi: il genere umano”.

Nella rubrica Il piacere dell’occhio  Guido Barlozzetti offre “Il cinema di Giamburrasca” (43), un ricordo di Lina Wertmüller,“che poi era Arcangelina Fellce Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, figlia di un avvocato che veniva da Palazzo San Gervasio, provincia di Potenza e aveva una radice in una nobile famiglia svizzera […].un cognome , lungo come poi i titoli dei suoi film”. Nell’articolo “Il cinema di Giamburrasca”. Barlozzetti osserva come con il neorealismo e la commedia all’italiana “Lina non aveva e non voleva avere nulla a che spartire, lei “ribelle” per carattere, “discolo”, “scugnizzo”, saltava al di là di qualunque steccato e delle etichette con cui venivano presidiati, a cominciare dalla categoria dell’impegno e dalla pregiudiziale femminista. Corpi contundenti agitati contro una regista che raccontava storie iperrealiste, per non usare il termine abusato di “grottesco”, dove l’ironia saltava di grado e costruiva caratteri esasperati nelle differenze e dunque paradossalmente presi in un gioco irresistibile di azioni-reazioni, infilati in situazioni estreme e/o in un tourbillon di sciagure e disgrazie che avessero al fondo le differenze di classe, tra il sottoproletariato e la borghesia, o lo scarto fra il Nord evoluto e moderno e il Sud irrimediabilmente istintuale, allupato e mafioso. Tutto messo nel mixer vorticoso del rapporto tra maschio e femmina, con tutti i risvolti di dominio e soggezione e quasi sempre all’insegna di una lotta per la pura e semplice sopravvivenza, della moralità e di chi se la può permettere ne parliamo un’altra volta”.

Infine la Rubrica Memorie nostre ospita due ricordi: Giampiero Gramaglia già direttore dell’Ansa, traccia un Ricordo di Sergio Lepri ripercorrendo “Il lungo Novecento di un paladino dell’obiettività” (44). “La morte di Lepri – scrive Gramaglia – priva generazioni di giornalisti dell’ANSA del loro Direttore e tutti i giornalisti italiani del loro patriarca, di un Maestro e di un punto di riferimento: Lepri, un paladino dell’obiettività, direttore dell’ANSA per trent’anni dal 1961 al 1990, fino al compimento del secolo, era rimasto attivo e continuava a perfezionare, sul suo sito, https://www.sergiolepri.it/, il suo ultimo lavoro, ‘1943 Cronache di un anno’ https://www.sergiolepri.it/1943-cronachediunanno/.

Per parte sua Bruno Somalvico conclude questo numero rievocando un collega programmista a Rai Uno, Sebastiano Di Paola (45) di cui ha appreso la scomparsa solo a sette mesi dal decesso, al quale dobbiamo il restauro delle prime produzioni sperimentali realizzate in alta definizione dalla Rai nell’ambito dell’Unità Operativa per i Nuovi Servizi istituita negli anni Ottanta sotto la Direzione di Massimo Fichera.

L’illustrazione di questo fascicolo

Anche per questo quarto fascicolo terzo fascicolo, la copertina, la quarta di copertina e le pagine interne rimaste bianche sono illustrate attraverso monografie di artisti contemporanei. La selezione delle opere curata da Roberto Cresti cheriproducono esclusivamente opere artistiche pubblicate – alla stregua del resto dei testi degli autori di questo numero – a titolo puramente amichevole con il loro esplicito consenso – questa volta è ricaduta su Giorgio Tonelli, pittore bresciano nato nel 1941 che nel breve ritratto “Giorgio Tonelli o il realismo geometrico” (46)  Cresti definisce “erede di questa autentica ‘tradizione novecentesca’, che ha assimilato conducendo a lungo una esistenza nomade nei luoghi che ne furono teatro, ossia le metropoli di Londra, Parigi, New York, per approdare poi a Venezia e, ormai da lungo tempo, a Bologna dove lavora con la Galleria Forni” [..] La sua pittura – aggiunge Cresti – è un prisma che riflette oggettivamente e precisamente la realtà, tra sfondi urbani, oggetti in interni, qualche ritratto antico dei londinesi anni Settanta-Ottanta, e i più recenti paesaggi di campagne padane e di riviere, ma il suo rigoroso impianto geometrico e prospettico si avvale di toni cromatici temperati, mai fotografici o iperrealisti, così da mantenere un carattere narrativo e a tratti intimista”.

