Ho qualche dubbio sulle norme sui marchi storici

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Il recente decreto Crescita include una norma molto attesa dedicata alla tutela dei marchi storici italiani. Si tratta di una norma molto attesa, nata sull’emozione del caso Pernigotti, storico e centenario marchio dolciario piemontese che è stato ceduto ad una multinazionale turca che quindi lo ha svuotato trasferendone le produzione all’estero.

I nostri grandi marchi sono spesso minacciati di acquisto e delocalizzazione. La lista dei nomi che potremmo compilare di operazioni di acquisizione e spostamento all’estero è enorme, ed a memoria mi vengono in mente nomi come Locatelli, Galbani, Parmalat, Cirio, Bertolli, Carapelli, Osella, Gucci, Krizia, Bottega Veneta, Pomellato, Loro Piana, Bulgari, tutti marchi dell’imprenditoria italiana che per motivi vari sono passati in mani straniere. Si tratta di parte della storia, quindi del patrimonio del nostro paese , con fortissimi contenuti di immagine e di know how, quindi la  norma era necessaria ed è una colpa dei governi precedenti che hanno permesso questa spogliazione senza fare nulla. Nello stesso tempo ho, personalmente, dei dubbi circa la sua efficacia.

Leggiamo la norma contenuta nell’articolo 11 del decreto Crescita:

Al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 sono apportate le seguenti modifiche:

a) dopo l’articolo 11-bis è inserito il seguente:

«11-ter. (Marchio storico di interesse nazionale)

1. I titolari o licenziatari esclusivi di marchi d’impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un’impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale, possono ottenere l’iscrizione del marchio nel registro dei marchi storici di interesse nazionale di cui all’articolo 185-bis.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico è istituito il logo “Marchio storico di interesse nazionale” che le imprese iscritte nel registro di cui all’art. 185-bis, possono utilizzare per le finalità commerciali e promozionali. Con il decreto di cui al primo periodo sono altresì specificati i criteri per l’utilizzo del logo “Marchio storico di interesse nazionale”.»;

b) Dopo l’articolo 185 sono inseriti i seguenti articoli:

«185-bis (Registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale)

1. È istituito, presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi, il registro speciale dei marchi storici come definiti dall’articolo 11-ter.

2. L’iscrizione al registro speciale dei marchi storici è effettuata su istanza del titolare o del licenziatario esclusivo del marchio.

185-ter (Valorizzazione dei marchi storici nelle crisi di impresa).

1. Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale. Il predetto Fondo opera mediante interventi nel capitale di rischio delle imprese di cui al comma 2. Tali interventi sono effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione recante gli “Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04). Con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità e i criteri di gestione e di funzionamento del Fondo di cui al primo periodo.

2. L’impresa titolare o licenziataria di un marchio iscritto nel registro speciale di cui all’articolo 185-bis che intenda chiudere il sito produttivo di origine o comunque quello principale, per cessazione dell’attività svolta o per delocalizzazione della stessa al di fuori del territorio nazionale, con conseguente licenziamento collettivo, notifica senza ritardo al Ministero dello sviluppo economico le informazioni relative al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento e, in particolare:

a) i motivi economici, finanziari o tecnici del progetto di chiusura o delocalizzazione;

b) le azioni tese a ridurre gli impatti occupazionali attraverso, incentivi all’uscita, prepensionamenti, ricollocazione di dipendenti all’interno del gruppo;

c) le azioni che intende intraprendere per trovare un acquirente;

d) le opportunità per i dipendenti di presentare un’offerta pubblica di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

3. A seguito dell’informativa di cui al comma 2, il Ministero dello sviluppo economico avvia il procedimento per l’individuazione degli interventi mediante le risorse del Fondo di cui al comma 1.”.

4. La violazione degli obblighi informativi di cui al comma 2 comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del titolare dell’impresa titolare o licenziataria esclusiva del marchio da € 5.000 ad € 50.000.

I dubbi che mi sovvengono sono semplici ed operativi, e cercherò di elencarveli.

  • Prima di tutto il fatto che sia necessaria l’esistenza del marchio per 50 anni continuativi, senza la previsione di marchi dalla vita utile inferiore, ma che abbiano delle peculiarità dal punto di vista del Know How. Mi viene in mente Omnitel, che aveva sviluppato un notevole know how nelle telecomunicazioni poi disperso con l’acquisto da parte di Vodafone. Oppure Indesit.  Forse una esimente legata al know how strategico poteva essere utile, perchè il food e la moda non esauriscono l’industria italiana.
  • Non mi sono chiari i vantaggi che l’azienda, che deve presentare l’istanza, avrebbe dal registrare il marchio come “Marchio Storico”. Ok potrebbe mettere un bollino su un nome d’impresa comunque già noto e considerato storico. Facendo un nome, Beretta esiste ed è della stessa famiglia da 500 anni, è già “Storico” senza bisogno di bollini statali. Al contrario, in caso di crisi aziendale, dall’iscrizione ne deriverebbero dei vincoli. Manca quindi un’incentivazione forte e specifica all’iscrizione, che ad esempio si sarebbe potuta avere prevedendo una tutela da parte del pubblico del marchio stesso nel caso di uso improprio all’estero, dove una media impresa italiana avrebbe difficoltà a tutelarsi. Allo stesso modo magari prevedere un fondo ordinario di co-garanzia, o qualche altra forma di agevolazione, anche in collaborazione con le associazioni imprenditoriali, anche a costo di crearne una ad hoc. Insomma si poteva trovare una forma di incentivazione più forte, anche dal punto di vista del Marketing, altrimenti si rischia che le aziende, anche potendo, non vi entrino.
  • Quindi la procedura in caso di crisi. Vediamo che, in questo caso, il marchio storico debba fare delle comunicazioni sulla cessione e delocalizzazione, il piano di salvataggio, etc. La mancata comunicazione comporta una sanzione da 5 a 50 mila euro. Se pensiamo a cessioni con valore intrinseco di centinaia di migliaia o milioni di euro, la cifra della sanzione appare troppo bassa, quasi irrisoria. Era necessario prevedere la nullità, o annullabilità, dell’atto di cessione in caso di mancata comunicazione. Inoltre sarebbe stato interessante, come accade per i beni di valore artistico o gli immobili vincolati, prevedere la possibilità di un acquisto in prelazione, in modo da disincentivare cessioni a livello di liquidazione o, magari, con corrispettivi non completamente trasparenti. Ad esempio nel caso di una cessione a prezzo apparentemente di liquidazione, fatte alcune valutazioni sarebbe interessante l’esercizio della prelazione con partecipazione delle maestranze interne.
  • Non prevede il caso in cui successivamente l”acquirente porti all’estero le produzioni anche in modo parziale. Questo è proprio il caso Pernigotti in cui, anni dopo l’acquisto , alcune produzioni sono state trasferite all’estero. In questo caso la legge non sembra efficace, mentre l’esercizio della prelazione dovrebbe essere mantenuto, ad esempio, per un periodo di almeno 36 mesi, prevedendo anche la possibilità di revoca, con comunicazioni e sanzioni relative, dello status di Marchio Storico.

La norma è sicuramente utile, ma appare poco incentivante ed ancora incompleta. Sarebbe auspicabile che il Governo, in fasi successive, la integrasse e completasse magari sulla base della sua applicazione. C’è sempre spazio per il miglioramento.


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