Doppiatori sul piede di guerra. Intanto il Governo si dimentica del 2 per mille per le associazioni culturali

  ICT, Rassegna Stampa
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Questa mattina a Roma, nel Centro Congressi Frentani, si è tenuta la prevista assemblea pubblica dei doppiatori italiani (la prima in presenza dopo tre organizzate via Zoom nei giorni scorsi): è stato impressionante osservare la sala piena, almeno 200 persone, con altre 150 collegate via zoom.

Toni vivaci, atmosfera simpatica per quanto pugnace. Sono state confermate tutte le questioni che abbiamo segnalato nell’intervento di ieri su queste colonne: vedi “Key4biz” del 23 febbraio 2023, “Doppiatori in sciopero, attendono un nuovo contratto da 15 anni. E ora la minaccia dell’Intelligenza Artificiale”.

In estrema sintesi, il settore – formato da oltre 1.500 professionisti (circa 1.700, secondo altre stime), circa 50 imprese di doppiaggio, un fatturato complessivo nell’ordine di 100 milioni di euro – soffre di una storica debolezza nei confronti della controparte datoriale, rappresentata anzitutto dalle maggiori associazioni del settore, l’Anica in primis.

I doppiatori, i direttori, gli attori, gli assistenti, i dialoghisti-adattatori sono figure professionali – caratterizzate da una forte componente artistica – essenziali nell’economia complessiva del sistema audiovisivo, ma la loro preziosità non è mai stata adeguatamente riconosciuta dal sistema normativo italiano.

Dopo anni ed anni di sopportazione, i doppiatori (useremo qui questo termine per semplicità, includendovi le succitate varie figure professionali) hanno deciso di avviare una dura azione di protesta e lotta, promuovendo uno sciopero di una settimana. Sciopero che verrà rinnovato per un’altra settimana, se le tesi delle controparti imprenditoriali verranno ritenute inaccettabili.

Basti osservare che i livelli di remunerazione sono congelati ai livelli di 15 anni fa.

Al tavolo delle trattative, siedono le filiazioni nel settore cultura della triade Cgil, Uil, Cisl (quindi rispettivamente Slc, Uilcom, Fistel), dato che per legge sono i sindacati ad essere la controparte nei contratti collettivi di lavoro. I tre sindacati sono assistiti tecnicamente dalle associazioni professionali, che sono tre: Anad (attori doppiatori), Aidac (dialoghisti adattatori cinetelevisivi), Aipad (assistenti del doppiaggio).

Dall’altra parte del tavolo, anzitutto l’Anica, acronimo che attualmente si scioglie in Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Digitali.

Come abbiamo segnalato ieri su queste colonne, le responsabilità della deriva vengono rimpallate: le società di doppiaggio attribuiscono la riduzione dei compensi ai budget ridotti di emittenti televisive (Rai e Mediaset in primis) ed alle piattaforme (Netflix ed Amazon in primis); le emittenti televisive e le piattaforme accusano le società di doppiaggio di voler mantenere margini troppo elevati…

Alla fine della fiera, chi ne soffre realmente le conseguenze sono i lavoratori.

Riteniamo che il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore dovrebbe vedere al tavolo delle trattative direttamente i rappresentanti delle “major” cinematografiche e dei maggiori distributori “theatrical”, delle maggiori emittenti televisive così come delle piattaforme streaming, perché i veri “decision maker” dell’economia del settore sono loro…

Le oltre tre ore di assemblea hanno visto l’intervento di una ventina di professionisti, tutti favorevoli allo sciopero, fatto salvo un dissidente “provocatore”, Oreste Baldini, che ha teorizzato l’esigenza di rivendicazioni che non siano circoscritte alla dimensione economica, bensì all’aspetto qualitativo (cultural-artistico) del lavoro, alla dimensione “estetica ed etica”, all’esigenza di tempi di lavorazione che siano adeguati a garantire la miglior qualità dell’opera ed anche della prestazione lavorativa.