Note al testo

  1. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-g20-cop26-vertice-usa-cina-i-15-giorni-che-illusero-il-mondo/382409/
  2. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-loccidente-e-il-ritorno-ai-nemici/389228/
  3. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-discutere-per-deliberare-da-porto-alegre-2001-alla-conferenza-sul-futuro-delleuropa-2021-e-oltre/382979/
  4. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-trattato-del-quirinale-inaugura-la-nuova-cooperazione-tra-italia-e-francia/390281/
  5. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-sistema-maggioritario-a-doppio-turno-in-collegi-uninominali-la-lezione-francese/390149/
  6. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-futuro-delleuropa-e-il-ruolo-della-francia/388184/
  7. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-accadde-domani-un-2022-fra-ansie-e-tensioni-elezioni-e-conflitti/387816/
  8. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-appunti-di-geopolitica-digitale/386020/
  9. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-draghi-presidente-da-palazzo-chigi-al-quirinale-a-quali-condizioni/388040/
  10. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-secondo-semestre-del-governo-draghi/389008/
  11. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-obtorto-colle-considerazione-sulle-conferme-di-mattarella-al-quirinale-e-draghi-a-palazzo-chigi/390832/
  12. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-finita-e-lemergenza-odo-augelli-fare-festa/388292/
  13. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-la-mediamorfosi-nel-caso-italiano-prodotti-e-produttori-alle-corse-della-rete-parte-i/383785/
  14. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-lo-stato-pessimo-dellinformazione-e-lautunno-della-democrazia-in-italia/385795/
  15. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dalla-ideologia-al-puro-posizionamento/389863/
  16. https://moondo.info/quirinale-meditazione-italiana-commento-ad-urne-aperte/
  17. https://lindro.it/quirinale-the-day-after-crisi-della-politica-istituzioni-in-emergenza/
  18. https://lindro.it/rigenerare-il-patto-sulle-dignita-essenziali/
  19. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-danni-collaterali-o-semplice-riassetto-del-sistema-politico/390476/
  20. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dal-tusmar-al-tusma-la-riforma-del-testo-unico-come-procedere-verso-il-futuro-guardando-allindietro/384345/
  21. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-la-tutela-del-pluralismo-nel-nuovo-testo-unico-dei-servizi-di-media-digitali/384493/
  22. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-media-e-minori-contro-il-disimpegno-morale/385031/
  23. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-imprese-radiofoniche-alla-ricerca-di-un-approccio-di-sistema-a-prova-di-futuro/384802/
  24. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-video-sharing-platforms-il-quadro-di-recepimento-italiano/385194/
  25. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-ripercussioni-sulle-risorse-destinate-al-finanziamento-della-rai/384662/
  26. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-i-turbamenti-dei-produttori-indipendenti/385440/
  27. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dal-miracolo-di-ferragosto-al-miracolo-di-natale-rimpannucciato-il-vestito-alla-vecchia-gasparri/386170/
  28. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-la-variante-panpatia-modelli-sociali-e-poteri-computazionali-nella-caccia-al-virus/382738/
  29. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-panpatia-pandemia-e-sindemia-cinque-domande-a-c-clementel-jones-a-genovesi-g-moscato-e-p-pozzi/388693/
  30. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-levento-tra-comunicazione-e-vita-per-una-mediologia-esistenziale/390681/
  31. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-direzioni-di-genere-rai-passo-avanti-nella-riforma-dellassetto-organizzativo/380071/
  32. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dalle-direzioni-di-rete-alle-dieci-direzioni-dei-generi-si-rinnova-il-modello-organizzativo-interno-rai/391178/
  33. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-dibattito-sulla-grande-trasformazione-digitale-con-cecilia-clementel-jones-massimo-de-angelis-e-angelo-luvison/382618/
  34. https://www.key4biz.it/dibattito-sulla-grande-trasformazione-digitale-le-risposte-di-raffaele-barberio-guido-barlozzetti-e-fausto-colombo/389140/
  35. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-decidere-insieme-per-deliberare-insieme/383145/
  36. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-notizie-dal-xx-secolo-i-futuristi-del-gruppo-boccioni-macerata-1932-1942/391059/
  37. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-ernst-junger-trattato-del-ribelle-1951/391374/
  38. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-le-nobili-origini-dellidea-di-europa/383254/
  39. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-giornalismo-italiano-e-analfabetismo-funzionale/389782/
  40. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-novacene-alla-conquista-prossima-ventura-del-mondo-parallelo-della-cibernetica/388471/
  41. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-mario-rigoni-stern-le-stagioni-del-recupero/383377/
  42. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-bassezze-del-genere-umano-di-una-capitale-provinciale-cupa-quer-pasticciaccio-brutto-de-via-merulana-1957/383632/
  43. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-cinema-di-giamburrasca/388800/
  44. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-il-lungo-novecento-di-un-paladino-dellobiettivita-ricordo-di-sergio-lepri/389558/
  45. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-ricordo-di-un-collega-e-amico-schivo-e-discreto-un-saluto-a-sebastiano-di-paola/391579/
  46. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-giorgio-tonelli-o-il-realismo-geometrico/392033/

https://www.key4biz.it/democrazia-futura-presentazione-del-quarto-numero/392122/