Kaspersky ha pubblicato una nuova ricerca che ha analizzato l’atteggiamento dei consumatori nei confronti della sicurezza informatica, coinvolgendo 5.369 bambini e 5.665 adulti in 7 Paesi europei (Italia compresa), che sono stati interrogati sulle conoscenze in materia di sicurezza online.
Dal sondaggio emerge che il 23% degli intervistati è stato vittima di phishing; anche se il 66% degli utenti conosce questa minaccia, solo il 35% ha preso provvedimenti per minimizzare i rischi. Questo risultato evidenzia che molti utenti non prendono abbastanza sul serio la minaccia del cybercrimine, nonostante la consapevolezza dei rischi.
Per proteggersi, il 64,8% dei soggetti che cercano di difendersi blocca il numero o l’email dannosa, il 48,4% si informa online sulla fonte del tentativo di truffa e il 34,3% segnala l’attacco al marchio usato come esca.
Azioni e conseguenze
David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky, ha commentato: “È chiaro che, nonostante conoscano i rischi del crimine informatico, molti adulti continuano a rischiare a causa di un approccio non corretto alla sicurezza online. La condivisone di informazioni personali online e non verificare le condizioni di privacy sono solo due esempi di come gli utenti si rendano vulnerabili agli attacchi informatici”.

David Emm, Principal Security Researcher di Kaspersky
“Fin da piccoli ci viene insegnato che le nostre azioni hanno delle conseguenze, e questo vale anche per la sicurezza informatica. Se si spera semplicemente che le conseguenze svaniscano o che non si verifichino, è solo questione di tempo prima di subire una violazione. A mio avviso, è indispensabile un maggior impegno per spiegare le reali conseguenze di essere vittime di una frode”, ha proseguito Emm.
Dalla ricerca emerge anche che, nonostante la consapevolezza dei rischi, la maggioranza degli italiani è disposta a condividere informazioni personali online, come il nome e la posizione: Il 60% degli intervistati lo ammette.
Inoltre, oltre la metà non controlla le proprie impostazioni sulla privacy (55,5%) e risponde a quiz sui social media. Infine, circa il 50% utilizza ancora come password informazioni personali facilmente deducibili, come la squadra di calcio preferita o il nome del primo animale domestico.
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