Sabina Di Marco, Segretaria nazionale Cgil Slc, ha ricordato come tutto il sistema culturale italiano, date le tante atipicità delle figure professionali che lo animano, abbia difficoltà a definire forme contrattuali adeguate alle varie esigenze: se il problema è certamente grave per i doppiatori, ancora di più lo è per gli attori, ma anche per altre figure professionali, tra le quali le troupe e gli stunt-men… Ha quindi auspicato che la battaglia attuale dei doppiatori possa essere contestualizzata nell’economia complessiva di una vertenza che possa comprendere tutti i lavoratori del settore dell’audiovisivo italiano. Umberto Caretti, Coordinatore nazionale Slc Cgil, ha riconosciuto che esiste un “problema di rappresentanza” dei lavoratori del sistema culturale (e quindi anche un problema identitario delle attuali forme sindacali), ma ha sostenuto che il sindacato sta cercando di superare queste criticità, forte anche dell’attivismo di molti giovani.

Chi redige queste note è stato invitato ad intervenire ed ha quindi proposto sinteticamente una propria visione scenaristica, alla luce dell’esperienza maturata in decenni di analisi delle politiche culturali e delle economie mediali (anche nella veste di presidente di un centro di ricerca indipendente, qual è IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale): è necessario che i sindacati e le associazioni professionali riflettano più approfonditamente sulle conseguenze delle modificazioni radicali dei paradigmi storici determinate dalla rivoluzione digitale.

Il capitalismo digitale, nella sua forma più evoluta, sta determinando una continua pauperizzazione (reddituale e spirituale) dei lavoratori culturali: è necessario un intervento dello Stato per ridurre questa deriva.

L’intelligenza artificiale è, per lo specifico di questo settore, una ulteriore grave quanto imminente minaccia…

Alessandro Quarto (in un intervento applauditissimo) ha ricordato come debbono essere gli stessi lavoratori a lottare per condizioni di lavoro che siano adeguate ad un livello di dignità minima, combattendo ogni strisciante forma di sfruttamento: ha segnalato che ci sono assistenti al doppiaggio che purtroppo accettano di lavorare per 30 euro a turno, direttori di doppiaggio a 50 euro al turno, e finanche attori che lavorano per 600 euro al mese (!)… Chi cura questa rubrica ha ricordato che anche in tutti gli altri settori della produzione culturale si soffre di questa dinamica, segnalando come testate giornalistiche quotidiane nazionali e primarie agenzie stampa arrivano a pagare 20 se non 10 euro per un articolo redatto da un “free-lance”… Chi accetta simili condizioni di lavoro danneggia la dignità professionale dell’intero settore,

Nella sessione pomeridiana dell’assemblea, ha portato il suo saluto ed il sostegno della sua associazione Francesco Ranieri Martinotti, Presidente dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici – Anac, ricordando come la battaglia dei doppiatori sia ovvero possa e debba essere la “stessa” battaglia di tutte le altre figure professionali artistiche e tecniche del settore.

Key4biz” continua a monitorare l’evoluzione della situazione. Per ora, va segnalata la totale assenza di reazioni da parte delle istituzioni: nessun segnale dal Ministero della Cultura né da parte delle Commissioni Cultura di Camera e Senato. Ed anche la politica, finora, tace: nessun Responsabile Cultura di partito si è espresso.

Silenzio curioso anche da parte del Ministro della Cultura sull’annunciato riavvio del “2 per mille” per le associazioni culturali: non è stato rintrodotto nella dichiarazione dei redditi

IsICult e Key4biz hanno condotto nel corso del tempo una piccola ma significativa battaglia affinché la misura del “2 per mille” alla cultura ovvero lo strumento di sussidiarietà orizzontale destinato alle “associazioni culturali” costituite da almeno 5 anni venisse stabilizzato.

Si ricorda che “il 2 per mille” fu introdotto la prima volta nel 2016 e poi riproposto in modo sperimentale nel 2021. Assente nel 2022, l’ex Ministro Dario Franceschini si era impegnato a reintrodurlo. Il che non è avvenuto. Il Ministro Gennaro Sangiuliano, nel dicembre 2022, ha annunciato l’intenzione di reintrodurlo. Il che non è avvenuto. Ovvero non è ancora avvenuto.

