Le parole si consumano, lo fanno velocemente quando vengono abusate.
La parola fascista che, a furia di essere usata per indicare tutti quelli che non la pensano come noi, finirà per non essere più utile se, spero mai, il pericolo dei fascisti sarà nuovamente reale.
La parola libertà, specialmente se non è associata al suo complemento indispensabile, ossia l’assunzione di responsabilità. Senza questa ogni libertà diventa arbitrio dannoso proprio per la difesa di quella libertà di cui è facile riempirsi la bocca ma da cui è difficile trarne le logiche conseguenze comportamentali.
La libertà di stampa è minacciata dalle esternazioni di Di Battista e Di Maio? A me sembra che queste siano una reazione nervosa e impotente ad un ossessivo attacco che i media di destra e sinistra riservano costantemente, e quasi solo, all’operato del M5S! Impotente perché, a differenza della destra e della sinistra, mezzi di informazione riconducibili al controllo del M5S non ne esistono.
Errori ci sono, ma non mi pare che l’attuale governo abbia ereditato una situazione rosea.
A leggere i giornali, e a sentire i talk show, pare che il debito alle stelle e la difficoltà di mettere in moto gli investimenti pubblici sia dovuto a loro e non ai governi precedenti. Pare che cinque milioni di poveri siano una invenzione, non una realtà.
Il passaggio da un liberismo sfrenato e irresponsabile ai timidi accenni verso una politica keynesiana, qui, e in Europa, proprio non va giù. Hai visto mai che funzioni?
La mastodontica reazione della stampa a queste esternazioni, in particolare del gruppo La Repubblica – L’ Espresso e di La7, è talmente fuori misura che mi chiedo cosa potranno mai fare di più quando qualcuno più attrezzato del M5S metterà effettivamente il bavaglio alla stampa. Oppure quando qualcuno la comprerà, come fatto dagli oligarchi a sostegno della Troika in Grecia, garantendo stipendi e laute prebende in cambio di acquiescenza. Che sia già avvenuto?
La stampa italiana è in piena crisi per due motivi: la tecnologia,che comprime i margini dell’editoria, e la perdita di autorevolezza.
Le due cose sono connesse perché la tecnologia consente a tutti quelli che hanno un po’ di competenza di accedere a fonti di informazione primarie.
Istat, Eurostat, Governo, BCE o Banca D’Italia … mettono a disposizione valanghe di dati che danno la possibilità di verificare le affermazioni della stampa. Lo faccio spesso e quasi mai, anzi mai, trovo conferma di quanto viene con apodittica sicumera affermato da giornalisti e anchor man di grido. Credo di avere, come dimostra il mio curriculum, competenze per trarre conseguenze dai dati, e, per fortuna, non sono il solo. Che competenze operative e teoriche hanno i tanti giornalisti che ci “educano” tutti i giorni e con saccente arroganza pontificano su tutto?
Il mestiere di giornalista è fatto di due parti: l’informazione e l’opinione.
La tecnologia mette a disposizione di tutti la possibilità di esprimere la propria opinione sui social o i blog. Le opinioni, per meritare la lettura, devono essere autorevoli perché ancorate a fatti incontrovertibili. Perché mai dovrei comperare La Repubblica,ormai formata quasi esclusivamente da opinioni? Perché dovrei farlo quando la gran parte delle opinioni sono completamente svincolate da fatti concludenti?
Il web è pieno di opinioni e anche il bar sotto casa. Le informazioni invece sono preziose, ma cercarle e divulgarle costa impegno e fatica. Meglio chiacchierare!
L’accusa che rivolge la stampa al web è infantile, come se l’evoluzione del web possa fermarsi. I leader parlano direttamente sui social per evitare domande scomode? Chiunque pubblichiqualcosa sui social sa benissimo che si sottopone a domande scomode, insulti e critiche feroci. I giornalisti hanno una competenza specifica per fare domande scomode: da quando non ne fanno più? Intendo, a parte ai 5S e qualcuna, una su dieci, alla Lega?
Una su dieci perché la speranzella che si rompa l’alleanza di governo e che si possa costruire un governo della destra liberale composto dalla parte renziana del PD, Lega, Forza Italia, e, con o senza, Fratelli d’Italia, sotto sotto la coltiva tutta la categoria dei giornalisti sedicenti di sinistra.
Avete mai sentito qualcuno chiedere a Monti che senso abbia una Banca Centrale Europea se questa non è anche l’unico ente garante e titolato ad emettere titoli di debito pubblico? Oppure perché sette, non uno, premi Nobel in economia sono da sempre contrari ai vincoli di bilancio e al Fiscal Compact? Cari giornalisti se rivendicate la capacità di fare domande fatele! Invece da anni assistiamo alla stessa stanca passerella di Monti, Cottarelli, Fornero a cui fate sempre le stesse domande di comodo.
Massimo Giannini dire al Primo Ministro che è un “avvocato pugliese” secondo lei è una domanda giornalistica o un insulto,peraltro offensivo verso tutti i pugliesi? Se voglio sentire insulti c’è il web e il bar!
Lei è ancora giornalista o è il capo di un partito politico avverso al M5S? Veda ad Andreatta era concesso, essendo un politico oltre che un economista, di avviare con Formica la “lite delle comari”dandogli l’appellativo “commercialista di Bari” e fare così cadere il governo Spadolini. A lei no!
Non per un fatto di libertà negata ma perché la libertà necessita assunzioni di responsabilità. Ai politici è concesso di insultarsi, assumendosene la responsabilità e pagandone le conseguenze. Ai giornalisti non è concesso insultare i politici. Vuole anche sapere perché? Perché la categoria perde di autorevolezza perché perde di terzietà rispetto ai fatti. Fatti! Capisce? Comprende cosa intendo?
Per carità di patria non cito tutte le fake news e i titoli svincolati dagli articoli, equamente distribuiti tra web e stampa. Già anche la stampa è produttrice indefessa di fake, non basterebbe la Treccani.La coerenza poi che invocano per i politici? Parliamo della campagna a favore della riforma Fornero di gruppi editoriali che poi chiedono gli esodi anticipati?
Forse è stato sbagliato dare delle puttane ai giornalisti ma non fate, per favore, neanche “le vergini dai candidi manti” che, come scriveva D’Annunzio nell’ Ifigonia in Culide, son “rotte di dietro ma sane d’avanti”.
Insomma reagire sì, ci sta! Ma fare la parte delle verginelle offese non potete permetervelo.
Io credo che un paese democratico abbia bisogno di una informazione libera, seria e indipendente e che l’unico modo per averla risieda nella autorevolezza dei giornalisti e degli editori.
Credo anche che questo club di giornalisti autoreferenziali cresciuti negli studi tv, (dove trovano il tempo di studiare e approfondire temi e realtà complesse? Che staff hanno e quanto li pagano?), non facciano bene alla categoria.
Come scriveva Longanesi: Dice M: “la libertà di stampa è necessaria soltanto ai giornalisti che non sanno scrivere.”
Io aggiungo: e ai giornalisti privi di autorevolezza.
Pietro De Sarlo
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