Si rimanda al dossier pubblicato su queste colonne: da ultimo, si rimanda a “Key4biz” del 5 dicembre 2022: “Legge di Bilancio, dimenticato di nuovo il ‘2 per mille’ Irpef per le 58mila associazioni culturali italiane?”.

La questione è stata ben descritta da Massimo Coen Cagli una decina di giorni fa sulle colonne dell’agenzia specializzata AgCult e sul sito web della rivista “Vita” (la più rappresentativa del Terzo Settore italiano), in un articolo intitolato ironicamente “Dal 2 allo 0 per mille per la cultura: dimenticanza o sottovalutazione?”.

Si potrà correggere questo errore, ovvero fare in modo che la “promessa” annunciata durante la campagna elettorale si concretizzi?!

Ci limitiamo a qui ricordare, in punta di piedi, che entrambi gli schieramenti, centro-destra e centro-sinistra, si erano dichiarati favorevoli a re-introdurre la norma.

Excursus storico: le promesse (svanite) di Dario Franceschini e di chi è venuto dopo di lui

Riproduciamo un breve excursus storico di approfondimento… A fine ottobre del 2020 (oltre due anni fa!), si ebbe notizia che l’allora Ministro della Cultura Dario Franceschini aveva deciso di re-introdurre la misura che era stata sperimentata per l’anno 2016 rendendola ri-praticabile per le imposte dell’anno 2020 (grazie all’articolo 97-bis del Decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla Legge 13 ottobre 2020, n. 126): con riferimento al “periodo d’imposta” 2020 (ovvero le “dichiarazioni 2021”) sarebbe stato possibile destinare il “due per mille” della propria Irpef a favore delle associazioni culturali iscritte in un apposito “elenco”, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: i contribuenti avrebbero quindi avuto chance di effettuare la scelta di destinazione in sede di dichiarazione annuale dei redditi…

La disposizione non è stata però rinnovata per l’anno 2022, come abbiamo denunciato – tra i pochi (pochissimi) – sia sul quotidiano “Key4biz” sia sul settimanale “The Post Internazionale” (vedi l’articolo di Angelo Zaccone Teodosi del 28 giugno 2022, “La politica s’è mangiata pure la cultura”): per l’anno successivo è stata eliminata all’interno del “modello 730/1” la possibilità di destinare il 2 per mille delle proprie tasse alle “associazioni culturali”, mentre è stata simpaticamente aggiornata la tabella dei “partiti politici” ammessi al beneficio…

Qualche mese fa, nell’economia della rubrica “ilprincipenudo” curata da IsICult – Istituto italiano per l’Industria Culturale per il quotidiano online “Key4biz”, affrontavamo la questione e chiedevamo all’allora Ministro Dario Franceschini un intervento urgente, che sarebbe stato possibile tecnicamente, se la dichiarazione di intenti fosse stata seguita da atti conseguenti: vedi “Key4biz” del 10 agosto 2022, “Qualcuno si ricorderà delle oltre 54.000 associazioni culturali italiane nei programmi elettorali?”, e, prima ancora, “Key4biz” del 17 giugno 2022, “Cultura, saltato il 2 x mille: a bocca asciutta oltre 3mila associazioni”.

La richiesta indirizzata al Ministro Dario Franceschini era peraltro perfettamente coerente con quel che lui stesso aveva in verità annunciato l’11 maggio 2022, intervenendo al “question time” alla Camera per rispondere a un’interrogazione di Rosa Maria Di Giorgi (Pd) sulle iniziative volte a rendere strutturale la misura della destinazione del 2 per mille dell’Irpef a favore delle associazioni culturali. Il Ministro “pro tempore” sostenne allora che il 2 per mille dell’Irpef a favore delle associazioni culturali “è una misura molto apprezzabile che ha aiutato centinaia di associazioni. Condivido che è una misura importante che aiuta le associazioni a vivere e la proporrò in sede di predisposizione del Bilancio. Se non funzionasse nel primo passaggio, ma io lavorerò perché funzioni, sosterrò qualsiasi iniziativa nel corso del passaggio parlamentare per introdurlo in via strutturale”… E, ancora: “il 2×1000 dell’Irpef a favore delle associazioni culturali è una misura di assoluta giustizia sociale che, negli anni, ha aiutato migliaia di associazioni (3.021 nel 2021) che faticano a vivere. Perché hanno sempre meno risorse dai Comuni, per via delle difficoltà di bilancio degli enti locali. Condivido che sia importante e di assoluta utilità ed è giusto che diventi strutturale. È una decisione però che va presa a livello collegiale e per questo la proporrò in sede di predisposizione della Legge di Bilancio”.

Parole al vento, ahinoi, e forse non soltanto perché la Legge di Bilancio è passata in altre mani.

In effetti, nella nuova legge finanziaria per il 2023 non ci risulta ci sia stato un particolare impegno del Ministro e/o del Parlamento.

L’appello di IsICult del dicembre 2022: rendere strutturale il “2 per mille” per le associazioni culturali

Il 5 dicembre 2022, IsICult ha rivolto un appello al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano affinché nella Legge di Bilancio in gestazione venisse ripristinato il meccanismo del “2 per mille” dell’imposta sui redditi a favore delle associazioni culturali, rendendolo finalmente strutturale. Nel dossier pubblicato quel giorno dal quotidiano online “Key4biz”, l’IsICult ha segnalato “come la misura, introdotta sperimentalmente per l’anno 2016 e poi re-introdotta nel 2021, è stata sospesa per l’anno 2022, e nella versione della Legge di Bilancio ‘bollinata’ dal Ministero dell’Economia e Finanza non ve ne è traccia, rispetto alla possibile attivazione nel 2023”. Abbiamo ricordato come abbiano beneficiato della misura, per l’anno 2021, oltre 3mila associazioni culturali – per la precisione 3.021 – sul totale di 58mila associazioni culturali censite dall’Istat. Nel 2016, le associazioni beneficiarie erano state 1.130. Il “quantum” raccolto è stato però sostanzialmente lo stesso, circa 12 milioni di euro, anche perché la misura non ha beneficiato di adeguata promozione nemmeno nel corso del 2021, e l’interesse da parte dei contribuenti è rimasto assai basso, anche se crescono leggermente le “firme” (870.949 nel 2016 e 1.095.502 nel 2021): solo un 3 % degli italiani (per la precisione, il 2,66 %) degli italiani destina il ‘2 per mille’ alla cultura; una quota veramente modesta, se si osserva che la percentuale è del 40 % se ci si riferisce al ‘5 per mille’ e del 43 % per quanto riguarda l’‘8 per mille”.

Va anche segnalato che il 24 dicembre 2022 è stato espresso parere favorevole all’ordine del giorno alla Manovra presentato da Silvio Lai (Partito Democratico), che ha impegnato il Governo “ad adottare iniziative, anche legislative, finalizzate a prorogare e rendere strutturale la misura di cui all’articolo 1, comma 985, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, che dispone la possibilità di destinare il 2 per mille alle associazioni culturali”. L’ordine del giorno sembra essere caduto nel nulla.

Ricordiamo che il Responsabile Cultura del partito del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Federico Mollicone, nel presentare il 19 settembre 2022 il programma “Cultura” di Fratelli d’Italia, elencava, tra gli obiettivi, la reintroduzione del 2 per mille per gli enti del Terzo settore che si occupano di cultura. Federico Mollicone è da qualche mese Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.

Il fac-simile della prossima denuncia dei redditi pubblicato dall’Agenzia delle Entrate (AdE) non reca la casella per consentire l’assegnazione del “due per mille” alle associazioni culturali.

Banale dimenticanza?! Inconscia rimozione?! Svanita promessa?!

Si attende che il Ministero e/o il Parlamento battano un colpo.

Questo silenzio è veramente inquietante.

https://www.key4biz.it/doppiatori-sul-piede-di-guerra-intanto-il-governo-dimentica-del-2-per-mille-per-le-associazioni-culturali/436507/